A Rimini manca una strategia ad “alta tecnologia”

E’ di poche settimane la notizia che la società di computer Apple ha raggiunto una capitalizzazione di Borsa superiore a quella della società petrolifera Exxon. Ciò conferma che conoscenza, alti saperi e tecnologia sono le nuove materie prime del futuro.

La Cina, contrariamente a quello che si pensa, produce sempre meno oggetti di poco valore e sempre più prodotti tecnologici. E non casualmente, visto che il Governo si è dato l’obiettivo di far diventare il Paese un leader tecnologico mondiale entro il 2050.

La Germania, che pur avendo subito la stessa crisi dell’Italia, oggi viaggia in vetta alla crescita europea,  non è da meno. La sua “Strategia per l’Alta Tecnologia” prevede una  maggiore collaborazione tra scienza e industria ed investimenti in cinque direzioni chiave: clima/energia (la Germania è il principale produttore di pannelli solari d’Europa), sanità/alimentazione, mobilità, sicurezza e comunicazione.  Qui, governo nazionale e amministrazioni locali, concentreranno le loro risorse.

A questo punto sono intuibili  i commenti: si ma l’Italia non ha nessuna strategia, sono più di dieci anni che perde competitività, siamo diventati più poveri, ecc. Tutto vero, ma i governi regionali e locali, che sono responsabili del benessere dei propri cittadini,  non possono restare a guardare.

La Regione Emilia Romagna, che non ha subito meno scossoni del resto d’Italia e nel  periodo 2000-2007 è finita tra le regioni d’Europa con la minore cresciuta,  ci sta provando con la rete dei Poli tecnologici, anche se la distanza da recuperare nei confronti dei maggiori competitori europei è piuttosto significativa (esempio: la spesa per ricerca&sviluppo è all’1,17 per cento del Pil in Regione, contro i 5,8 di Stuttugart e il 3,8 per cento di Tubingen),  ma è sul piano locale che non si intravede una strategia e un piano di azioni che dia l’idea della direzione di marcia.

Intanto il tempo passa, dallo scoppio della crisi sono già trascorsi tre anni, e tutto appare terribilmente fermo (o quasi). La costruzione del futuro,  che richiede l’identificazione di pochi ma chiari obiettivi e una concentrazione di sforzi e risorse importanti, non è ancora entrata nell’agenda  operativa della dirigenza pubblica e privata locale. E nemmeno la trascorsa (di giugno) campagna elettorale per le amministrative è servita a mettere il tema del lavoro e dello sviluppo locale in primo piano.   Ricordiamo, ancora una volta, che non c’è molto tempo da perdere. Il tasso di disoccupazione dei nostri giovani è triplicato ed uno su quattro è attualmente senza lavoro.

Le previsioni dell’ultimo Rapporto economico provinciale della Camera di Commercio danno, per questa provincia, una crescita, per i prossimi tre anni, inferiore all’uno per cento, accompagnata da un ulteriore calo dell’occupazione, dopo aver scontato il peggior tasso regionale di disoccupazione, soprattutto giovanile.  Molti, anche qui, rischiano di rimanere prigionieri della “trappola della precarietà”, fatta di lavori temporanei senza continuità di carriera, minore retribuzione, impossibilità di progettare il futuro.