Riviera di Rimini: un turismo da rigenerare

Dal 2011 le notti passate in una struttura ricettiva (presenze) sono in continua discesa e a fine 2014, quando erano circa quindici milioni, sono le stesse di dieci anni prima. E’ pur vero che gli arrivi, che hanno superato la cifra di tre milioni, sono in costante crescita, ma se non sono accompagnati da pernottamenti, fanno volume ma lasciano poco sul territorio.
Ne sa qualcosa l’entroterra (Valconca e Valmarecchia) che avrebbe delle risorse importanti da offrire a vecchi e nuovi visitatori, ma per l’incapacità di confezionare ed offrire prodotti all’altezza, distinti dalla Costa, non riesce ad essere altro che luogo di escursionismo, perdendo negli ultimi due anni un quarto delle presenze, nonostante i proclami e le risorse spese dai vari enti pubblici preposti.

Ora se il turismo nel mondo cresce al ritmo del 4% l’anno, come documenta l’Organizzazione Mondiale del Turismo, e quello di Rimini perde in quattro anni più di un milione di presenze – che diventano due milioni se si prende come riferimento gli anni Ottanta del secolo scorso, è evidente che qualche criticità c’è. In questo panorama, che viene da lontano, anche le vicende dell’aeroporto Fellini acquistano un peso molto relativo.

Come migliorare? Forse qualche spunto ce lo può offrire l’ultima edizione di The Travel&Tourism Competitiveness Report 2015 (Rapporto 2015 sulla competitività del turismo) del World Economic Forum appena pubblicato, dove l’Italia figura all’ottavo posto nella graduatoria mondiale che comprende 141 Paesi, con la Spagna al primo posto, seguita da Francia e Germania.
Scrive il report sull’Italia: “Conosciuta per le sue città pittoresche, i monumenti, i paesaggi e i numerosi siti archeologici (prima al mondo per patrimonio culturale dell’umanità), la forza del paese risiede nel forte legame tra cultura e storia, che gli consente di ottenere ottimi piazzamenti nella domanda digitale di cultura, intrattenimento e turismo naturalistico, con eccellenti servizi turistici ed affidabili servizi igienico-sanitari. Nonostante questi punti di forza, e il fatto che l’Italia sia il quinto paese più visitato al mondo, ci sono però margini per ulteriori sviluppi. A cominciare dalla creazione di un ambiente più favorevole agli investimenti, perché inefficienze, alta tassazione e troppe regole disincentivano l’afflusso di capitale dall’estero. Però l’Italia è anche tra i paesi meno competitivi sul fronte dei prezzi (è il più caro del Mediterraneo), deve migliorare le sue infrastrutture, l’ambiente e il brand (marchio)”.
Questi consigli sono straordinariamente simili a quelli di uno studio della Banca d’Italia di qualche anno fa su “La competitività dell’offerta turistica italiana nel comparto balneare: l’interazione con le risorse culturali” che arriva a queste conclusioni: “I risultati dello studio empirico condotto mostrano come la domanda di servizi turistici presso le località costiere nazionali sia positivamente influenzata….. dalla ricchezza del patrimonio storico-artistico locale e dalla qualità dell’ambiente”.

Se due rapporti così distanti, nello spazio e nel tempo, convergono, forse conviene approfondire, piuttosto che continuare con le solite programmazioni ed iniziative che non portano risultati tangibili.