Il Benessere Equo e Sostenibile (BES) di Rimini e della Romagna

Nel numero di dicembre 2020 di TRE ci siamo occupati della qualità della vita in provincia di Rimini,  ragionando soprattutto sui dati economici e mostrando i numerosi ritardi che affliggono, non da oggi, questo territorio e che si traducono in: minore creazione di ricchezza, redditi disponibili, salari e pensioni al di sotto della media regionale, ma spesso anche nazionale, occupazione più bassa e disoccupazione, generale ed in particolare femminile e giovanile, più alta.

Ma il benessere, tanto più se equo e sostenibile, ha tante altre dimensioni e non riguarda solo l’economia. Sul  BES provinciale sono usciti rapporti che tutti possono scaricare e consultare (www.besdelleprovince.it) .

In questo articolo ci concentriamo sulla provincia di Rimini e la Romagna, con alcuni collegamenti regionali, perché confrontarsi è il modo migliore per comprendere la propria posizione relativa.

Popolazione e salute

La provincia di Rimini non gode di una particolare estensione territoriale e questo si riflette sulla densità della popolazione che con 392 abitanti per kmq, quasi il doppio della media regionale, è quella più alta.

Ogni 100 residenti di questa provincia 5 vivono in comuni con meno di 5 mila abitanti (sono 11 su 25), concentrati soprattutto nell’entroterra, quando a Forlì-Cesena sono 9 ed in Regione 8.

Negli ultimi due anni Rimini, insieme a Modena, con 5 nuovi venuti ogni mille residenti, gode anche del maggior incremento demografico, triplicando il risultato regionale. Ma a far crescere i residenti sono più gli immigrati, nazionali ed esteri, che quelli già sul posto, perché a vedere il saldo naturale  della popolazione (differenza tra decessi e nuovi nati) si scopre che questo è negativo dappertutto, compreso Rimini. 

Nonostante l’afflusso di nuove persone, generalmente giovani, questa provincia non sfugge all’invecchiamento della popolazione: in linea col resto della Romagna e della regione , solo 13 residenti su cento ha meno di 14 anni (erano il 24 per cento nel 1951).

In parallelo crescono gli ultrasessantacinquenni, attestati al 23 per cento a Rimini, 24 a Forlì-Cesena e 25 a Ravenna. Cosa questo voglia dire è abbastanza chiaro: quando le attuali forze lavoro, composte da chi ha tra 15 e 64 anni, si ritireranno non ci saranno ingressi sufficienti per poterli sostituire. L’esito sarà scontato: cresceranno i pensionati ma non chi versa i contributi per pagare le future pensioni. 

A meno che il lavoro, cui si applicano i contributi, diventi così produttivo, cioè ad alto valore aggiunto, da portare ad un automatico aumento, a quote invariate, delle entrate per l’Ente previdenziale di riferimento.

Esito quanto mai necessario anche per supportare l’aumento della speranza di vita che ha già superato, a Rimini e dintorni, gli 84 anni.

Benessere ed economia

Ma qui la partenza, o la ripartenza post covid, se non di intraprendono percorsi virtuosi, è tutta in salita. Perché, come già abbiamo più volte scritto, l’economia di Rimini ha ritardi significativi da recuperare. Qualche numero per rinfrescare la memoria: a Rimini il valore aggiunto pro capite 2019  è di 27 mila euro, a Forlì-Cesena e Ravenna 29 mila, a Bologna 37 mila e Modena 36 mila, con una media regionale di 32 mila euro. Il significato di queste cifre è tanto semplice quanto imbarazzate: perché vuol dire che un residente di questa provincia può godere di poco più di due terzi della ricchezza di un bolognese e modenese.

Infatti, il reddito medio disponibile (cioè quanto va a ciascuna persona) che a Bologna è di 26 mila euro e Modena di 24 mila, con una media regionale di 22 mila, a Rimini precipita ad uno scarso 17 mila euro, per risalire leggermente a 19 mila per Forlì-Cesena e 21 mila a Ravenna.

Tutto questo è il risultato di stipendi troppo bassi, 16 mila euro la retribuzione media di un lavoratore dipendente a Rimini, a fronte di 25 mila di Bologna e Modena, perché l’economia è meno produttiva. E persino le pensioni sono di minore importo, come conseguenza di contributi ridotti.

La cause sono da ricercare nella struttura produttiva locale, dove i servizi, in primis il turismo, la fanno padrone. Così su cento occupati: un misero 2 per cento lavora in agricoltura, 24 per cento nell’industria e ben 74 per cento nei servizi.

Dove si produce più ricchezza le cose marciano però diversamente: lasciata per un momento da parte l’agricoltura, che escluso Forlì-Cesena dove da lavoro all’8 per cento degli addetti raramente supera il 3 per cento, a Modena l’industria impiega il 40 per cento degli occupati, cosa che a Bologna si ferma al 26 per cento, quindi poco sopra Rimini, mentre  il restante 71 per cento si rivolge ai servizi. Quindi sono solo tre punti sotto Rimini.

Dove sta allora la differenza ?  Che a Modena c’è una industria avanzata di alta tecnologia e a Bologna ci sono servizi di alto valore, con l’Università e numerosi centri di ricerca, molti dei quali collegati al mondo industriale emiliano. Un mondo che essendo particolarmente innovativo richiama servizi di pari livello.  

Una differenza che ben si riflette nella diversa propensione alla brevettazione delle province: 53 brevetti europei (EPO) per milione di abitanti Rimini, 140 Forlì-Cesena, 118 Ravenna, 313 Bologna e 230 Modena. Vuol dire che a Bologna si brevetta 6 volte più di Rimini e a Modena 4 volte.

Uno scarto confermato anche dall’ultimo rapporto EY sulle infrastrutture digitali, che vede Rimini all’ultimo posto in Emilia Romagna, con Bologna al quarto posto e prima in regione  su 107 province nazionali.

In conclusione: sono una certa manifattura e servizi avanzati  a fare la differenza. Se non si interviene su questi due fronti sarà molto difficile ridurre le distanze.  Sperare che lo faccia spontaneamente il mercato, da solo, è una pia illusione. Tocca invece alla politica, cioè al Pubblico, fare le scelte giuste.

I servizi

Siamo tutti d’accordo che la sostenibilità, e la qualità, del nostro benessere  dipende da come trattiamo l’ambiente e dai servizi alla persona di cui possiamo usufruire, e non solo dall’economia.

In primo luogo i servizi alla salute, di cui tanto si discute di questi tempi. Quando non rispettano le aspettative sappiamo che le persone, per curarsi, sono anche disposte a spostarsi fuori regione (perché la nostra Sanità è gestita dalle Regioni). Viene definita l’emigrazione ospedaliera, che diventa un buon indicatore della qualità dei servizi resi: per Rimini questo indice è del 3,6 per cento (sono le giornate di degenza in altra regione ogni cento), inferiore alla media regionale 4,1 per cento e nazionale 6,5 per cento (con Reggio Calabria a quota 20 e Campobasso 25).

Non sono, invece, adeguati i servizi per l’infanzia: solo il 18 per cento dei bambini 0-2 anni possono usufruire di servizi per l’infanzia in provincia di Rimini, che diventano il 21 per cento a Forlì-Cesena, 28 per cento a Ravenna, ma 32 a Bologna e 28 per cento a Modena.

Forse non è una coincidenza, visto l’inadeguatezza del servizio, se in questa provincia le donne occupate sono il numero più basso in regione e la differenza tra il tasso di occupazione (chi lavora ogni cento) maschile e femminile il più alto: 19 punti più basso, quello delle donne rispetto agli uomini, a Rimini,  che diventa meno 10 a Bologna e 14 in regione.

L’ ambiente

 Con il 66 per cento della raccolta differenziata dei rifiuti e zero conferimento in discarica, Rimini è in buona posizione.

Non altrettanto per la disponibilità di verde urbano, 18 mq per abitante, a fronte dei 21 mq di Forlì-Cesena, 28 mq di Ravenna e 32 mq di Bologna.

Ma è ancora più indietro sul fronte dell’energia prodotta da fonti rinnovabili: uno scarso 10 per cento dei consumi, contro il 41 per cento di Ravenna, il 21 per cento di Forlì-Cesena e il 23 per cento come media dell’Emilia Romagna. 

Nella discussione sul progettato parco eolico in mare va considerato anche questo dato, oltre a come abbattere le 6 tonnellate di emissioni di CO2 che ciascun riminese rilascia nell’aria.

Per ultimo, l’acqua che si disperde lungo la linea idrica: un litro su quattro. Uno spreco inaccettabile per una risorsa scarsa che cozza con i buoni risultati di bilancio della società incaricata della gestione. Un classico caso in cui le perdite si socializzano e i profitti si distribuiscono. E non può certo consolare il fatto che la media nazionale di acqua perduta è di 4 litri su 10. 

Istituzioni

Per chiudere qualcosa che riguarda le Istituzioni locali, dove le donne amministratrici nei comuni del riminese sono il 38 per cento del totale, dietro solo a Bologna, ma i giovani sotto i 40anni sono veramente pochi: appena il 24 per cento, lontano dal 34 per cento delle altre province della Romagna e di Bologna. Lo slogan “spazio ai giovani” è quindi perfettamente attuale.