Tasse comunali: non si ferma la corsa

Come è noto, almeno dovrebbe, l’Italia è il secondo paese, dopo la Grecia, col debito pubblico più alto d’Europa, e terzo, preceduto dal Giappone, al mondo. Quindi non abbiamo di che stare molto allegri. Ciascun italiano, neonati compresi, ha sulle spalle un debito da ripagare nei prossimi decenni di circa 40 mila euro.

Se a questi numeri, già pesanti, il governo aggiunge misure che creano altro debito, non ci vuole molto a comprendere che, salvo miracoli, la situazione non può che peggiorare  (solo di interessi l’Italia spende 60-70 miliardi di euro l’anno..quasi 3 euro a testa al giorno!).

Stante la situazione non c’è quindi da sorprendesi  delle previsioni,  come puntualmente sta accadendo, di un aumento delle addizionali Irpef comunali, i quali ricevendo meno trasferimenti dal governo centrale, devono procurarsi altre entrate, se vogliono mantenere i servizi che ricadono sotto  la loro competenza.

L’associazione artigiani CGIA di Mestre ha stimato, per il 2019, maggiori oneri per le famiglie italiane di un miliardo di euro. Questo accade dopo un aumento, secondo Confprofessioni, delle addizionali Irpef, nel periodo 2006-2016,  di ben 7,5 miliardi di euro (da 9,2  a 16,7 miliardi), con quelle comunali, perché ci sono anche regionali, che sono salite addirittura dell’182 %.

Aumenti  Irpef 2019 che purtroppo verranno applicati da molti comuni locali. Alcuni esempi: nel comune di Rimini la precedente aliquota unica di 0,3 %  passa, graduata per scaglioni di reddito, da un minimo di 0,55 % ad un massimo di 0,80 % (tetto massimo consentito). Sono esenti i redditi fino a 15 mila euro.

Al contrario, nel Comune di Riccione l’addizionale Irpef è stata abolita dal 2018, ma non è proprio un regalo.  Nel Comune di Forlì, il ventaglio delle aliquote  0,6-0,8 % già applicato, sempre scaglionato secondo le classi di reddito, rimane invariato anche per l’anno in corso. Anche qui, sono esentati i redditi fino a 15 mila euro.

Il Comune di Ravenna, dove le aliquote erano aumentate nel 2014, conferma lo stesso ventaglio  0,55-0,80 %,  secondo la fascia di reddito  Esenti dal pagamento i redditi fino a 10 mila euro.

Infine Bologna, il capoluogo regionale, dove resiste l’aliquota unica dello 0,8%, con l’esenzione per redditi fino a 15 mila euro (prima 14 mila).

Purtroppo l’addizionale Irpef  non è l’unica imposta locale e le altre (Imu, tasi, irap, ecc.) non sono andate, per il cittadino contribuente, meglio.

Solo in provincia di Rimini, negli ultimi dieci anni, c’è stata una crescita media delle entrate tributarie del 53 %, con punte, nel Comune di Rimini, superiori al 100 %.  Dal 2005, sole le tariffe degli asili sono aumentate, nel Capoluogo,  del 31 %.

Riccione risparmia ai suoi residenti l’addizionale irpef,  ma figurando il Comune con la maggiore pressione fiscale pro capite complessiva (1.210 euro nel 2017),  è evidente che le entrate comunali arrivano da altri tributi.

Per un confronto, sempre utile, tenere presente che la pressione tributaria media, calcolata considerando tutti i comuni, nella provincia  di Rimini di 845 euro per abitante, supera, nel 2017 (ultimo anno per cui esistono i consuntivi), sia quella di Forlì-Cesena (704 euro), che di Ravenna (753 euro) e perfino il dato medio regionale (727 euro).   Della serie: su questo fronte i comuni si sono già portati avanti.

Dove finiscono le entrate raccolte dai Comuni  ?  E’ quello che tanti vorrebbero sapere.  La parte preponderante  se ne va per le spese correnti, cioè per la gestione ordinaria di funzionamento (personale, gestione ed erogazione di servizi), e quello che rimane finisce negli investimenti (opere pubbliche, infrastrutture, ecc.).  Con le prime si mantengono in vita le attività esistenti, con i secondi si guarda di più al futuro.

Mediamente, sempre guardando ai consuntivi 2017, i comuni della provincia di Rimini destinano alle spese correnti  997 euro per abitante e agli investimenti 214 euro. In entrambi i casi si tratta dell’importo  regionale più alto.   In Emilia Romagna, come media tra tutte le province,  il rapporto è  909 euro pro capite per le spese correnti e 146 euro per gli investimenti.    E’ evidente che in provincia di Rimini si spende di più, ma si investe anche di più.  Se vogliamo, questo è in linea con la maggiore pressione tributaria.

I  comuni riminesi, come parte della spesa corrente,destinano alle politiche in favore della famiglia 134 euro pro capite  (Riccione 205 e Rimini 166 euro), per l’ambiente e la tutela del territorio 261 euro (che diventano 402 euro a Riccione e 347 euro a Bellaria-Igea Marina, per restare ai primi), per l’istruzione e la cultura 161 euro (235 euro a Cattolica e 231 euro a Riccione).

Il funzionamento e il mantenimento dei servizi (spesa corrente) contano, ma per costruire futuro ci vogliono tanti investimenti, materiali e immateriali. Investimenti che dovrebbero avere uno scopo inderogabile: creare nuove e migliori opportunità di lavoro.  La priorità di tutti gli italiani, vecchi e giovani.