Rappresentatività e partecipazione nei Quartieri

In un editoriale del settembre scorso, a conclusione di un viaggio che ci ha portato a visitare alcuni tra i maggiori quartieri di Rimini (Viserba, Miramare, 1° Maggio e San Vito), avevamo, tra le altre cose, segnalato come, dopo l’abolizione dei consigli di quartiere, l’assenza di qualsiasi forma di rappresentanza ponesse due questioni particolarmente sentite dai residenti: non sapere, se manca un comitato, una pro loco o qualche persona di buona volontà che si mette a disposizione, a chi rivolgersi per fare arrivare all’Amministrazione locale una richiesta o una lamentela; sentirsi piuttosto lontani, poco coinvolti, qualche volta persino contrariati, per decisioni che li riguardano prese sopra le loro teste.

In ottobre ci sono state le elezioni comunali, a votare è andato poco più di un elettore su due, ed il nuovo sindaco è stato eletto al primo turno da circa un quarto degli aventi diritti. La scarsa affluenza al voto non è un fenomeno solo locale, ma questo non può esimere dal trovare forme e modi per favorire la partecipazione.

Nelle ultime settimane il tema della rappresentanza dei quartieri è stato ripreso da più parti. Il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad, da noi intervistato, a domanda specifica, dopo aver ricordato che ad abolire i quartieri è stata una legge dello stato (legge del 2010 che vieta ai comuni con meno di 250 mila abitanti di avere forme di decentramento che costituiscono un costo per le casse comunali, consentendo però ai comuni con più di cento mila abitanti di dotarsi di Circoscrizioni di decentramento), ma anche che la sua avventura amministrativa è iniziata in un Consiglio di quartiere, ha così risposto: “Più della necessità di farne dei nuovi, ci vogliono spazi e luoghi di incontro diffusi sul territorio. E’ un progetto che abbiamo già in cantiere con i Forum urbani: luoghi fisici dove potere ritrovarsi, per la popolazione più anziana e per i giovani. Luoghi di socialità. Luoghi dove trovare risposte anche in termini di servizi”.

La vice sindaca Chiara Bellini, a proposito di partecipazione civica ha parlato di voler  “istituire luoghi di confronto tra il territorio e l’Amministrazione comunale” e di voler arrivare ad “una stesura definitiva del testo da sottoporre al Consiglio comunale in tempi utili per avviare i nuovi organismi territoriali nel 2022”.

Gli esempi, anche vicini, da cui prendere spunti non mancano: nel Comune di Forlì la città è stata divisa in 22 quartieri, riuniti in 8 zone, incaricati di raccogliere le loro istanze. Le Zone saranno le principali referenti dell’Amministrazione. Ogni quartiere avrà un consiglio di volontari non retribuiti da 7 a 13 membri. I rappresentanti dei quartieri sono eletti dai residenti di quel quartiere con un meccanismo elettivo aperto a tutti i cittadini sopra i 16 anni. L’incarico è di 5 anni. I rappresentanti dei quartieri a loro volta, oltre a scegliersi un presidente, scelgono i coordinatori di zona, che sono 2 per zona, di cui uno con funzioni di presidente. Per favorire una maggiore ricchezza delle istanze dei quartieri, i rappresentanti di zona turnano ogni sei mesi.  Per la partecipazione dei quartieri il Comune mette a disposizione 120 mila euro.

A Cesena i quartieri sono 12 ed i Consigli di quartiere sono stati rinnovati nel 2020. Sono elettori del Consiglio di Quartiere i residenti nel Quartiere, a qualsiasi nazionalità appartengano, che abbiano compiuto 16 anni e che risultino iscritti nell’anagrafe della popolazione del Comune. Per gli stranieri non comunitari la residenza nel Comune non deve essere inferiore a 3 anni consecutivi. 

Adesso tocca a Rimini e agli altri comuni.