Hera è per sempre

La notizia è passata con qualche trafiletto sui giornali, e a sorpresa nemmeno il sito di Hera ne da notizia, eppure avrebbe sicuramente meritato qualche copertura in più. Perfino le associazioni dei consumatori si sono fatte trovare impreparate. Nonostante i 164 mila utenti del servizio idrico provinciale, di cui 118 mila domestici (famiglie).

Stiamo parlando del rinnovo della gestione del servizio idrico integrato (SII), che vuol dire la rete idrica che porta l’acqua nelle case e la rete fognaria che raccoglie e tratta (depura) i reflui, della provincia di Rimini, escluso il comune di Maiolo.

Gara per l’assegnazione del servizio che è stata bandita da Atersir (Agenzia territoriale dell’Emilia Romagna per i servizi idrici e rifiuti, con sede a Bologna) nel marzo del 2019 e si è conclusa con l’affidamento dell’incarico ad Hera, battendo l’altro operatore ammesso ACEA, azienda acquedottistica di Roma, ad opera della stessa Atersir, il 4 novembre 2021.

Durata della concessione: fino 31 dicembre 2039, cioè per 18 anni.

Un tempo probabilmente congruo per un sevizio di questa portata, ma un minimo di informazione, spiegazione e partecipazione degli utenti, che alla fine sono quelli che pagano le bollette, sarebbe stato auspicabile e certamente gradito. Un compito che avrebbero potuto svolgere anche i Comuni della provincia di Rimini, che pure figurano tra i soci di Hera, incassando i relativi dividendi (nella relazione trimestrale chiusa a settembre 2021 il Gruppo Hera ha fatto registrare un utile netto per gli azionisti di 308,4 milioni di euro, con un più 32,3 per cento sull’anno precedente).

Perché, lo ricordiamo, i comuni della Romagna attualmente detengono il 15,39 per cento (era il 21 per cento nel 2008) del pacchetto azionario di Hera Spa, che per il 54 per cento, quindi la maggioranza è, invece, in mani private.

Un sistema, quello nazionale, di gestione dell’acqua che consente agli operatori di distribuire gli utili, intorno al 90 per cento, tra gli azionisti, ma non richiede nessun obbligo di investimenti nella rete. Anzi, degli 11,9 miliardi di euro di investimenti del quadriennio 2016-2019, ben 9 miliardi sono stati effettuati aumentando le tariffe.

Che comunque sono pochi, se a fronte di una media europea di investimenti nel settore idrico di 100 euro per abitante (dato 2019), il Gruppo Hera investe 53 euro per abitante (parte finanziati da terzi, come Romagna Acque) e la media nazionale è di 40 euro per abitante, posizionando l’Italia agli ultimi posti nella classifica europea per investimenti nel settore idrico, davanti solo a Romania e Malta (Fonte:Valore acqua per l’Italia, Libro bianco Ambrosetti 2021).

Eppure di investimenti nella rete idrica, che in provincia di Rimini ha una estensione di circa 3 mila chilometri (820 km solo nel comune di Rimini), ce ne sarebbe un estremo bisogno, considerando l’ammontare delle perdite, causa principalmente la vetustà della rete, che riguarda un litro su quattro (in Italia ancora peggio:4 litri su 10).

Considerando che l’acqua immessa nella rete idrica locale è di circa 40 milioni di metri cubi l’anno (1 m3 = 1000 litri), perderne un quarto significa disperderne lungo i tubi circa dieci milioni di metri cubi, che sono l’equivalente di 10 miliardi di litri. Non proprio una bazzecola. Tanto più perché trattasi di una risorsa che, per effetto dei cambiamenti climatici, diventerà sempre più scarsa. E l’Italia è il paese che preleva più acqua ad uso potabile, prevalentemente dal sottosuolo, per abitante tra i paesi UE:153 m3 quando la media è di 79 m3.  Speriamo che il nuovo Patto per il clima locale, in gestazione, si occupi anche di questo.  

Non fosse altro perché: l’Emilia Romagna ha già superato la soglia dello stress delle fonti di approvvigionamento; una gestione efficiente e sostenibile della risorsa acqua impatta su 10 dei 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e su 53 dei rispettivi 169 target; le perdite della rete idrica dell’Olanda, prima in Europa, è del 5 per cento.

Un intervento reso ancora più urgente visto che le perdite della rete, dal 2008 ad oggi, sono rimaste sostanzialmente le stesse. Nonostante il Piano d’Ambito, aggiornato al 2018, affermi: “Il Piano di conservazione della risorsa idrica stima una riduzione del 40 per cento al 2024 dell’eccesso delle perdite attuali rispetto al valore limite delle perdite fisiologiche (1 m3/m di rete/anno). Attualmente le perdite sono di 3,3 m3/m anno” (pag. 189, Parte A: ricognizione delle infrastrutture, dell’aggiornamento del Piano d’Ambito del 10 dicembre 2018).

Non si può nemmeno sostenere che le tariffe siano basse, se per un consumo di 192 metri cubi di acqua nel 2020, la spesa per il SII a Rimini è di 558 euro, a Forlì 600 euro, Ravenna 596 euro e Bologna 340 euro, con una media regionale di 515 euro. Sopra i 327 euro della media della Lombardia e dei 404 euro del Veneto (Cittadinanzattiva, Acqua: risorsa e servizio da tutelare, giugno 2021).

Ha scritto qualcuno che il futuro non si prende cura di se stesso, perché dobbiamo essere noi a costruirlo. Il lavoro non manca. Certo, chi nel giugno 2011 firmò il referendum per l’acqua pubblica, platealmente tradito, dove votarono 26 milioni di italiani, esprimendosi il 94 per cento per il SI, sicuramente avrà parecchio da recriminare.