Entroterra Romagna: l’industria da più valore all’economia

In questa terza puntata dedicata all’economia dei territori, continuiamo il nostro viaggio nel’entroterra riminese e cesenate. Nello specifico in alcuni comuni  della Valconca (Rimini)  e dell’area a Sud di Cesena, tra questa e Rimini.

Perché se nessun luogo è un’isola, lo sono ancora meno i nostri comuni interni, a volte molto piccoli, che con maggiore o minore intensità finiscono per gravitare intorno ai capoluoghi più vicini. Della cui economia necessariamente risentono.

Sistemi economici, quelli dei capoluoghi della Romagna, cioè Forlì, Cesena, Ravenna e Rimini, che, come abbiamo avuto modo di scrivere, producono  un  valore aggiunto per addetto  più basso (tra il 10 e il 50 per cento) degli equivalenti emiliani, testimonianza di sistemi produttivi  molto diversi.  Le differenze che emergono non  hanno però effetto solo sulle graduatorie,  ma producono conseguenze molto concrete nella vita delle persone perché si traducono in salari e pensioni più bassi. Quindi, in minori capacità di spesa.

Qualcuno  trova la spiegazione nel fatto che nelle economie della Romagna, dove ha un forte peso il turismo, si fa molto nero. Certamente il turismo consente di occultare più di una impresa manifatturiera, ma questo non cambia la fotografia, perché vuol dire maggiore evasione fiscale e contributiva, e alla fine imprese più deboli.

In genere i comuni capoluogo, dove si concentrano anche molti servizi (scuole, ospedali, università, ecc.), hanno una produttività maggiore. Producono, cioè, un maggiore valore aggiunto per persona che lavora. Ma come abbiamo visto nella puntata precedente, parlando soprattutto di alcuni comuni della  Valmarecchia, non sempre questo è vero. A fare la differenza è spesso la presenza o meno di importanti industrie.

Non è il caso, o almeno non completamente, dei due territori di cui ci occupiamo in questo numero: Morciano di Romagna, Saludecio e Montecolombo per la Valconca (Rimini) ed i comuni di Gambettola, Savignano sul Rubicone e Roncofreddo a sud di Cesena.

In entrambi i territori la produttività media per addetto, considerando l’intera economia, si mantiene al di sotto dei valori, al massimo pareggia, dei capoluoghi più vicini: tra 26 e 35 mila in Valconca, quando Rimini è a 35 mila euro;  tra 32 e 36 mila nell’area sud di Cesena, a fronte di 45 mila euro di quest’ultima.

Però anche in questo caso l’industria mostra di avere una marcia in più. Per esempio a Saludecio e Montecolombo la produttività per occupato del settore industriale è rispettivamente di 44 e 39 mila euro, che è sopra la media comunale e del vicino capoluogo.

Lo stesso capita a Roncofreddo, dove l’industria produce un valore aggiunto per addetto di 49 mila euro (4 mila sopra la media di Cesena).

Ma lo stesso capita anche a Savignano sul Rubicone e Gambettola, in cui un addetto nell’industria produce, in media, più valore che nel resto dell’economia, dominata dai servizi, dello stesso comune.

L’unica eccezione è costituita da Morciano di Romagna dove, nonostante una discreta presenza dell’industria (163 unità locali con 365 addetti, su un totale di 1.809 occupati), il valore aggiunto  da un suo addetto si ferma a 23 mila euro, 3 mila in meno della media dell’economia comunale.

E’ probabile si tratti di una presenza industriale a carattere soprattutto artigianale ed  orientata su produzioni più tradizionali e meno innovative.  Producendo, di conseguenza, meno valore.

Tanto che perfino le retribuzioni annuali dell’industria morcianese sono inferiori alla media dell’economia comunale: 18 mila a fronte di 20 mila euro.

Accade esattamente l’opposto nei comuni di Roncofreddo, Gambettola, Savignano sul Rubicone, Saludecio e Montecolombo, dove l’industria, che produce più valore, paga anche meglio del resto dell’economia comunale.

In sintesi: nei comuni dell’entroterra effettivamente l’economia produce meno valore per addetto, ma dove l’industria ha una presenza più consistente e significativa  il territorio ne beneficia, anche con salari più alti.

Buoni motivi per non considerare la manifattura, che si avvale di tanti servizi, anche avanzati, solo come un settore residuale. Al contrario: ne andrebbe incentivata la presenza e la competitività.