Casa: nessun “furto” dagli immigrati

di Stefano Rossini

I luoghi comuni sono punti di vista generalmente accettabili che rispondono ad opinioni diffuse. Spesso, però, più che da una verità o da un dato di fatto, nascono dalla percezione che si ha del reale.
“Gli immigrati ci rubano il lavoro” e “gli immigrati ci portano via le case” sono due esempi di questa tendenza. Chi mette in circolazione o riutilizza queste frasi non ha sottomano numeri, cifre o resoconti, ma sente che la presenza di migranti nella propria società è troppo alta e automaticamente reputa vere le affermazioni di questo tipo. Che i migranti non portino via il lavoro ma, anzi, vadano proprio ad occupare quelle posizioni umili di cui nessuno oggi si vuole fare carico è ormai informazione abbastanza diffusa. Ma qual è la situazione dell’edilizia popolare? E’ vero che gli immigrati scavalcano i cittadini nel ricevere gli alloggi?
Secondo i dati dell’ACER, l’Azienda Case Emilia Romagna, la presenza dei migranti nell¹edilizia residenziale pubblica (ERP) è andata negli anni aumentando, ma sempre rimanendo marginale rispetto alla quota “italiana”.
Per fare un esempio, nel 2005, su 66 nuove assegnazioni, 60 erano per italiani e solo 6 per stranieri. Nel 2006 sono diventate 9 contro 106, poi 23 contro 141 nel 2007 e infine 14 su 79 nel 2008. In media, la presenza di stranieri nell’edilizia pubblica rappresenta poco più del 5%, considerato anche l’aumento di migranti negli ultimi anni.

Assegnazioni, liste dinamiche

Il dato diventa ancora più interessante se lo si incrocia con un altro numero, e cioè la quota di migranti sulla popolazione totale della provincia di Rimini, che si attesta all’8,4%. “Questo significa – afferma Franco Carboni, Direttore di ACER Rimini – che molti immigrati, pur in condizioni di difficoltà, cercano sistemazione per conto loro. Il problema non si pone: la quota di migranti che entra nell’assegnazione di affitti popolari non influisce sulla presenza dei cittadini italiani”. A questo va aggiunta tutta la marea sconosciuta di irregolari che non possono neanche accedere alle graduatorie e che spesso vivono in condizioni estremamente difficoltose.
Diverso il discorso per quanto riguarda le assegnazioni. “Le liste per accedere all’edilizia pubblica sono dinamiche – continua Carboni – e vengono aggiornate ogni sei mesi. Questo significa che se una persona si trova al terzo posto, ma, prima dell’assegnazione, entra in lista una famiglia in grande difficoltà col punteggio molto alto, chi si trova al terzo posto può anche essere scavalcato e rimanere in graduatoria a lungo”.
E’ difficile fare stime. In effetti può capitare che un migrante abbia una situazione di partenza più difficoltosa e questo gli garantisca un punteggio più alto. Ciò non toglie, però, che il numero di migranti è pari al 5%, cioè una famiglia straniera ogni 20 italiane. “Inoltre – aggiunge Carboni – le assegnazioni devono rispondere anche ai requisiti richiesti. Una famiglia di cinque persone, anche se prima della lista, deve attendere che sia disponibile una casa della metratura adeguata. Nel caso se ne liberi una più piccola, questa viene assegnata al secondo in lista, o il terzo, e così via”.

Numeri alla mano, il problema non si pone. Le quote di migranti nell’edilizia pubblica fanno parte del normale processo di integrazione per cui una parte di migranti, integrati nella società, usufruiscono dei servizi che la provincia mette a disposizione di tutti i cittadini, nel momento in cui questi hanno tutti i requisiti per entrare nelle liste.

BOX  

 Crolla la domanda di case degli immigrati

 Secondo Scenari Immobiliari, sono 78mila gli acquisti di case realizzati dai lavoratori immigrati in Italia nel 2009, con un calo del  24,3 % rispetto allo scorso anno. E nel 2010 gli acquisti potrebbero essere solo 53mila, la metà rispetto alla media degli ultimi anni, se le banche non riprendono a concedere mutui.

Questi i numeri che documentano il pericolo di una vera “emergenza abitativa” per quei 3,5 milioni di lavoratori immigrati che vivono in locazione o in sovraffollamento. Di questi, circa mezzo milione potrebbe comprare una casa, purché ci sia la possibilità di pagare un mutuo che superi l’80 %del valore del bene che si intende acquistare.

E proprio le restrizioni sulla concessione dei mutui sono alla base (insieme all’aumento della disoccupazione e del precariato) di questa riduzione del mercato.

Negli ultimi cinque anni gli immigrati hanno comprato oltre 600mila alloggi, per una spesa di circa 70 miliardi di euro.  Nel 2009 a comprare una casa sono stati soprattutto rumeni, cinesi e indiani.