Il lavoro che manca ai giovani e alle donne

Dal 2007, ultimo anno prima della crisi, alla fine del 2009, le persone in cerca di lavoro in provincia di Rimini sono aumentate di cinque mila unità (da sei a undici mila). Più della metà sono donne,  che raggiungono un  tasso di disoccupazione del dieci per cento, quasi il doppio del valore regionale.

Delle oltre dodici mila persone che al Centro per l’impiego hanno dichiarato di essere immediatamente disponibili per un lavoro, oltre la metà ha meno di 34 anni. I giovani che avevano un lavoro e lo hanno perso,  nel corso del 2009, sono più che raddoppiati. Era dal 1995 che il numero dei senza lavoro non superava quota diecimila. 

Queste poche cifre, che saranno oggetto di approfondimento in articoli interni, danno già l’idea della difficile situazione occupazionale che questo territorio sta attraversando. Situazione che richiede interventi strutturali  ben più incisivi di quelli messi finora in campo, finalizzati prevalentemente a tamponare l’emergenza.  

Caso vuole poi che proprio di recente (metà maggio) il Consiglio Comunale di Rimini abbia approvato il Piano strategico, che in un suo documento dal titolo “Un sistema di imprese fatto di persone e innovazione”  recita:  “Rimini vuole ambire a diventare luogo attrattivo.. una città ed un territorio capace di attrarre giovani con capacità creative, progettuali e seriamente motivati all’investimento, in primo luogo nelle proprie capacità professionali”.

Costruire una città attrattiva, a partire dai giovani, certamente è un obiettivo condiviso da tutti, ma in questo frangente si corre il rischio, se dilatato nei prossimi vent’anni, com’è la visione del Piano, di arrivare fuori tempo massimo. Quando cioè i nostri giovani migliori, come diversi nostri articoli segnalano, sono già stati costretti ad andarsene. Perché la crisi c’è qui ed ora,  e l’avvio di soluzioni non può attendere tempi lunghi.   

Il Piano strategico guarda al futuro,  ma  se  un territorio ha perso troppo tempo (sono anni che denunciamo i ritardi nella ricerca, nell’innovazione, nella mancanza di opportunità per i giovani, nei servizi alle imprese, ecc.) quello che si deve fare, senza indugi, è rimboccarsi le maniche per recuperare i  ritardi accumulati.    

TRE è da settembre dello scorso anno  che segnala l’urgenza di mettere il lavoro al centro, non solo con misure anti crisi, ma in una prospettiva di medio-lungo periodo, strategica appunto. 

Un mese dopo abbiamo  lanciato e sostenuto la campagna di creare mille nuovi posti di lavoro per i giovani, che risultano i più colpiti, entro il 2010. Una sfida che presupponeva un piano e una strategia economica da sostanziare in precise azioni di sostegno alle imprese esistenti e di supporto alle nuove.  Qualcuno si è dichiarato disponibile a discuterne, a cominciare dal Presidente di Confindustria di Rimini, altri sono stati più scettici.  

Qualcosa si sta muovendo (nascita di un primo Polo tecnologico, Ufficio unico per portare le nostre imprese a concorrere ai finanziamenti europei, ecc.) ma bisogna fare di più e soprattutto presto.