Innovare necesse e Rimini è in ritardo

Il Rapporto sull’innovazione in Emilia Romagna 2014, presentato nel dicembre scorso, centrato su Rimini (dove sono state intervistate 141 aziende, di cui circa la metà del settore servizi, in prevalenza piccole imprese e società di capitale), offre l’opportunità di fare il punto su un aspetto fondamentale per rimanere, le imprese, competitive sul mercato nazionale ed estero.

Per cominciare dal Rapporto emerge un dato moderatamente  positivo, perché nell’ultimo quadriennio (2009-2014)  le aziende che non hanno introdotto nessun tipo di innovazione sono diminuite dal  69% nel 2009,  al 47% nel 2014.  Rimangono comunque una fetta consistente.    Come è facile intuire, innovano di più le aziende medio-grandi delle piccole. I settore più statici, cioè meno innovativi,  sono il commercio (62 % del campione), editoria e carta (57 %) e il turismo (56 %).

Tra le innovazioni più praticate dalle aziende riminesi, almeno una su sei, si citano quelle di prodotto, di processo, organizzative e di marketing. Innovazioni quasi sempre di carattere incrementale, che cioè si sviluppano con gradualità all’interno delle aziende,  mentre sono ancora poche le imprese che puntano sull’innovazione radicale, di prodotto (il 6 %),  oppure di processo (ancora meno, il 3 %).  Percentuali, entrambi, che si riferiscono al 2014, e che sono in discesa sugli  anni precedenti.

Chi ha investito lo ha fatto acquistando nuovi macchinari (il 17 %), nuovo software (14 %), nuovo hardware e servizi informatici (10 %). Poche le  aziende che hanno investito per assumere e formare nuovo personale (appena il 4 %).

Innovare serve ad essere competitivi e lo dimostra il fatto che le aziende più innovative sono anche quelle che vedono crescere di più le loro esportazioni. E sono anche quelle in cui l’incremento del valore aggiunto, nel periodo 2010-2013, è più consistente, in particolare nelle imprese di dimensione medio-grande.  Questo riguarda il campione delle imprese della provincia di Rimini.

Confrontando però  i dati  locali con quelli regionali, emerge con tutta evidenza  una minore propensione ad innovare delle imprese di questo territorio (in Emilia Romagna non innovano il 39% delle imprese, otto punto percentuali in meno dell’area riminese). Ma l’aspetto sicuramente più critico riguarda il fatto che nel confronto regionale, anche le imprese locali che investono in innovazione, lo fanno in misura molto più contenuta: 41 mila euro è stato l’investimento medio di una impresa innovativa di Rimini, nel 2013, contro i 114 mila del dato regionale (quasi il triplo in più). Vuol dire che le aziende riminesi, che pure si sforzano di stare al passo, investono comunque  meno. Questo limita, è ovvio,  le possibilità di produrre innovazione, con tutte le conseguenze in termini di competitività, opportunità di lavoro qualificato e sviluppo del territorio.

Se vogliamo una controprova, che suona come conferma, viene dal ridotto numero di invenzioni brevettate nel 2013 (ultimo anno disponibile): a Rimini 54, contro 358 di Modena e 724 di Bologna. La provincia di Rimini, a fine 2014, occupa anche l’ultimo posto nella classifica regionale per il numero di startup innovative: 14, quando a Forlì sono 23, a Bologna 91, a Modena 83, a Reggio Emilia 40.

Se tanti ritardi convergono, e lasciano indietro Rimini, vuol dire che bisogna intervenire più in profondità  e non siamo di fronte e criticità passeggere.