Noi artigiani in via d’estinzione

di Marzia Caserio

 Cosa rimane, oggi, dell´artigianato di un tempo? Modellare la ceramica, lavorare il ferro, realizzare abiti unici, creare borse in pelle, restaurare un libro, aggiustare orologi… Azioni che a qualcuno potrebbero suonare obsolete, magari da svolgere durante il tempo libero, come un hobby qualsiasi, ma di certo non come un lavoro vero e proprio. Qualcuno, però, ha ancora voglia di sfide. Chi segue semplicemente la propria passione, chi porta avanti un lavoro lasciato in eredità dal padre, chi addirittura tenta un vero salto nel buio. Come quello intrapreso da Gina e Sabrina di Villa Verucchio, due quarantenni che per gioco, due anni fa, hanno sperimentato la loro creatività con borse in pelle fatte a mano: “A distanza di anni – raccontano – abbiamo messo su uno studio grafico in cui realizziamo tutti pezzi unici con rimanenze e scarti di pellame e stoffe pregiate che alcune industrie tessili ci donano”. Insomma, vere e proprie autodidatte che nonostante la crisi economica degli ultimi tempi si mostrano molto fiduciose: “In fondo i nostri prodotti – dicono – sono unici e quindi c´è poca concorrenza…”.

Nel campo del pellame è attivo anche il giovane Ciro Troise, della boutique Fior di Pelle nel centro di Rimini. “Certo non si diventa ricchi ma io non faccio questo lavoro per soldi” ci tiene a precisare con un sorriso. Non casuale la targa posta sulla vetrina del negozio: “L´arte non si vende – si legge – ma tutti dobbiamo campare”. Altre borse, ma non di pelle, nascono dall´intuizione di Rita Bellentani . Si tratta di Riama-bag, accessori che rispondono ad una filosofia di moda tutta ecologica. “E nata per caso – racconta l’ideatrice -. Organizzo da 14 anni la rassegna A’marena e ogni anno penso al gadget da regalare. Un giorno al Multiplex, il multisala delle Befane, mi sono appoggiata ai manifesti, mi sono accorta che non erano di carta ma in pvc, in materiale plastico. Mi è subito venuto in mente che potevano essere perfetti per delle borse e in poco tempo è partito tutto”. Si tratta di borse molto particolari, realizzate con materiali di riciclo o che solitamente vengono buttati. Non solo cartelloni pubblicitari, quelli non bastano. Per le sue borse, Rita recupera anche cinture di sicurezza e manichette degli idranti per realizzare i manici: “Ma non finisce qui, ho ancora altre sorprese” annuncia con entusiasmo. Queste borse sono facilmente reperibili durante il Festival dell´Ambiente o altri appuntamenti ed eventi del nostro territorio. “E´ stato un successo inaspettato, sono borse esclusive, uniche, originali e non riproducibili: è questa la loro forza”.

Chi ugualmente lo fa solo per passione è la ceramista Lidia Masi di Novafeltria che da sempre segue questa sua inclinazione: “Lo faccio soprattutto per piacere personale ma non per soldi – ci tiene a precisare -. L’artigianato mi piace, ma oggi questo tipo di attività stanno scomparendo ed è un peccato” lamenta la Masi.

Tra quelli meno entusiasti e più preoccupati c´è il rilegatore Claudio Spagnoli del borgo San Giovanni di Rimini, uno delle ultime tre legatorie rimaste a Rimini. ” Vuoi per internet, vuoi per il libro che come oggetto non interessa più nessuno, vuoi per la crisi, la situazione va male e abbiamo un calo del lavoro dell´80% rispetto a pochi anni fa – racconta deluso Spagnoli che questo lavoro l´aveva scelto fin da giovane. A vent´anni decise di intraprendere questo cammino, lungo e faticoso ma con tante soddisfazioni: “Oggi i giovani che vogliono fare questo lavoro ci sono ma non sono informati. E´ un mestiere che richiede studio e gavetta di almeno dieci anni. Chi è disposto a farla? I miei due figli hanno intrapreso altre strade e forse è meglio così. Forse la mia fortuna è sapere anche recuperare e restaurare libri antichi, forse una delle poche passioni che ancora muove dei collezionisti”, racconta.

Se Rimini non è terra per rilegatori, non lo è nemmeno per gli orologiai, razza in via d´estinzione che a causa dei centri d´assistenza dei vari marchi d´orologi, ha perso il loro valore sul mercato: “Noi non siamo semplici montatori ma orologiai: montiamo, smontiamo, affiniamo… tutte attività che ora non si fanno più. L´unico vero lavoro che ancora ci appartiene è il restauro degli orologi antichi”, spiega Nicola Casadei dell´orologeria in via 22 giugno a Rimini. Grazie alla sua passione il padre Marco è riuscito a tramandare le sue conoscenze.

Lo stesso vale per tappezzieri, restauratori di mobili antichi, artigiani del bello che oggi, però, la gente sembra non apprezzare più. Lo sa bene Gino Morolli, il tappezziere di via Mentana: “Secondo lei chi rifodera più un divano? La gente butta e ricompra” lamenta. Tra le arti antiche che tentano di sopravvivere ci sono gli stampatori di tele romagnole, quelle realizzate interamente a mano: per tutelare questo bene della tradizione è nata un’associazione ad hoc di stampatori di tele romagnole: una decina tra il territorio della provincia di Rimini e quella di Forlì-Cesena.

Ormai in via d´estinzione sono anche coloro che sanno lavorare i metalli: memoria storica di questa antica arte è Mario Cesari, di origini veneziane ma trapiantato a Pennabilli da ormai trent´anni: “Iniziai a lavorare il ferro, l´argento e altri metalli per caso – racconta -. Proprio a Londra ho imparato a lavorare l´argento e ho scoperto libri che in Italia ancora non esistevano, poi, per motivi familiari sono venuto a Pennabilli. Ho aperto la mia bottega ma purtroppo non ha funzionato. Ormai questo mestieri, seppur appassionante, non consente più di viverci”. Infatti, nonostante la sua esperienza sul campo, Cesari ha trovato alternative per poter stare sul mercato come dei corsi sulla lavorazione dei metalli che lui pubblicizza su www.pennabilli.org. “A contattarmi sono soprattutto i giovani, e stranamente le ragazze. Chi l´avrebbe mai detto?”.

Un giovane che di artigianato ne sa sicuramente qualcosa è anche Juri Montanari di Villa Verucchio. Appena trentun anni ma già con sedici di esperienza alle spalle nell´ebanisteria del padre. E lui, senza pensarci troppo su, ne ha seguito le orme:

“Ho seguito dei corsi presso la famosa scuola toscana di Anghiari – racconta -. Lì mi sono specializzato, ho imparato diverse lavorazioni e poi le ho messe in pratica”. Il

suo è un lavoro manuale, di alta precisione e pazienza in cui la passione è tutto: “A me piace molto – prosegue Montanari -. Ora, ad esempio sto terminando – sono tre anni che ci lavoro – un pannello intarsiato secondo la tecnica rinascimentale su cui sto imprimendo Il cantico delle Creature di San Francesco in lingua umbro-volgare, quella originale del Santo”. Questo lungo lavoro molto probabilmente entrerà nel Guiness dei Primati come la preghiera e il pannello intarsiato più grande del mondo. Alla domanda se ha mai pensato di cambiare lavoro questo giovane artista risponde così: “Io sono appassionato di questo lavoro, è artistico e siamo ancora in pochi a portarlo avanti, per me è un privilegio”.

Non continua invece la tradizione dei liquori nel piccolo borgo di San Leo. Leonardo Leardini, ormai alla soglia degli 85 anni, non è più grado di portare avanti la sua bottega: “Non so che fine farà ma per il momento nessuno vuole più fare questo lavoro. Sa, per i miei liquori sono io stesso che vado a raccogliere la varie erbe. Prima andavo, ormai non ne ho più le forze”.

Insomma, non sono tempi facili per nessuno, ma almeno loro, gli artigiani riminesi, anche in tempi in crisi tentano di lasciare accesso il lume della creatività e della passione.