Il bilancio per la cultura

di Stefano Rossini

 Il 2010 non è stato un anno particolarmente buono per la cultura così come per il turismo. Da un lato la crisi (o il pretesto della crisi) continua a esigere tagli da parte di un settore che viene considerato poco redditizio (nonostante l´Italia possa vantare un patrimonio artistico
e architettonico di importanza capitale), dall´altro gli investimenti sempre più carenti, e i continui sprechi, lasciano i monumenti in uno stato di incuria che causa spesso danni irreparabili.
Il pensiero, ovviamente, va a Pompei e ai crolli che l´hanno funestata. Qual è lo stato dei monumenti della nostra provincia? E quale l´investimento che l´amministrazione fa per mantenere e
incentivare il comparto?
Piero Leoni è da pochi mesi il nuovo direttore del settore Cultura e Turismo a Rimini.
“Il panorama locale non differisce molto da quello nazionale –dichiara – si è tagliato tutto quello che si poteva tagliare e si è arrivati alla carne viva. Il bilancio è simile a quello dell´anno scorso, ma non è ancora definitivo a causa dell´ultimo decreto milleproroghe, che ha molti punti interpretabili”.
Ci troviamo di fronte ad un panorama disastroso?
“Noi abbiamo cercato di contenere al minimo i tagli e di lavorare sulla razionalità della spesa. Quello che si cerca di fare è di evitare gli sprechi, di tutelare il patrimonio, ma soprattutto di non
arretrare gli standard. Su molte cose si può trattare, ma non si può tornare indietro. Anche come amministrazione comunale dobbiamo cercare di mettere al riparo tutto il lavoro fatto in questi anni. I tagli comunque non sono clamorosi, anche se c´è sempre il rischio di un effetto rimbalzo (tagli da altre parti che ricadono comunque sulla cultura)”.
E per quanto riguarda i musei e la Domus del chirurgo?
“Ripeto: la nostra linea è di non tagliare sulla qualità dei servizi. L´anno scorso c´è stato un momento di incertezza, ma alla fine i tagli annunciati non sono stati fatti. L´amministrazione vuole mantenere gli impegni presi col city pass. In definitiva possiamo dire che non sarà un anno di grandi novità, possiamo solo stabilizzare quello che c´è”.

Dello stesso parere l´Assessore alla Cultura e al Bilancio del Comune di Rimini, Antonella Beltrami.
“I tagli al bilancio sono ormai imponenti. Per quest´anno il bilancio rimane lo stesso dell´anno scorso, siamo uno dei pochi comuni in controtendenza. La direzione Cultura e Turismo ha un budget di 6 milioni di euro. Ma prima o poi arriverà la scure. D´altronde il momento di crisi prevede un aumento del bilancio del welfare, dato che non si può tagliare sui bisogni delle famiglie. La direzione Cultura è l´unica che non ha tagliato e tutte le altre hanno dovuto assorbire un
taglio complessivo di 13 milioni di euro”.

La cultura riminese soffre?
“In realtà pochi ricordano che solo nel 2010 sono state aperte più di 40 sale del museo archeologico di Rimini, facendolo diventare il secondo museo in regione per quantità e qualità. E´ stato fatto un
lungo lavoro negli scorsi anni, che oggi sarebbe inconcepibile. Oggi si può solo cercare di non arretrare e mantenere i servizi raggiunti.
Questo non significa che tutto rimarrà uguale. Probabilmente alcuni eventi salteranno e si perderà qualcosa, ma abbiamo deciso di non tagliare sull´offerta museale e, ovviamente, sulla manutenzione dei monumenti”.
I nostri monumenti sembrano per il momento al sicuro. Ma quali sono le previsioni per il futuro?
“I veri problemi li sconteremo l´anno prossimo quando arriveranno, secondo le previsioni, ulteriori tagli di 6,5 milioni di euro. Se non si attivano forme di federalismo fiscale, cosa di cui ora si parla,
c´è davvero il rischio di un collasso del sistema. Dove prenderemo i soldi che mancano? Perché non solo diminuisce il budget dello stato ma anche quello della regione che a sua volta è stato ampiamente tagliato”.
Ma la cultura deve per forza vivere solo di incentivi statali? Non c´è iniziativa da parte dei privati o non è possibile attivare forme, manifestazioni o altro che in qualche modo si autofinanzino?
“Il contributo dei cittadini copre una media del 20% del costo totale del servizio. Questo più o meno tutte le direzioni. Anche quella culturale. Ad esempio, nel welfare, un anno di asilo nido costa al
Comune, per un bambino, 10.000 euro, di questa somma, solo il 20% viene coperto dalla famiglia, il resto è a carico dell´amministrazione.
Stessa cosa per la cultura. I biglietti del museo coprono solo una parte delle spese e il resto è a carico dello Stato. I servizi sono costosi e i prezzi continuano a salire. Con un po´ di amarezza devo
dire che il privato nella cultura ancora non si vede. Tutti questi imprenditori che dovrebbero aiutare e farsi carico noi non li abbiamo ancora trovati”.
La sensazione è che la cultura diventi per le istituzioni sempre di più un peso morto, un carico che prosciuga le finanze e non dà nulla in cambio. Gli imprenditori non vogliono rischiare e l´idea diffusa tra i privati è che i soldi messi nella cultura siano persi e buttati.
Ma è davvero così? Non è possibile invertire la tendenza e far fruttare il proprio patrimonio culturale anche da un punto di vista economico?
Sembra quasi che l´Italia debba scontare la sua eredità architettonica e artistica. Eppure la qualità della vita cambia notevolmente grazie all´arte. Non si può fare un´equazione considerando solo l´aspetto economico e non quelli sociali. Il rischio è che ci si abitui ad abbandonare il campo. Ieri si investiva per accrescere il patrimonio, oggi si difende lo status quo, domani si è pronti a cedere qualcosa.