CARIM: nuova prescrizione in arrivo ?

Ricordate la Cassa di Risparmio di Rimini (CARIM), la principale banca del territorio che ha chiuso i battenti dopo 177 anni di storia (era nata nel 1841) perché, come affermò in una intervista l’ex capo della Procura del Tribunale di Rimini Paolo Giovagnoli  “si sono fatte cose che non andavano fatte” ?  Tradotto: sono stati dati soldi a chi non li meritava, che non sono stati restituiti, mandando a gambe all’aria la Banca.

Sono passati solo cinque anni dall’incorporazione a prezzi stracciati (una azione Carim verrà valutata l’equivalente di 0,032 azioni Cariparma) in Crédit Agricole (settembre 2018) e quattro anni dalla rimozione dell’ultima insegna nella storica sede di Corso d’Augusto (febbraio 2019) ma è come fosse trascorso un secolo. Scomparse le tracce non se ne sente più parlare. Eppure le conseguenze si fanno sentire, eccome !  Basti pensare alla Fondazione Carim che addirittura vuole diminuire la sua partecipazione all’Università di Rimini perché non ha più fondi.

A questo punto della storia è più che lecito chiedersi se qualcuno (ricordiamo che il CdA di CARIM veniva nominato dalla Fondazione Cassa di Risparmio, che all’epoca possedeva il settanta per cento del capitale), della vecchia dirigenza, abbia pagato qualcosa.

Al primo processo che coinvolge 23 ex amministratori, che avevano redatto, avvallato e firmato bilanci platealmente non veritieri, soprattutto quello del 2009, dove avevano messo a bilancio un utile d’esercizio di 18,1 milioni di euro, distribuendo ai soci 0,33 euro per azione posseduta e scrivendo orgogliosamente che  la Banca era “stata in grado di esprimere un forte miglioramento del risultato economico”, quando in verità c’erano state perdite per 30 milioni di euro, come confermato nella prima semestrale 2010, tutti gli imputati vennero assolti (sentenza del Tribunale di Rimini del 20 febbraio 2018) perché non era stata superata la soglia di punibilità. Cioè, i conti erano stati falsati, ma non tanto da superare il 10 per cento dei “crediti verso la clientela” come richiede la legge. Almeno stando ai casi portati in Tribunale.

E’ invece intervenuta la prescrizione (dopo sei anni) per il reato di false comunicazioni sociali, in relazione ad un comunicato della Banca del settembre 2010, in piena campagna per l’aumento del capitale, che non riportava correttamente una serie di informazioni sullo stato reale della medesima.

Resta, l’udienza è fissata per il prossimo 28 novembre, un ultimo reato, l’aggiotaggio continuato, sempre per la diffusione di notizie non veritiere “atte a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti non quotati” (azioni Carim), relative ai bilanci 2013 e 2014, a carico dell’ex Direttore Alberto Mocchi e l’ex Presidente Sido Bonfatti.

Però anche su questo reato potrebbe intervenire la tagliola della prescrizione che cadrebbe tra agosto e settembre prossimo.

A questo punto veramente non è ben chiara la motivazione del giudice per cui si fissa una udienza in Tribunale dopo e non prima che scatti la prescrizione, che di fatto vanifica la convocazione stessa. 

Per evitare questa soluzione poco logica, l’avvocato difensore di un gruppo di ex azionisti Carim, Davide Lombardi, da noi interpellato, ci ha dichiarato che chiederà di anticipare l’udienza.

Vedremo come andrà a finire. Ma il rischio che in questa triste vicenda, alla fine, nessuno paghi, come se Carim si fosse estinta per calamità naturale, è molto alto. 

Visto che in questi giorni si parla tanto di riforma della giustizia, anche questi casi avrebbero bisogno di più giustizia. Che non possono essere le prescrizioni.

PS: gli abbonati de Il Ponte possono ritirare una copia gratuita del libro CARIM: ascesa e caduta di una banca del territorio, di Primo Silvestri, presso la redazione del giornale.