Qualche meta per il turismo

Con la stagione che volge al termine, e che sembra ripetere gli stessi numeri dell’anno precedente, potrebbe essere utile fare il punto sullo stato di salute di questo importante segmento dell’economia locale. Già l’inizio dell’estate ha mostrato qualche crepa, se con una disoccupazione importante e circa duemila richiedenti il reddito di cittadinanza, misura di sostegno ai senza lavoro varato dal passato governo, molti operatori del settore si sono lamentati per la carenza di personale. Una contraddizione che tanti additano alle condizioni di lavoro (bassi salari, orari lunghi, irregolarità diffuse, ecc.), ma anche alla brevità del periodo di occupazione, poco attrattivo per le migliori professionalità.

Questa situazione, per certo non nuova, potrebbe già fornire qualche spunto per azioni future.  Sintetizzando sono tre i principali campi su cui converrebbe intervenire:  

– destagionalizzazione, puntando ad un raddoppio dei pernottamenti fuori stagione (ottobre-aprile), attualmente fermi, grazie soprattutto a fiere e congressi, ad uno scarso 15 per cento del totale annuale;

– decentramento territoriale, portando più visitatori nell’entroterra, che oggi sono fermi ad un misero uno per cento dei pernottamenti;

– crescita della spesa giornaliera pro capite dei turisti, dagli attuali 80/90 euro ad almeno  120/130 euro.  

Far crescere la spesa non vuol dire però aumentare i prezzi, lasciando le cose come sono,  difficile anche per via della concorrenza,  ma migliorare e aumentare i servizi offerti ai visitatori.  A partire da quelli ricettivi, che richiedono una evoluzione e un adeguamento delle strutture,  partendo dal fatto che attualmente solo sette alberghi su cento, in provincia,  sono ascrivibili alle categorie medio-alte (4 e 5 stelle), contro  percentuali ben maggiori nei territori concorrenti, nazionali ed esteri.

Sono obiettivi che, se perseguiti con coerenza e costanza, monitorandone costantemente i risultati, potrebbero realmente trasformare il turismo, da attività stagionale che offre  lavoro precario, a qualcosa  di più stabile e meglio distribuito nell’arco dell’anno.  Potendo, in questo modo, fornire un lavoro più attrattivo, oltre a migliorare i risultati economici dell’impresa medesima.  

Indirizzi che si ritrovano nel Piano strategico per il turismo della Catalogna, denominato Visione 2025.  Regione, con la sua costa,  che è la diretta concorrente dell’Emilia Romagna, perché tanti inglesi e tedeschi che non vengono da noi scelgono questa Regione, e che non dovremmo perdere di vista.

Le politiche e le azioni in favore del turismo vanno individuate e selezionate fissando però gli obiettivi da raggiungere, nel breve e medio periodo.  Unico modo per misurarne l’efficacia.   

Una pratica (programmare, monitorare e verificare)  che fino ad oggi non è stata molto presente, ragione per cui si comunicano gli impegni, soprattutto sul fronte pubblico, ma raramente gli esiti, cioè l’efficacia delle azioni messe in campo.

Visto, però, che i pernottamenti della provincia di Rimini (16 milioni) sono gli stessi da un ventennio, pur con un incremento degli arrivi, sarebbe il caso di  farsi qualche domanda.

L’Italia, nel Rapporto 2019 del Forum Mondiale dell’Economia sulla competitività  nel turismo, è quarta per le risorse culturali, ma ottava nella classifica generale, che vede saldamente in testa la Spagna. Manca tutto il resto.