Entroterra Romagna: intervista a Giorgio Ciotti, Sindaco di Morciano di Romagna

Il territorio pede-collinare è sempre più in difficoltà L’Emilia Romagna è tra le regioni a maggiore sviluppo in Italia, ma la Romagna, stando al valore aggiunto per occupato, calcolato dall’Istat, è più indietro dell’Emilia. Produce cioè meno ricchezza. Questo ha conseguenze sui salari e sulle pensioni, che sono anche loro più bassi.    Come commenta questi esiti e quali sono, a suo giudizio,  la possibili cause ?

Dai dati Istat appare evidente che laddove l’industria e il manifatturiero è più sviluppato anche il valore aggiunto per occupato è più elevato. La nostra provincia è rimasta ai margini dello sviluppo industriale che invece si è progressivamente radicato in altre realtà regionali. Questo è stato dovuto dalla mancanza di specializzazione nei vari ambiti produttivi, tipico invece dei diversi distretti emiliani, ma anche a causa dei ridotti investimenti in servizi, viabilità, trasporti che l’asse adriatico ha subito. Un esempio eclatante è l’assenza di ogni ipotesi di trasporto ad alta velocità sull’intera costa adriatica ma anche di una proiezione verso nord di servizi importanti come il porto di Ravenna. Appare evidente che le attività primarie non possono abdicare a favore esclusivo del terziario e del turismo.

Questa differenza, nella capacità di produrre ricchezza, si ritrova anche nel confronto tra comune capoluogo (Rimini) e comuni dell’entroterra, compreso la VALCONCA. Morciano di Romagna, per esempio, ha un valore aggiunto per addetto di 26 mila euro, a fronte di 35 mila di Rimini.  In genere la presenza di insediamenti industriali spinge in alto la produttività generale, vedi Saludecio e Montecolombo, ma non sembra essere il caso di Morciano.  Come lo spiega e quali misure vede utili per produrre più valore nei territori interni?

 Questa è una conferma di quanto descritto, è necessario ripensare allo sviluppo economico della nostra provincia che non può essere esclusivamente turistico, i servizi e l’industria devono tornare ad essere co-protagonisti della crescita dei nostri territori. Non è un caso che laddove sono state individuate nel tempo aree per lo sviluppo di attività artigianali avanzate e della piccola e media industria anche il valore aggiunto locale sia più alto. Il caso di Morciano è particolare. E’ un comune dal territorio molto limitato, poco più di 5 km2  Luogo vocato ai servizi commerciali e pubblici. Presidia un territorio pede-collinare sempre più in difficoltà anche da un punto di vista del numero di residenti. Proprio per questo è più esposto alla crisi di sistema che stiamo vivendo. Da questo punto di vista l’impianto di espansione dei centri commerciali previsti a San Giovanni in Marignano e a Misano Adriatico deve mettere i comuni della Valconca e le associazioni di categoria in grande allarme perché la direzione intrapresa porta ad una spogliazione ulteriore dell’entroterra. Morciano è in prima linea ma se cade Morciano i comuni alle sue spalle, già in difficoltà, ne risentiranno in maniera ancora più forte. E anche la provincia deve metterci del suo, pensiamo alla viabilità. La strada Riccione Morciano è ancora quella degli anni cinquanta.

L’eliminazione delle disuguaglianze, anche all’interno di una stessa provincia, dovrebbe essere un obiettivo Ma, quasi scomparse le Province, chi dovrebbe prendere l’iniziativa per trovare soluzioni che riducano le differenze?

L’atteggiamento demagogico registrato verso le province ha svuotato quell’ente di competenze, tra queste quella del coordinamento territoriale, della valorizzazione dei territori sulla base delle effettive capacità di sviluppare le loro eccellenze e delle singole vocazioni. Ora sembra che il legislatore voglia tornare sui suoi passi restituendo all’ente provincia una legittimazione elettiva in funzione di raccordo tra le singole realtà locali e le regioni. Se la prospettiva sarà questa il luogo della concertazione in funzione della specializzazione dei territori non potrà che essere quello. Ciò non toglie che sin d’ora il ruolo del consiglio provinciale e della conferenza dei sindaci della provincia non possa assumere questo importante compito. Il nuovo presidente della provincia dovrebbe seriamente considerare questa necessità.

 Se la creazione di ricchezza dei comuni capoluoghi di Romagna è minore rispetto a quella dell’Emilia, ed ancora di più per tanti comuni dell’entroterra, cosa bisognerebbe fare, a livello di Romagna, per ridurre queste distanze  e chi dovrebbe farsene carico ? 

La Romagna ha bisogno di investimenti, da decenni siamo stati la Cenerentola della Regione. Sono stati privilegiati altri territori. I trasferimenti di Stato e Regione per abitante sono mediamente più bassi dell’Emilia. Occorre tornare ad una seria programmazione territoriale che veda una forte alleanza tra le istituzioni locali e l’impresa che rivendichi il riequilibrio in termini di investimenti e sviluppo. La Provincia di Rimini dovrebbe dotarsi di un serio programma infrastrutturale, tornare a lavorare sulla matrice dello sviluppo previsto in un oramai datato Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Rapportarsi con le altre province della Romagna e mettere insieme le singole strategie per porre sui tavoli regionali una proposta unitaria che deve partire dalle concertazioni a livello di ambiti omogenei sub provinciali. In sostanza la provincia di Rimini deve fare bene il suo compito: ascoltare i territori, leggere nel dettaglio forze e debolezze del sistema e farsi promotrice di un rapporto stabile con le altre province romagnole per la definizione di proposte unitarie che producano gli investimenti necessari da Stato e Regione.