Export e internazionalizzazione della Romagna

L’economia internazionale, compresa quella europea, continua a crescere e con essa si incentiva il commercio mondiale (import+export), che nei primi otto mesi dell’anno è aumentato un po’ meno del quattro per cento.

L’Italia  si avvantaggia di questa maggiore opportunità,  anche se negli ultimi mesi le esportazioni hanno sofferto a causa soprattutto i mercati extra UE, mentre sono aumentate di più le importazioni.

Tra i settori che meglio contribuiscono alla crescita tendenziale dell’export  si segnalano sostanze e prodotti chimici (+17,8%), prodotti delle altre attività manifatturiere (+12,6%), metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti (+12,5%), articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+11,7%), macchine e apparecchi n.c.a. (+10,1%) e prodotti alimentari, bevande e tabacco (+9,1%).

E’ in questo scenario, aggiungendo che “le aspettative dei consumatori circa la situazione economica del Paese sono in peggioramento e le attese sulla disoccupazione in aumento” come scrive la nota mensile di ottobre dell’Istat,  che vanno quindi letti i dati delle esportazioni e dell’internazionalizzazione della Romagna.

La provincia di Rimini, la più turistica delle tre, è  quella che esporta di meno: 2,1 miliardi di euro nel 2016, a fronte di 3,2 miliardi di Forlì-Cesena e di 3,6 miliardi di Ravenna.  Complessivamente la Romagna copre il 16 per cento dell’export regionale, pur avendo sul suo territorio il 26 per cento delle imprese attive.

In altri termini, l’export per impresa attiva che a livello regionale è di 138 mila euro, scende a 88 mila euro a Forlì-Cesena, 102 mila euro a Ravenna e 62 mila euro a Rimini (meno della metà della media regionale).

Importi delle esportazioni per impresa comunque in crescita rispetto all’anno dello scoppio della crisi (2007): del 35 per cento a Rimini, del 22 per cento a Forlì-Cesena e del 34 per cento a Ravenna, a fronte del 29 per cento di incremento medio regionale.

Miglioramenti che non possono comunque occultare la minore propensione all’export (export/valore aggiunto) della Romagna, che infatti si attesa sul 28 per cento (24 per cento a Rimini), quando in Emilia Romagna siamo al 43 per cento.

Ma cosa esportano, prevalentemente, le province della Romagna ?  Per volume, le prime tre rubriche di esportazione della provincia di Forlì-Cesena  riguardano  calzature (dal distretto calzaturiero di San Mauro), tubi, condotti e accessori in acciaio, articoli sportivi;  macchinari e apparecchiature, prodotti chimici (fertilizzanti) e della metallurgia  Ravenna; articoli di abbigliamento, macchine utensili e altre macchine  la provincia di Rimini.

Non meno interessante è il contenuto tecnologico delle esportazioni, che testimonia la qualità delle imprese che ci stanno dietro. Distinguendo, così, le vendite all’estero tra prodotti tradizionali e di alta tecnologia, il secondo raggruppamento, quello più innovativo, copre il  42 per cento delle esportazioni riminesi, il 38 per cento di quelle ravennati e il 35 per cento delle forlivesi.  Percentuali interessanti  ma che rimangono al di sotto del 50 per cento come media di export ad alta tecnologia dell’Emilia Romagna.

Stando ai primi rilevamenti, l’andamento positivo delle esportazioni della Romagna sembra proseguire anche nel 2017, ma giova sempre ricordare che le imprese esportatrici non arrivano alle 4 mila unità, appena una su venti attiva.

A frenare una maggiore presenza della Romagna sui mercati internazionali, oltre ad una minore presenza manifatturiera, pesa sicuramente la dimensione troppo piccola delle imprese, quando è risaputo che la propensione ad esportare è maggiore nelle  grandi imprese.

Dimensione che ha ricadute anche sulla produttività, in Italia stagnante da troppo tempo, e di conseguenza sulla creazione di valore. Un solo esempio: l’Italia ha più imprese  (circa 4 milioni) degli Stati Uniti ma produce un terzo del pil americano (Ocse).