L’economia del mare

di Mirco Paganelli

La “blue economy” (o economia del mare) in Italia vale 41 miliardi, ovvero il 2,9 per cento sia del pil che della forza lavoro nazionale. Ittico, cantieristica, trasporti, turismo balneare, ricreativo, estrattivo e tutela ambientale sono i macro settori in cui la divide il Rapporto di Unioncamere che, persino nell’edizione 2013, vede Rimini ricoprire un ruolo da protagonista nel paese. La sua Provincia è presente nella top10 o top5 di molte classifiche. Nonostante gli acciacchi della crisi, si tira avanti.

Perché il mare è importante? Sono 5.188 le imprese registrate nel settore del mare nel 2013 (33 in meno rispetto all’anno prima). Un proliferare di aziende  – quelle totali sono oltre 40 mila – che dimostra quanto l’ecosistema marino sia vitale per il territorio. E non è banale dirlo: un mare pulito, attrattivo e che consolida la tradizione marinaresca ci rende tutti più ricchi. Sul piano socio-economico poi, la blue economy riminese dà lavoro a oltre 23.000 individui (seicento in più dal 2011) di cui 17.000 solo nel ricettivo. A seguire, sport e ricreativo 3.000, cantieristica 1.300, ittico 900, tutela ambientale 800 e trasporti 400. Il mare non solo garantisce lavoro, ma traina tutto il resto dell’economia. In Italia i 41 miliardi dell’economia del mare attivano una “filiera del mare” da 118,9 miliardi, l’8,5% del pil.

Tutti i dati “blu”. A livello regionale, nessun’altra Provincia è più “blu” di Rimini. Nemmeno la portuale Ravenna: 1 miliardo e 125 milioni di valore aggiunto contro gli 816 della seconda, un segmento economico che vale il 13,3 per cento dell’economia totale di Rimini e il 2,7 per cento della blue economy nazionale. Quinto posto in Italia, poi, per incidenza del valore aggiunto, dopo Livorno, Trieste, Olbia-Tempio e Genova. Tirando le somme, se l’economia del mare in Italia incide del 2,9% sulla produttività mentre da noi vale il 13,3%, significa che per Rimini il mare è oltre 4 volte più fruttuoso che per la media nazionale. Il segmento trainante è il ricettivo (vale 825,8 milioni di euro), a seguire: sport e ricreativo (131,2), cantieristica (64,9), tutela ambientale (43,5), ittico (41,7), trasporto (18,1) ed estrattivo (0,1). Tutti quanti con segno più rispetto al 2011. (Dati Infocamere Stockview e Istituto Tagliacarne).

L’export sale. Crescono le esportazioni del settore ittico (26 milioni di euro nel 2013), ma calano quelle di navi e imbarcazioni (188 milioni). In entrambi i casi Rimini è al quinto posto in Italia. I due settori sommati vedono crescere le esportazioni del 2,2% rispetto al 2012. La cantieristica da sola vale un decimo di tutte le esportazioni della Provincia. (Per approfondimenti, vedi il focus).

La pesca va bene. Secondo il Fleet Register (registro flotte) dell’Unione europea, l’attuale flotta marittima di Rimini conta su 150 imbarcazioni. Erano 175 dieci anni fa. Non condivide i dati Giancarlo Cevoli, presidente della Cooperativa Lavoratori del Mare di Rimini. “Ne avremo perse massimo cinque, e poi ci sono stati dei rimpiazzi. Dalla vendita del pescato poi, abbiamo tutti segni positivi. Fino al fermo di luglio il prezzo dei pesci del Mercato coperto (che la sua Cooperativa gestisce, ndr) è calato mediamente di 10 centesimo al chilo per andare in contro ai consumatori. Però sta transitando sempre più prodotto rispetto agli altri anni. Dunque, la pesca va bene”. Determinante la ripartenza dopo il riposo biologico di 40 giorni. “L’inizio di stagione dopo il fermo barche è molto buono”. A mettere i bastoni tra le ruote secondo i pescatori c’è l’Europa: “Le normative europee sono una vergogna: ammazzano il settore della pesca a strascico e di vongole. Il Regolamento Mediterraneo non tollera i prodotti sottotaglia. Per il pesce in una cassa si incorre in sanzioni penali. È un problema grossissimo perché non si possono misurare 3.000 pesci in un giorno!”. Fiducia riposta nel progetto per il nuovo mercato coperto. “Crediamo ancora nella pesca seppure tutto remi contro. Pare che le amministrazioni locali abbiano cambiato strada e finalmente ci aiutano. Aspettiamo dal Comune le delibere per l’avvio delle costruzioni del nuovo mercato”.

La Cooperativa M.A.R.E. di Cattolica si occupa invece di servizi per la pesca e per l’acquacoltura. “Sono diminuite le imprese di commercializzazione del pesce – afferma il responsabile Giuseppe Prioli -. Si è ridotto il nostro parco clienti romagnoli e marchigiani”. Sono le vongole le più ostacolate: “La normativa 1967 è del 2006, ma il regolamento dei controlli è arrivato solo di recente. Da lì sono sorti i problemi, perché finché nessuno controllava… Taglia e distanza dalla costa imposta ne hanno ostacolato il commercio. L’impatto sul pesce, invece, è stato più attenuato rispetto a ciò che si temeva. Le normative sulla dimensione delle maglie sono state assorbite dai pescatori”.

L’edutainement (intrattenimento educativo) punta in alto. È andata bene la stagione per i quattro parchi tematici del gruppo Costa (Aquafun, Oltremare, Le Navi e Italia in miniatura) dove vi lavorano 500 dipendenti stagionali. “Attendiamo i dati finali – dice il presidente Giuseppe Costa -, ma non siamo distanti dalle previsioni di partenza in quanto a numero di presenze. Variazioni maggiori ci possono essere sui ricavi che dipendono anche da ristorazione e negozi. (Gli obiettivi erano 35 milioni di fatturato e 1,2 milioni di presenze, ndr). Per via del clima avverso è andato meno bene Aquafun. Meglio invece il parco Le Navi: investimenti e qualità l’hanno reso stabile. Anche gli altri due parchi sono meno influenzati dal brutto tempo”. Obiettivo futuro? Agganciare una nuova fetta di turisti che scelgono la Riviera riminese primariamente per i suoi parchi. “Siamo ancora legati all’economia turistica. Non siamo ancora in grado di far percepire questi parchi come destinazione, come avviene per il nostro Acquario di Genova. Investiremo sulla pubblicità locale e sul ‘software’: organizzazione della visita, qualità del prodotto, offerta chiara e accogliente”. Il punto di forza della rete di parchi romagnoli è la pluralità: “Dalle miniature ai pesci c’è un pubblico simile, ma non esattamente lo stesso. Il futuro prevede l’integrazione tra i parchi a partire dagli itinerari per le scuole: dall’edutainement vivo degli acquari a quello più statico di Italia in miniatura, dove c’è il potenziale di renderlo multimediale e ricorrere alle app”.

La cantieristica cola a picco. Si naviga a vista tra i cantieri delle imbarcazioni. “La costruzione di nuove barche è ferma, sia da diporto che da pesca – ricorda Stefano Carlini dal suo storico cantiere riminese -. Dal 2008 è sparito il 60% della cantieristica italiana. Solo chi aveva posizione consolidate sui mercati esteri è sopravvissuto”. Con manutenzioni rivolte prevalentemente al mercato nazionale è dura andare avanti. “Scontiamo questa crisi. Oggi chi ha un’azienda in difficoltà non pensa alla barca. E anche chi potrebbe permettersela rinuncia per l’incertezza sul domani”. E non solo: “La caccia all’evasore fiscale ha messo paura anche a chi evasore non era. Si è diffusa un’assonanza sbagliata tra proprietario di barca ed evasione fiscale”. Con cosa si campa? Clienti storici e qualità. “Siamo rimasti fedeli al materiale, visto che in Italia sono in pochi a mantenere un certo livello del lavoro. L’ordinaria manutenzione riguarda clienti riminesi, ma per quella straordinaria vengono anche dall’estero. Solo garantendo loro qualità alta si convincono a compiere il viaggio verso Rimini”. L’aiuto per riemergere è atteso dall’economia. “Bisognerà avere la forza di tenere duro ancora qualche anno”.

 

Focus. Import-export navi e pesca

I primi sei mesi del 2014 sono stati ottimi per le esportazioni di prodotti da pesca ed acquacoltura della Provincia di Rimini con 4,9 milioni di fatturato, quasi il triplo del primo semestre di due anni fa. Per quanto riguarda le intere annata, il 2013 ha chiuso con 8,8 milioni di euro di export; il 2012 con 4,2 milioni. Le destinazioni principali sono Francia e Spagna, Regno Unito e Albania. Rimini importa stabilmente ogni anno oltre 20 milioni di euro di prodotti per la metà provenienti dalla Turchia; poi anche da Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Grecia.

Anche per quanto riguarda i pesci, crostacei e molluschi lavorati e conservati le importazioni superano nettamente le esportazioni: 91,8 milioni contro i 17,2 del 2013. Il primo semestre dell’export di quest’anno ha però chiuso con un netto rialzo del 38%. Si vende quasi tutto a greci e spagnoli. Tirando le somme, le esportazioni del settore ittico valgono 26 milioni di euro.

Il clima è più infelice tra navi e imbarcazioni. Il valore in euro dell’export, seppure alto (188 milioni nel 2013) può contare su 100 milioni in meno rispetto a tre anni fa. Primo semestre 2014 “horribilis” con un -25% di fatturato rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Chi compra? Soprattutto Isole Vergini, Stati Uniti e Hong Kong. (Dati Istat Coeweb)