Turismo: si può fare molto di più

L’Italia è in crisi, la disoccupazione aumenta e via con tutto il repertorio delle situazioni difficili, eppure abbiamo delle risorse che stiamo letteralmente sprecando. Una di queste è il turismo, che nonostante la difficile situazione economica continua a  crescere, nel mondo,  al ritmo del 4 per cento  l’anno e nel 2012 il numero dei viaggiatori ha superato, per la prima volta il miliardo, con la prospettiva di arrivare a 1,8 miliardi nel 2030.   Negli ultimi dieci anni la spesa dei turisti per viaggi all’estero è raddoppiata e si prevede che nei prossimi dieci anni aumenti di un ulteriore 50 per cento.

L’Italia ha ancora un ruolo rilevante nel turismo internazionale, ma stenta a tenere il passo della crescita del settore e tende a perdere quota di mercato nei confronti dei suoi tradizionali concorrenti europei, evidenziando una notevole perdita di competitività.

Secondo uno studio recente della Banca d’Italia, Il turismo internazionale in Italia, il nostro paese  raccoglieva nel 1982  il 7,9 per cento delle entrate turistiche mondiali ed era il secondo paese al mondo per quota di mercato. In meno di trent’anni questa cifra si è quasi dimezzata, scendendo al 4,1 per cento nel 2010. Anche Francia e Spagna hanno subito riduzioni, ma meno pronunciate.

L’indice Travel & Tourism Competitiveness Index (TTCI), elaborato dal World Economic Forum (WEF), che misura “i fattori e le politiche che rendono attrattivo lo sviluppo del settore turismo e trasporti in differenti nazioni”, mette l’Italia, nel 2011, nella ventisettesima posizione nel mondo.

Il mercato del Turismo sviluppa in Italia circa 375 milioni di notti. Di queste  il 55 per cento è generato dal mare e dalle città d’arte e  il 44 per cento (165 milioni di notti) è prodotto da turisti internazionali.

I principali punti di debolezza del sistema turistico nazionale, ma anche emiliano-romagnolo, che impediscono di sfruttare a pieno le potenzialità esistenti sono: un prodotto “mare” poco attrattivo per il turismo internazionale, se messo a confronto con alternative meno costose presenti nello stesso bacino del Mediterraneo (nel periodo 2000-2010 il numero di viaggiatori nei Paesi del Bacino Mediterraneo è cresciuto a un tasso superiore all’8 per cento, mentre in Italia registrava una  lieve flessione);  la dimensione troppo ridotta delle strutture ricettive, in particolare degli alberghi, poco adatti ai grandi Tour Operator;  la formazione del personale insufficiente  (secondo i dati Eurostat, nel 2011 la percentuale di laureati sugli occupati nel settore degli alberghi e ristoranti nella fascia di età 15-64 anni era pari al 5 per cento, quando in Spagna è il 18 per cento, in Francia il 15 per cento e la media UE è del 13 per cento);  ritardo nella vendita di servizi mediante internet, essenziali per una larga parte di viaggiatori che preferisce “ritagliarsi” il viaggio sulle proprie necessità, senza l’ausilio di un intermediario; il basso indice di produttività delle strutture ricettive, testimoniato dal ridotto numero medio di notti per letto: in Italia 109, contro le 190 della Francia.

Natura, patrimonio storico-artistico e gastronomia sono invece i punti di maggiore forza del prodotto Italia.

In questo contesto nazionale e regionale, a parità delle caratteristiche degli alberghi, secondo sempre lo studio della Banca d’Italia,  i prezzi dei soggiorni in hotel dell’Emilia-Romagna risultano  minori di quelli di altre regioni italiane (Marche, Liguria e Toscana), ma maggiori se confrontati con quelli di importanti regioni estere concorrenti, quali la Catalogna,  le isole greche o le Canarie.

Ciononostante il contributo del turismo all’economia dell’Italia  continua ad essere importante: 136 miliardi di euro il contributo al prodotto interno lordo (circa il 9 per cento) e 2,2 milioni di occupati (un lavoratore su dieci).  Percentuali, in entrambi i casi, che in Francia, ma soprattutto in Spagna, sono molto più alte.

Questa la situazione odierna, che secondo il Piano strategico denominato “Turismo Italia 2020” elaborato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’ultimo Governo Monti, potrebbe dare molto di più.  L’implementazione del Piano Strategico, secondo le linee e le azioni proposte (61 forse un po’ troppe), potrebbe avere un impatto complessivo stimato in circa € 30 miliardi sul PIL, con la creazione di 500.000 nuovi posti di lavoro, entro il 2020.  Questo è il risultato di uno scenario che prevede il recupero di quote di mercato (da 11% a 13-14% nel nostro bacino di competizione) e un  aumento del valore medio per singolo arrivo.

Tenendo  presente che nel calcolo della spesa media per viaggiatore in arrivo dall’estero, al netto del trasporto, spiccano i turisti del Golfo arabo (circa € 2.500), i Brasiliani (oltre € 2.000) e i Cinesi (quasi € 1.500). Mentre Russi, inglesi e tedeschi si posizionano nella fascia di spesa per viaggiatore di 500-800 €).