Lavoro, ecco la Riviera del nero

di Lucia Renati

Il ‘lavoro ad ogni costo’ apre scenari inimmaginabili. Lo aveva già raccontato Paolo Virzì nel suo film Tutta la vita davantiambientato nel mondo dei call center, ma, come spesso capita, la realtà supera la fantasia (in peggio questa volta). Nel maggio scorso alla Direzione territoriale del lavoro di Rimini sono arrivati 10 ragazzi, la più giovane di 17 anni, il più ‘anziano’ non superava i 22. Erano in gruppo, per farsi coraggio. Perlopiù studenti, italiani. Hanno denunciato la situazione che stavano vivendo sul luogo di lavoro, un call center di Rimini. La titolare li chiudeva a chiave nello stabile. Se riteneva qualcuno particolarmente incapace, non si faceva scrupoli ad offenderlo davanti a tutti o addirittura a licenziarlo seduta stante. I ragazzi, per tre ore al giorno (con contratto a progetto) per 300 euro al mese netti, dovevano cercare di chiudere il maggior numero di contratti possibile con aziende e privati. Contratti di telefonia. Ogni contratto chiuso valeva 5 euro. I più bravi, al ritmo di una telefonata al minuto, arrivavano anche a mille euro al mese. Da contratto, la titolare ‘provava’ i centralinisti per i primi 5 giorni pagandoli 1 euro al giorno, 3 euro, dal sesto al decimo. Il call center è ancora in funzione, nonostante la metà dei dipendenti se ne sia andato. La posizione della titolare è al vaglio della Direzione Territoriale del lavoro.

Al di là di questi casi limite, le storie non mancano. Luca, magazziniere part-time di giorno, pony express la sera per una pizzeria, senza contratto. Maura con il suo stipendio da maestra di sostegno non supera le prime due settimane e così, come dice lei, “aiuta qualche famiglia con i servizi di casa”. Ma c’è anche Lidia, sposata, due figli, il marito in cassaintegrazione, all’occorrenza onicotecnica (si occupa di unghie) e parrucchiera a domicilio per le amiche, che passano parola. Ci sono tante storie, diverse, legate insieme dalla necessità di arrivare a fine mese. Tra la voglia (sacrosanta) di far valere i propri diritti e la necessità (ancora più sacrosanta) di mantenere una famiglia, magari con i figli piccoli, vince la seconda. Oggi bisogna scegliere. Perché il lavoro non c’è, e se c’è, è nero. Quei soldi, pochi maledetti e subito che stanno diventando una via obbligata per tanti. Troppi.

ALCUNI DATI. Nel 2012 un milione di persone sono state licenziate. Tra questi c’è chi si è ritrovato con troppi anni addosso per trovare un nuovo impiego e chi, appena entrato nel mondo del lavoro, vi ha dovuto subito rinunciare. Secondo la ricerca dell’Eurispes Italia in nero, circa tre milioni di persone lavorano senza un contratto, quindi senza giorni di malattia, senza ferie e senza la speranza di una pensione. E non sono solo i giovani pony express a fare il doppio lavoro. Le ‘posizioni plurime’ sono il 31,6% di tutti i lavoratori in nero. Il 55,7% ha unicamente un reddito fuorilegge.
Ci sono circa 40mila aziende registrate alla camera di commercio in Provincia di Rimini. Secondo i dati della Campagna ‘Lavoro Nero’ svolta in Provincia e diffusi in occasione del primo maggio dalla Cgil, scaturiti dalla collaborazione fra INAIL, INPS, Ministero del Lavoro Ispettorato del Lavoro e Guardia di Finanza, in tutto sono 1.232 lavoratori di cui 365 extracomunitari, 20 minori suddivisi tra i settori economici agricoltura, edilizia, pubblici esercizi/turismo, trasporti, altro. Il 51% uomini, il 49% donne. I settori più esposti sono turismo ed edilizia (rispettivamente con 898 e 109 lavoratori in nero).

QUALI CONTROLLI? Il direttore dell’Inps della provincia di Rimini Alessandro Romano, ci spiega che “si effettuano oltre 800 controlli l’anno, e che questi sono mirati. Si va, cioè negli esercizi e nelle strutture in cui viene denunciata una condizione d’illegalità, per cui è normale che il 90% presenti delle irregolarità”. Insomma, non si fanno controlli a vuoto.
Sono le attività legate all’estate che presentano il maggior numero di violazioni
: almeno la metà ricade nel terziario (alberghi, ristoranti, negozi), circa il 30% sono cantieri edili e ditte di ristrutturazione, mentre il restante 20% riguarda attività artigianali o industriali. Dati confermati anche dalla Direzione Territoriale del lavoro di Rimini. Nel 2012 ha ispezionato 1.298 aziende (500 su denuncia, ai quali vanno aggiunti coloro che si sono rivolti ad altri enti, il resto su iniziativa della Dtl), di queste, 5 del settore agricoltura, 44 dell’industria, 397 edilizia, 852 terziario, vale a dire attività ricettive, esercizi commerciali, ristoranti e locali in genere. Qui, sono state controllate 852 attività. In ben 482 sono state riscontrate irregolarità in materia di disciplina del lavoro (retribuzioni dichiarate solo per metà, straordinari non pagati, o pagati fuori busta), di cui 466 per lavoro nero puro.
Inoltrandoci nel dato, risulta che su 3.055 posizioni lavorative verificate, il 30% dei lavoratori sia in nero. Ma nel terziario è il ‘grigio’ ad avere la meglio. Contratti part-time sulla carta che sono, di fatto, full time oppure una ‘chiamata’ che dura tutta la stagione. In ristoranti ed alberghi, l’uso dei contratti atipici o del lavoro a chiamata viaggia sul filo della legalità. “L’uso abnorme di contratti atipici – spiega Massimo Fusini segretario confederale della Cgil –  serve a mascherare la pratica sempre più diffusa di nascondere le irregolarità”. Un andamento confermato anche dai dati del Ministero del Lavoro nel suo Rapporto 2012 sull’attività di vigilanza in materia di lavoro e previdenza. Su poco meno di 250mila aziende ispezionate dal dicastero con l’aiuto di Inps e Inail, circa 300mila lavoratori sono risultati irregolari, di cui un terzo totalmente in nero. E se rispetto all’anno prima i dipendenti invisibili sono calati del 5%, quelli che hanno contratti-farsa sono saliti del 6%. Il Ministero è riuscito a far rientrare nelle casse dello Stato più di un miliardo e mezzo di euro.
“Manca una mappa di rischio –  ci dice il dottor Massimiliano Chieppa direttore del servizio ispettivo del Dipartimento del lavoro di Rimini – ci vorrebbe una banca dati comune tra noi, Inail, Inps e Guardia di Finanza per poter lavorare al meglio e senza rischiare di andare tutti dalle stesse aziende, come è capitato. Per ora, questo lavoro lo stiamo facendo su iniziativa personale in maniera ‘artigianale’.

LE NOVITA’ LEGISLATIVE. La legge Fornero (18 luglio 2012), nel cercare di tutelare i dipendenti, da quest’anno ha istituito l’sms ad un numero verde nazionale al quale il datore di lavoro deve comunicare le giornate lavorative in cui intende usufruire della prestazione del lavoratore. Anche qui la sanzione è salata. Il risultato è che le aziende, per non dover sopperire a questa incombenza, assumono part-time, ma come dicevamo prima, poi pretendono un servizio a tempo a pieno. C’è da dire, ad onor del vero, che molti lavoratori sono conniventi, sempre per il discorso che siamo ad un punto in cui “pur di lavorare va bene tutto”. “E’ impossibile dimostrare la durata della prestazione lavorativa in nero e basandoci sulla documentazione spesso riusciamo a recuperare l’importo evaso relativo solo alla giornata in cui avviene l’ispezione, o a pochi giorni prima – chiarisce Massimiliano Chieppa -.  A meno che sia il dipendente stesso a denunciare il datore di lavoro, dichiarando la data d’inizio del rapporto di lavoro.
Tra tentativi di regolarizzare il sistema, c’è un’altra novità introdotta dalla Fornero per i contratti atipici. Dal 1° giugno i voucher per le prestazioni occasionali hanno durata mensile. Significa che devono essere utilizzati entro 30 giorni (prima duravano di più, oltre 6 mesi). I nuovi carnet sono numerati, datati, e con l’indicazione oraria. Si possono sempre acquistare presso la posta, e valgono per tutte le categorie di lavoro fino a 5.000 euro di retribuzione nell’anno solare.

ZONE GRIGIE. Nel settore dell’edilizia, un tempo fortemente esposto all’irregolarità, con il testo unico del 2008 che prevede la sospensione lavorativa per chi viene ‘beccato’ con lavoratori in nero, il settore si sta via via regolando. La maxisanzione per il lavoro nero in edilizia è un forte deterrente: 1.500 euro di sanzione fissa alla quale bisogna aggiungere 37,50 euro per ogni giornata lavorativa effettuata illecitamente. Dal 1 gennaio 2012 al 31 dicembre, su 410 posizioni verificate (in ditte più che altro individuali o comunque con al massimo due dipendenti), ci sono state solo 36 contestazioni per lavoro nero. Erano state 64 nel 2011 (su 372 posizioni verificate). 15 su 90 nel primo trimestre del 2013.
Ma i problemi restano. “Siamo tornati agli anni 70 – afferma ancora Fusini della CGIL –  quando la contrattazione avveniva faccia a faccia con una stretta di mano, ma purtroppo quella stretta di mano non vale più come una volta. I datori di lavoro giocano al ribasso. Questo, secondo me, sarà l’anno delle vertenze. I lavoratori faranno la stagione ma solo dopo aver finito denunceranno i loro datori di lavoro per averli sfruttati”.
Alle violazioni sul lavoro, corrispondono i contributi evasi. Nel 2012, l’imponibile contributivo evaso è stato di 1milione 446 mila euro di cui un milione 376, praticamente la totalità, nel terziario. Recuperati circa 877 mila euro dalle sanzioni.