Bustarelle: come fanno a passare inosservate?

di Angela De Rubeis

Parola d’ordine semplificazione. Passa dalla bocca del Procuratore Nazionale Antimafia Pietro Grasso a quella del Presidente dell’Agenzia delle Entrate Attilio Befera. Rendere semplici le cose difficili, leggibili gli snodi, meno farraginosi i passaggi di mano, metterebbe in atto quella trasparenza che tutti invocano dalle colonne dei giornali, dalle aule dei legislatori, dai microfoni televisivi.

Sul palco di Soldi Nostri, soldi loro, il convegno organizzato dall’ordine dei Commercialisti di Rimini e dalla Banca Valmarecchia, ci sono passati tutti i nomi più in vista, nel panorama politico e istituzionale italiano. Tutti quelli che potessero dire qualcosa su corruzione ed evasione. Gli specialisti del male.

Ma il fenomeno come si inquadra?

Il 27 ottobre alle 10.30 l’Agenzia Ansa batteva un lancio: “3.700 promoter di supermercati assunti in nero, retribuiti da una società di San Marino con la complicità di un’azienda di Rimini, e pagati fuori busta, senza ritenute alla fonte. A smascherare il raggiro la Guardia di finanza di Ancona, che su mandato della magistratura di Rimini ha sequestrato beni mobili, azioni, quote societarie per 10 mln. Proposto il recupero a tassazione per 36 mln di euro”.

Precisando che questa è una notizia che prendiamo ad esempio, l’ultima, una delle tante (purtroppo), la domanda che sorge spontaneamente al “popolino” è questa: “Questa gente avrà avuto avvocati, commercialisti e consulenti vari…come avranno mai fatto a passare inosservati?”.

Bruno Piccioni, presidente dell’Ordine dei dottori Commercialisti di Rimini, nel gennaio 2012, proprio a questo giornale, dichiarò: “Fatico a pensare che un malavitoso faccia ricorso ad un commercialista del posto. Credo siano persone che fanno grandi affari e che sicuramente avranno i loro, di commercialisti”. In quell’occasione Piccioni veniva chiamato a rispondere su possibili infiltrazioni mafiose nel nord Italia e nella nostra provincia in particolare. I tempi erano diversi. In questi mesi la cronaca locale e non, ci ha aperto le porte degli affari della vicina San Marino e non solo.

SIAMO TUTTI CORRUTTIBILI?

La corruzione è per definizione il sottobanco. È iconograficamente la mazzetta che passa da una mano all’altra: da chi chiede un favore, a chi è in grado, per il potere che la sua carica gli riconosce, di poterlo concedere. È un “semplice” dare e avere che si consuma nel pieno dell’illecito. Ma la mano di chi prende deve essere, per definizione, mano che può fare qualcosa. Ecco che entrano in gioco loro: i colletti grigi. Ma è tutto molto vago. Siamo tutti corruttibili? Quando è corruzione, quando semplice “favore”, quale in confine?

È stato Giovanni Castaldi, direttore dell’Unità d’informazione finanziaria (UIF), intervenuto anche lui a Rimini a incorniciare la definizione del fenomeno: “Corruzione ed evasione fiscale, pur nella diversità che li caratterizza, hanno in comune il frequente coinvolgimento di cittadini insospettabili, spesso pienamente integrati nella comunità e nelle istituzioni” ha spiegato. “Entrambi questi reati – ha aggiunto – producono effetti distorsivi sull’economia: ostacolano il corretto funzionamento del mercato, frenano la crescita economica, depauperano le finanze pubbliche. Quando la corruzione assume carattere endemico e pervasivo, essa può addirittura falsare la rappresentanza democratica e compromettere la stabilità governativa. Recenti avvenimenti testimoniano che talvolta lo stesso legislatore, omettendo di prevedere precisi vincoli di destinazione e rigorosi obblighi di rendiconto all’attività di spesa, crea i presupposti per favorire l’illecita dissipazione del pubblico denaro. Del tutto inefficaci risultano, in tali casi, anche i sistemi di controllo sociale. I reati corruttivi e fiscali sono in stretto rapporto col riciclaggio”.

PROFESSIONISTI TRA RESPONSABILITà E NORME

Il punto del convegno era preciso: qual è la responsabilità dei professionisti? In che modo essi possono intervenire in caso di operazioni sospette? Sino a che punto si può parlare di conflitto d’interessi?

Lo stesso Bruno Piccioni nel parlare dei dottori commercialisti dice una cosa: “Credo che i fatti che leggiamo sui giornali ci abbiano fatto prendere coscienza della situazione. Io sono convinto che la legge anticorruzione sia fondamentale. Ma noi commercialisti come ci sentiamo? Ci sentiamo al centro del processo economico e rivendichiamo di aver dato sempre un contributo importante sia nei momenti di espansione economica e anche in questi periodi di crisi. Siamo di fianco ai cittadini, alle imprese, agli enti, ma riconosciamo i meriti di chi combatte l’evasione. Quando si parla di fisco bisogna avere il coraggio di parlare a 360 gradi. È vero che l’evasione non è tollerabile però è importante dire che noi abbiamo una pressione fiscale che frena la nostra economia, perché è per oltre il 20% superiore alla media europea”.

Senza giustificare nessuna mala pratica, sottolinea Piccioni ma restituendo un dato di fatto. E rispetto all’operato dei commercialisti, aggiunge: “Noi professionisti riteniamo che la normativa anti riciclaggio che dobbiamo applicare per i nostri studi sia molto complessa. Sia chiaro, io non dico che non la vogliamo. Ci vuole ma deve essere semplificata. Questo chiede il nostro consiglio nazionale e questo chiedono i nostri iscritti. Noi non vogliamo che venga abolita ma semplificata, perché  abbiamo molti problemi ad applicarla, sia negli studi grandi sia negli studi piccoli”.

Legge a parte, dove guardare per individuare i casi sospetti? Cosa deve far drizzare le antenne ai professionisti?

A fare chiarezza è ancora Giovanni Castaldi, che fa una sorta di bignami del sospetto: “Tra gli indicatori di anomalia destinati agli intermediari che possono essere rivelatori anche di irregolarità fiscali, si richiamano, in particolare, le ipotesi di: aziende sistematicamente in perdita;  operazioni in contropartita con società di recente costituzione e con oggetto sociale generico; intensa  operatività con l’estero su rapporti intestati a società partecipate da soggetti insediati in paesi non  cooperativi; utilizzo di conti intestati a imprese o enti da parte di soci, amministratori o dipendenti e,  viceversa, utilizzo di conti intestati a persone fisiche per operazioni nell’interesse di imprese o di enti;  ripetuti pagamenti verso l’estero effettuati da imprese che si presumono operanti nel commercio internazionale; operazioni di finanziamento commerciale internazionale, in cui la lettera di credito appare incoerente per l’importo o la tipologia di beni o servizi forniti; cessioni di crediti, specie infragruppo, prive di rapporto commerciale o finanziario sottostante.

Tra gli indicatori per i professionisti potrebbero ricondursi a irregolarità fiscali la costituzione e l’amministrazione d’imprese, società, trust ed enti analoghi nonché le anomalie nelle operazioni  contabili e finanziarie (es. esecuzione di successive operazioni di apertura e chiusura di conti, utilizzo  di conti da parte di terzi per l’impiego di disponibilità personali del cliente)”.

Problemi, problemi, problemi!

A sollevarli, anche se su un altro fronte è stata la presidente del Tribunale di Rimini, Rossella Talia che ha dichiarato: “Noi stiamo cogliendo un cambiamento. Sono aumentati i casi di criminalità organizzata. La risposta del tribunale è soprattutto di prevenzione. Ma non dobbiamo fermarci! Una cosa però è importante: che le indagini finiscano con le sentenze e non con le prescrizioni. Ma questo obiettivo deve fare i conti con le risorse. Non è una novità che il tribunale di Rimini è molto sottodimensionato… i miracoli non riusciamo a farli. C’è grande sofferenza soprattutto nel penale. Saremo costretti, in futuro, a fare delle scelte per orientare le risorse”.