Piccole imprese, “l’unione fa la forza”

Intervista del prof. Giacomo Vaciago  di Alessandra Leardini

Rimini è una realtà di piccole imprese che, secondo diversi studi, sono le uniche a creare posti di lavoro. In realtà, per la maggioranza delle imprese riminesi le piccole dimensioni sono anche un limite: lo si vede nel rapporto con i mercati esteri dove questa provincia è all’ultimo posto in regione per esportazioni. Le piccole imprese devono crescere, anche dimensionalmente, o attrezzarsi meglio investendo di più in ricerca, innovazione e risorse umane?

“Sono contemporaneamente veri tre aspetti: per prima cosa, che il mondo occidentale è in declino perché la crescita dei Paesi emergenti in parte si aggiunge, ma in parte sostituisce la nostra; in secondo luogo che la periferia dell’Eurozona è in declino perché non ha fatto le riforme che si dovevano fare per avere i benefici netti dell’Euro; infine, che siamo in recessione da 8 mesi e lo saremo ancora per almeno altri 8 mesi. In sostanza, in questo momento stiamo soffrendo molto perché sono presenti tre problemi distinti e serve avere le idee chiare sui loro rimedi. Consiglio ad un territorio così piccolo e aperto come quello di Rimini, di concentrarsi sul primo problema, lasciando gli altri due a più ampi livelli di governo (Bruxelles, Francoforte, Roma).

In un mondo globale, fatto di 7 miliardi di persone, che futuro hanno le piccole imprese di Rimini?  

“Molte di loro possono esistere e crescere solo se ben inserite in filiere più grandi (Distretti virtuali, composti di imprese che sono in rete, ma non sempre fisicamente vicine). Mai come oggi è tornato vero che l’unione fa la forza, e i modelli da seguire sono tanti: dalle joint ventures ai consorzi, dalle fusioni agli accordi di cooperazione. Lo slogan è del tipo: uniti possiamo vincere.  Ma c’e’ anche molto da fare per garantire che il territorio sia ‘attraente’: l’efficienza e la qualità di tutto ciò che è pubblico, e quindi ci accomuna, è essenziale. Soprattutto per una realtà di piccole imprese che dipendono molto dall’efficienza di ciò che le circonda”.

Nella crisi il turismo è uno dei pochi settori in crescita (+4,4% negli arrivi internazionali nel 2011). Rimini, con i suoi 3 milioni di arrivi e 15 milioni di presenze sta tenendo, ma rimane con i suoi numeri. Cosa dovrebbe fare per agganciare la crescita del turismo internazionale, soprattutto quello proveniente dai Paesi emergenti?

“L’immagine di Rimini è ancora  quella tradizionale, di un turismo familiare non troppo costoso. Ma chi viene da lontano e ha dell’Italia un’immagine più alta in termini di qualità artistica e culturale può desiderare di unire al mare di Rimini anche visite all’eccellenza di posti come Firenze, Roma, Venezia. Se già non viene fatto, è un’idea da approfondire e testare in giro per il mondo : Rimini come porta d’ingresso nella qualità italiana”.

E’ in discussione, nel Piano strategico del Comune di Rimini, la creazione in questa città di un Incubatore di stat-up specializzate in prodotti e servizi turistici altamente innovativi, e soprattutto orientati ad un mercato turistico globale. Le sembra un’ipotesi percorribile? Ha qualche suggerimento da dare?

“Anche per il turismo come più in generale per le piccole imprese del manifatturiero, il problema prioritario resta quello non tanto di favorire la nascita, ma la crescita. Cioè la maggior dimensione che ti consente di operare sui mercati globali. Se questa è, come penso, la vostra priorità, un eventuale incubatore di idee e quindi di servizi è di questo che si deve occupare. Ma vorrei essere sicuro che l’obiettivo sia condiviso dal 30% almeno degli interessati, per evitare di creare il solito servizio pubblico di cui – col senno di poi, perchè e’ sempre così – si poteva ben fare a meno”.