Valmarecchia: escursionismo non è turismo

di Giancarlo DallAra, esperto di marketing turistico

Tutti sappiamo che la Valmarecchia ha delle evidenti potenzialità  dal punto di vista turistico, che però hanno avuto modo di esprimersi  solo in minima parte. Qui a Santarcangelo non c’è male, anzi sono state fatte cose molto significative e rilevanti, ma più si sale e meno turismo c’è.  O meglio: la Valmarecchia si caratterizza per un aspetto particolare che è quello dell’escursionismo. Ma l’escursionismo è non Turismo nel senso pieno dell’espressione. Gli escursionisti sono quelle persone che vanno in un luogo, si fermano qualche ora, non restano a dormire,  e di norma  se in un territorio c’è solo escursionismo non si crea una vera e propria industria turistica.  Si crea poca occupazione, la stagionalità è assolutamente incerta. L’escursionismo, senza entrare nello specifico di nessun comune, può costare  più di quello che rende. Mettere in piedi degli eventi ha costi, spesso,  proibitivi.  E’ pur vero che a volte, con eventi costosi, per quanto effimeri, si riescono ad attrarre anche grandi numeri e sponsor privati importanti.  Ma escluso pochi casi, i costi superano i ricavi, senza  considerare gli impatti ambientali.  Perché quando concentriamo migliaia di persone, in pochi giorni, magari in piccoli paesi, o in contesti naturali di pregio, l’impatto ambientale è fortissimo. Infine c’è l’impatto sociale,  che non sempre viene preso in considerazione. Quando voi andate in un centro storico, pensate a Firenze, Venezia o a un piccolo borgo, non trovate più l’identità del luogo, trovate i negozi monomarca che trovereste dappertutto, le pizzerie al taglio, i fast food ecc. ecc.

Ciò detto, l’escursionismo è importante, ma non sufficiente. Per sviluppare il turismo stanziale, cioè trattenere le persone almeno per una notte, ma anche di più, con la possibilità di generare un indotto maggiore e una filiera di nuove imprese che producono lavoro, come si potrebbe procedere ?  

In genere cosa fa una località turistica ?  Entra nel mercato e comincia a fare promozione (marketing, comunicazione, ecc.). Cose importanti ma che negli anni funzionano sempre di meno. Esempio: un’attività di promozione classica nel nostro settore é quella di partecipare a borse (turistiche), fiere, workshop, ecc.   In Italia ci sono decine di borse e fiere turistiche, alcune delle quali specializzate,  come quella del turismo sportivo, archeologico, ecc.  Il ragionamento che si fa è più o meno il seguente: vado ad una borsa e faccio promozione. Però facciamo un ragionamento di buon senso: se vado alla borsa di Milano (Bit) trovo tutti i miei concorrenti. Anzi quello è il momento di massima pressione della concorrenza. E’ proprio il luogo migliore dove fare promozione? Spesso si spendono cifre importanti, per partecipare a queste borse, ma la resa è modestissima.  Ovviamente ci sono eccezioni,  alcune fiere funzionano benissimo, magari vi portate a casa qualche contatto importante che poi si trasformerà in contratto…. ma nella maggior parte dei casi i risultati sono modesti.

Oggi senza stare su internet, con i contenuti generati dagli stessi utenti, come è il caso di Tripadvisor,  uno  dei portali più importanti con 50 milioni di visitatori, è difficile avere grandi risultati.  Costruire siti smaccatamente pubblicitari non serve. 

Ma – internet a parte – la vera chiave di volta è quella di lavorare sull’accoglienza. Fare il marketing dell’accoglienza, che non è solo dire “buon giorno” e “buona sera”,  o sorridere, ma imparare  a costruire relazioni con gli ospiti. Non “contatti” con gli ospiti, cosa che immagino sappiamo fare tutti, ma relazioni, che sono qualcosa di più profondo, come avviene tra amici. Se si gestiscono bene le relazioni, dopo si potrà gestire il ricordo, che è la chiave per generare fedeltà e soprattutto sviluppare quei canali, che da sempre portano turisti,  che sono la fedeltà e il passa parola. Un buon ricordo è la molla del passa parola. Questo valeva tanti anni fa, oggi con i social network  il passaparola è ancora più efficace.

La Valmarecchia, quindi,  ha sicuramente delle potenzialità. Ma queste potenzialità dovrebbero diventare dei prodotti. E non basta avere delle risorse (naturali, ecc.), perché queste al massimo producono escursionismo. Per generare turismo bisogna trasformare le risorse in prodotti.  Poi va bene fare la comunicazione tradizionale (che pure ci vuole),  ma non basta. Il depliant ci vuole, ma chi porta veramente le persone sono le persone che accolgono. E qui un ruolo chiave non ce l’hanno solo gli albergatori, ma anche i commercianti, che devono essere originali e non standard. Lo stesso si può dire per i bar, che non devono essere uguali a quelli degli autogrill o degli aeroporti, perché così diventano tutti delle repliche facilmente sostituibili. I negozi e le botteghe devono continuare ad essere luoghi di conversazione. Ed anche i residenti hanno un ruolo, perché la maggior parte dei turisti è come voi, che non amate, quando andate in vacanza, le cose fatte apposta per turisti. Voi volete essere trattati da persone e chiedete cose vere, relazioni vere.  Allora se i turisti non amano le cose fatte a posta per  turisti, non amano i menù per turisti, non amano i gadget per turisti, e vogliono un po’ di autenticità, la cosa che dobbiamo imparare a dare loro è il nostro stile di vita.

Molti albergatori  preparano ancora i pacchetti turistici come si faceva negli anni settanta: sette giorni di pensione completa, escursione a San Marino e cena in locale tipico, che tipico non è.  Ma così il turista non è contento, perché non si parte dalla Germania per una pensione completa. E’ più probabile che si voglia venire in Romagna, per una esperienza autentica, per assaggiare la piadina,  andare in una piazzetta di un centro storico e stare seduto all’aperto, e prendersi un buon caffè,  magari allungato. Una esperienza che nella maggior parte delle città tedesche  si fa fatica a fare.

Concludo indicando quello che è l’errore da evitare, cioè l’assemblaggio di  proposte deboli, perché non sempre accade che mettendole insieme diventino forti.  Prendete l’esempio delle strade del vino. In Italia ci sono circa 140 strade del vino e la maggior parte (non tutte) non funziona. Perché non funzionano? Non funzionano perché non sono delle reti. Una rete non è l’assemblaggio di cose preesistenti, magari deboli, con l’aggiunta di un po’ di segnaletica e un depliant. Se un turista non veniva prima, perché dovrebbe venire adesso?  Solo perché c’è un marchietto con la scritta “strada del vino”?  Non funziona. Una rete è tale se crea un prodotto nuovo, dove pubblico e privato si mettono insieme, condividono un progetto, lo realizzano e ciascuno fa la sua parte. E se si individuano dei requisiti, e tutti devono rispettarli. Infine ci vuole una regia comune, per generare un prodotto che prima non c’era e per commercializzarlo.