Risparmiare in tempi di crisi: a Rimini le ‘formichine’ d’Italia.

di Mauro Bianchi

Una città dalle mille contraddizioni Rimini: più famiglie in difficoltà, ma anche più depositi nelle banche. Dopo aver fatto luce sull’andamento del credito nel numero di gennaio di Tre,  abbiamo letto i dati sui depositi bancari in provincia di Rimini, messi a disposizione dalla Banca d’Italia. E spuntano le sorprese.

I numeri prendono in considerazione la raccolta effettuata dalle banche sotto forma di: depositi (con durata prestabilita, a vista, overnight e rimborsabili con preavviso), i buoni fruttiferi, i certificati di deposito, i conti correnti e pronti contro termine passivi. A partire da dicembre 2008 l’aggregato comprende anche gli assegni circolari.

L’Istituto suddivide i depositi tra quelli provenienti dalle famiglie consumatrici e dalle imprese, noi abbiamo considerato la raccolta globale, anche se in alcuni casi focalizziamo il dato delle sole famiglie. I dati si riferiscono al periodo tra il 2007 e il 2010 (quest’ultimo solo fino ottobre), i 4 anni a partire dalla crisi finanziaria, un periodo di osservazione pertanto estremamente interessante.

Nel 2007 il valore globale in euro depositato nelle Banche riminesi era di 4,3 miliardi, con una crescita pressoché ininterrotta fino al 2010, dove i depositi ammontano a circa sei miliardi. Osserviamo che la Provincia di Rimini rappresenta tra il 5,8% nel 2007 e circa il 7% nel 2010 dei depositi complessivi regionali.

 Nel 2007, all’inizio della crisi economico finanziaria globale, i depositi per abitante in provincia di Rimini erano pari a 13.379 euro contro i 21.491 di Bologna, i 21.277 di Reggio Emilia e i 18.813 di Forlì-Cesena (rispettivamente 8a, 1a , 2a e 3a nella classifica tra province).

L’anno 2010 vede crescere i depositi procapite a Rimini fino  a 17.768 euro, contro i 19.059 della media regionale. In quest’ultimo anno i riminesi salgono al 6° posto nella classifica tra province.

 Un dato apparentemente sorprendente emerge dall’esame del trend di crescita dei depositi: il picco massimo si rileva nel 2009 sul 2008 con un + 19,3%.

Potremmo dire che le formiche abitano in Emilia Romagna. Nell’Italia che risponde all’incertezza dell’economia convogliando i risparmi nei depositi bancari si mette in luce la provincia di Rimini. E’ qui che a fine 2009 si registra il maggior ricorso a questo strumento.

 Depositi: le famiglie riminesi ai primi posti in Italia

 Secondo l’ultima mappa territoriale del risparmio in Italia stilata dal Sole 24 Ore, nel caso delle  famiglie le consistenze in provincia  sono aumentate addirittura del 23,1% a fronte di una crescita dei depositi bancari degli italiani del 6,9%. Nei primi dieci posti della classifica nazionale altre quattro province emiliane-romagnole. Roma si piazza 20esima e Milano 31esima. 

Analizzando solo il 2010, a Rimini i depositi sono cresciuti da gennaio ad ottobre del 3,7% mentre in Italia sono calati dello 0,9.

 Perché la corsa ai depositi proprio nel 2009 ?

 Come abbiamo già suggerito nei numeri precedenti di TRE, i dati ci indicano che i depositi, dopo il crac della banca americana Lehman Brothers e la diffusione mondiale della crisi finanziaria, hanno iniziato ad aumentare indicando un allontanamento dei risparmiatori dal mercato finanziario e dal risparmio gestito verso la liquidità.

Tale fenomeno raggiunge un picco proprio in corrispondenza della fine del 2009 per poi ricominciare a ridursi forse per una ripresa di fiducia da parte dei risparmiatori verso il risparmio amministrato-gestito (MIFID, ecc.).

Rimini è in linea con il resto della regione e dell’Italia:  depositi pro-capite, anno 2010, 17,7 mila euro per Rimini, 24,3 mila a Bologna e 19,0 mila come media regionale.

BOX

 Italia: al 10% delle famiglie il 45% della ricchezza 

 Alla fine del 2009 la ricchezza netta (case, terreni, risparmi, ecc.)  per famiglia era stimabile in circa 350 mila euro.  La distribuzione della ricchezza è caratterizzata da un elevato grado di concentrazione: molte famiglie detengono livelli modesti o nulli di ricchezza; all’opposto, poche famiglie dispongono di una ricchezza elevata. Le informazioni sulla distribuzione della ricchezza, desunte dall’indagine campionaria della Banca d’Italia sui bilanci delle famiglie italiane, indicano che alla fine del 2008 la metà più povera delle famiglie italiane deteneva il 10 per cento della ricchezza totale, mentre il 10 per cento più ricco deteneva quasi il 45 per cento della ricchezza complessiva.