Andiamo meglio, ma non troppo. Sul bilancio economico d’inizio 2017

Leggo, nell’intervista  su Il Ponte (del 25 giugno 2017) di Alessandra  Leardini  a Rino Mini, patron della Galvanina, che praticamente lavora solo con l’estero, che “avrebbe potuto creare un centinaio di nuovi posti di  lavoro”, ma non ha più spazio  per crescere e da sedici anni è in attesa dei permessi necessari dal Comune di Rimini.  Per questo ha dovuto portare le produzione da altre parti.

Poi partecipo, nello stesso giorno, alla presentazione dell’Osservatorio congiunturale della Camera di Commercio della Romagna sull’andamento del primo quadrimestre 2017  in provincia di Rimini per scoprire che, rimanendo sempre in tema di lavoro, nel 2016 gli avviamenti registrati presso il Centro per l’impiego (CPI)  sono diminuiti del 5,7 per cento, e che addirittura,  in questa prima parte dell’anno in corso,  la Cassa integrazione straordinaria  è risalita del  117 per cento, facendo registrare alla CIG totale un balzo all’insù del 32,6 per cento, rispetto allo stesso periodo 2016.

Ciliegina sulla torta:  nel 2016 la provincia di Bologna, terza nella classifica nazionale,  ha prodotto un valore aggiunto per abitante  di 35 mila euro, mentre  Rimini si è fermata sotto 26 mila euro, un quarto in meno, posizionandosi al 36° posto in Italia.   Più in basso, per restare in Emilia Romagna, c’è solo Ferrara (23,5 mila euro).

E’ evidente, se questi sono gli esiti, che nell’economia di questo territorio  qualcosa non sta funzionando.  Il lavoro non rientra quasi mai nei programmi  elettorali di nessuna amministrazione locale quindi, verrebbe da dire,  non c’è da sorprendersi.   Ma come tutti sanno, il lavoro  è troppo importante  per lasciarlo in secondo piano.

Questo è il fatidico bicchiere mezzo vuoto, anche se pesante, ma giustamente vanno  messi in evidenza anche  i segnali, sempre relativi al primo quadrimestre  2017,  che indicano un inizio di ripresa tipo:  un aumento della produzione e del fatturato, anche se inferiore ai valori regionali, escluso le costruzioni che continuano col segno negativo, l’aumento del 10 per cento delle esportazioni, questa volta  più del  corrispondente dato regionale, ma  in rapporto al valore aggiunto l’export netto (export-import)  di Rimini è  quattro punti sotto  (14 per cento, a fronte del 18 per cento)  e il grado di apertura  della sua economia è pari alla metà  di quello dell’Emilia Romagna (34 contro 67 per cento).

Il turismo è andato bene in questa prima parte dell’anno, con un aumento a due cifre tanto degli arrivi quanto delle presenze, ma già a giugno gli albergatori si sono lamentati per le camere vuote.  Come sempre è meglio attendere la fine dell’anno, ricordando che i pernottamenti dell’Emilia Romagna e di Rimini sono fermi all’anno Duemila.

Le previsioni, a Rimini,  per il 2017 parlano di un più 1,1 per cento del pil,  solo un decimale meno di  quello regionale. Incoraggiante, ma comunque insufficiente a creare nuova ricchezza e tanti nuovi posti di lavoro.