Turismo: mettiamoci d’accordo sui numeri

Non è raro, presi dalla calura estiva (quest’anno in modo particolare), leggere batterie di dati sul turismo, emessi da istituzioni pubbliche regionali ufficiali,  non sempre concordanti.  Col seguito di qualche sindaco o assessore al ramo, che senza verificare la fonte e la metodologia è sempre lesto a rilasciare dichiarazioni che la stampa in genere raccoglie, anche lei senza fare troppe verifiche,  salvo scoprire, magari a fine anno, quando nessuno se lo ricorda, che quei numeri sono molto diversi da quelli ufficialmente accreditati e riconosciuti.

Capita di cadere in questi equivoci  anche alla neonata Destinazione Turistica Romagna che nella premessa al Programma delle attività 2018 scrive: “ Nel 2016  prosegue la crescita del turismo in Emilia-Romagna: l’osservatorio turistico dell’Emilia Romagna nato in collaborazione con le Camere di Commercio ha rilevato oltre 48 milioni di presenze da gennaio a dicembre (+2,1%), arrivi in crescita del 2,4%”.

E’ vero. Il citato Osservatorio riporta questi numeri. Ma c’è un problema: questi dati sul movimento turistico regionale non sono validati e riconosciuti da nessuno. Né dall’ Istat, e neppure da Eurostat, l’istituto statistico dell’Unione Europea.  Ciò li rende di fatto inutilizzabili per qualsiasi confronto, nazionale e internazionale.  Infatti cosa riporta la sezione statistica del sito ufficiale della Regione Emilia Romagna alla voce turismo ?  Che alla fine del 2016 i pernottamenti in regione sono stati  37,2 milioni, cioè più di 10 milioni in meno di quelli stimati dall’Osservatorio Unioncamere regionale.

Come è possibile che due Enti, geograficamente così vicini, possano  arrivare a conteggi tanto  distanti ?  Semplice. Utilizzano  metodologie differenti: la Regione, seguendo le istruzioni Istat, che a sua volta applica quelle Eurostat, conta le notti passate dai turisti nelle strutture ricettive registrate,  e che queste sono obbligate a dichiarare anche per ragioni di sicurezza, mentre l’Osservatorio Unioncamere, nel tentativo di stimare anche il “turismo invisibile”, cioè quello nascosto che sfugge alle rilevazioni ufficiali, ricalcola i dati Istat applicando un coefficiente  di rivalutazione, che varia da regione a regione e  secondo la provenienza nazionale o internazionale dei turisti.

La differenza è quella che abbiamo visto per l’Emilia Romagna.   Ora nessuno discute la necessità di affinare metodi di calcolo (basta citare il caso Airbnb, con milioni di presenze che sfuggono non solo alla tassa di soggiorno, ma a qualsiasi statistica, in Italia e all’estero), ma questo è qualcosa che deve avvenire  a livello di istituti centrali di statistica  di tutta Europa, altrimenti, come capita ora, i dati prodotti sono inutilizzabili  e generano non poca confusione.  Anche, come si è visto, nei documenti ufficiali.  La Regione Emilia Romagna, che come tutte le Regioni ha le deleghe per il turismo, dovrebbe fare chiarezza ed evitare l’uso e la circolazione di numeri  ufficialmente non riconosciuti. Non per penalizzare qualcuno, che resta libero di diffonderli,  ma per non fare e non indurre in confusione. Che a volte può portare anche a scelte sbagliate.