A fronte di una occupazione che negli ultimi anni ha perso qualche migliaio di lavoratori e lavoratrici, è quasi inevitabile attendersi un aumento della disoccupazione. L’Italia non si è ancora munita di un sostegno universale unico per chi resta senza lavoro, ma in compenso ha una storia frastagliata di indennità.
In origine era l’indennità di disoccupazione, poi è diventata Assicurazione sociale per l’impiego (Aspi), quindi Nuova assicurazione sociale per l’impiego (Naspi), che ha allineato la durata delle prestazioni all’anzianità contributiva del lavoratore (esempio: 3 mesi di disoccupazione per ogni 6 mesi di lavoro regolare).
Per gli stagionali, dall’indennità con requisiti ridottisi si è passati alla Mini Aspi, per approdare ultimamente alla Naspi.
Indipendentemente dal nome è però un fatto che i beneficiari di una qualche indennità di disoccupazione sono saliti, in provincia di Rimini, da 18 mila circa del 2010 a quasi 26 mila nel 2015, con un aumento del 44 per cento. Divisi in classi d’età, un quarto dei beneficiari ha meno di trent’anni, un quarto tra trenta e quaranta, un successivo quarto tra quaranta e cinquanta, per finire con l’ultimo quarto dove tutti superano i cinquant’anni. Come si vede, una distribuzione tra tutte le classi d’età che rappresenta un segnale inequivocabile di una malessere diffuso.