Imprese eccellenti: per la Petroltecnica la Cina è più vicina

Per cominciare partiamo da qualche numero che serve a dare un’idea delle grandezze: la Cina è popolata da 1,4 miliardi di persone (in Italia, per fare un confronto, siamo 60 milioni) ed ha un pil pro capite, a parità di potere d’acquisto (cioè considerando cosa si può comprare con la moneta nazionale), di 9 mila euro circa, quando quello dell’Italia raggiunge 33 mila euro.  Grandi numeri, quindi, ma resta ancora lungo il cammino da percorrere prima che tutti i cinesi possano godere dello stesso livello di reddito e di benessere di un europeo.

Questo è un po’, riassunto, il ragionamento sviluppato dalla ditta Petroltecnica di Coriano, che si occupa della bonifica di siti contaminati da petrolio, quando ha deciso, qualche anno fa, anche in risposta alla crisi che in qualche modo l’ha coinvolta, di aprirsi a nuovi mercati esteri.  Ne parliamo con Raffaele De Leonardis, nuovo Amministratore Delegato, accompagnato da Roberta Sapio, incaricata delle Relazioni esterne. “Si è così, prosegue l’AD, cinque-sei anni fa, quando la crisi cominciava a farsi sentire, la Petroltecnica si è resa conto che il mercato nazionale cominciava a diventare troppo stretto. Così si è guardata intorno, ed escluso i paesi troppo  o  troppo poco sviluppati, ovviamente per ragioni opposte,  si è deciso di puntare su quelli con un buon tasso di crescita e che stessero contemporaneamente maturando una discreta sensibilità per la difesa dell’ambiente. Con questo criterio-filtro sono stati selezionati un gruppo di paesi  su cui puntare tra cui: Turchia, Corea del Sud, Taiwan,  Cina, Thailandia  e altri.  Non  escludiamo a priori altre opportunità che si dovessero presentare, da qualsiasi parte, ma  l’azione estera dell’Azienda si concentrerà, per i prossimi anni, su questo gruppo di paesi. In Turchia abbiamo già una joint venture (un accordo di collaborazione con una ditta locale) e siamo appena entrati in Cina, firmando un contratto, per il momento della durata di un anno, con il gruppo Jinzhou Qingdaofu Environment Engineering Company (QDF) per la progettazione di un impianto di trattamento e recupero di fanghi derivanti dalla estrazione e lavorazione di petrolio, nella regione di Liaoming, ai confini con la Corea del Nord ”.

Siccome non sarebbe saggio, né economico, proporsi mete irrealistiche, Petroltecnica quando ha preso le sue decisioni lo ha fatto potendo contare su alcuni  fattori competitivi chiave, come ci spiega De Leonardis:  “la dimensione, 240 addetti (300 considerando tutto il Gruppo) e un fatturato di circa 40 milioni di euro; le tecnologie e i brevetti che negli anni è risuscita mettere in campo, orientate soprattutto alla salvaguardia della salute degli operatori (per esempio, con un piccolo robottino motorizzato denominato camaleonte,  riusciamo  ad entrare all’interno dei serbatoi interrati  per pulirli , eseguire rilievi di spessore e sabbiature senza  far scendere le persone), e che gli hanno fatto guadagnare un ruolo leader in Italia;  l’offerta di servizi integrati (dalla progettazione degli impianti alla gestione); la capacità, dimostrata in oltre mezzo secolo di storia (è nata nel 1950), di saper realizzare  e gestire impianti complessi”.

I primi contatti, dove ha avuto inizio l’avventura cinese, sono avvenuti  nell’ambito di Ecomondo 2013. Perché bisogna sapere che la Fiera è una esposizione, ma dietro esiste tutto un lavoro di contatti tra imprese che domandano e offrono, promossi dalla Fiera stessa, che in questo fa da facilitatore  e forse costituisce il cuore dell’evento stesso.

Ci sono voluti due anni (l’accordo è stato siglato l’ottobre scorso)  di trattative, vincendo la concorrenza di competitori americani, con due visite presso l’Azienda (a proposito, gli ospiti cinesi sono rimasti affascinati dalla Casa del chirurgo, perché a Rimini non se l’aspettavano…), che sono serviti anche per conoscersi, dove oltre all’ostacolo linguistico, scontato,  si sono misurate due concezioni diverse del tempo in una ricerca di collaborazione.  Scoprendo, per esempio, che quello che per noi, in genere, è un pregio, come arrivare ad un accordo nel minore tempo possibile, per un cinese può diventare  un ostacolo, perché per la loro cultura  una trattativa che dura poco vuol dire che non è condotta bene, è approssimativa.

Ovviamente non c’è solo questo. C’è voluto il consenso del Ministero dell’Ambiente cinese, la garanzia cioè che il muovo impianto fosse in linea con le nuove leggi antinquinamento emanate, e una buona conoscenza della contrattualistica di quel paese. Tutte cose che non si improvvisano e richiedono relazioni e competenza.

Cose che da soli, prosegue l’AD “difficilmente saremmo riusciti a fare. Così è stato di vitale importanza il supporto di una società di consulenza di Milano, con sede a Pechino, che vanta buone relazioni sia con il Ministero dell’Ambiente cinese, che con la nostra Ambasciata.  Per noi questo primo impianto, che in parte è un riadattamento di uno esistente, è una prova e una sorta di prototipo.  Perché se tutto va bene, come ci auguriamo, c’è la concreta possibilità di replicarlo in almeno altri dieci siti. Allora l’impegno diventa veramente rilevante e a quel punto non escludiamo la possibilità di aprire una sede, come Petroltecnica, proprio in Cina”.

Dopo qualche preoccupazione, anche tra i lavoratori, che la crisi aveva generato, oggi il clima che si respira è di aperto ottimismo, tanto che per il 2016 si parla di un aumento di fatturato superiore al trenta per cento.  Quindi di nuove assunzioni:  nell’immediato servirebbe,  per la Turchia, un General manager e un Project senior, figure apicali che sul mercato del lavoro locale sono difficili da trovare.  In prospettiva, non troppo lontana, serviranno invece geologi, ingegneri meccanici, ambientali e civili, geometri, periti industriali e business analyst.  In tutto, si parla di 20-25 nuove assunzioni.  Con due condizioni, precisa Roberta Sapio: “conoscenza minima dell’inglese ed un po’ di esperienza lavorativa fatta sul campo, preferentemente fuori Rimini, meglio se all’estero”.

Scuole di formazione e futuri candidati prendano nota. Alle  imprese che si internazionalizzano, le più dinamiche e che pagano anche meglio, non basta la formazione fatta in classe, ci vuole un minimo di competenza pratica e buone conoscenze linguistiche. Altrimenti, semplicemente, non si è competitivi.  Ovviamente, di imprese di questo tipo ne avremmo bisogno sempre di più.