Anaunia: pareti manovrabili

Cominciamo da Anaunia, che non essendo il nome o cognome di nessuno, molti si chiederanno da dove viene e cosa voglia dire. Insomma, Anaunia incuriosisce e già questo è un piccolo successo.  L’ing. Enzo Pezzi, il titolare, che molto amabilmente ci riceve nella sede dell’impresa a Villa Verucchio, ci spiega l’origine tirando fuori un librone, cui tiene molto, e trovando addirittura un collegamento storico con Rimini.  Perché lui è un trentino, che ha iniziato la sua attività a Bolzano, ma Rimini è un po’ più a sud.  Allora sveliamo l’arcano e diciamo subito che Anaunia è il nome antico della Val di Non, abitata dagli Anauni, romanizzata (conquistata) nel primo secolo a.C. dal generale Tiberio (futuro imperatore, lo stesso del ponte di Rimini !) ed a cui Claudio concesse la cittadinanza romana nel 46 d.C.

Soddisfatta la curiosità sul nome, la storia di Anaunia  e del suo prodotto, le pareti manovrabili, si può far risalire al 1995, quando Pezzi, ingegnere meccanico, va a lavorare, come dirigente, nella ditta Estfeller di Bolzano, un marchio leader nel settore, che per lungo tempo aveva operato su licenza di una importante ditta tedesca.  Qui è rimasto fino al 2002, perché nel frattempo aveva maturato il sogno, adesso supportato anche dall’esperienza acquisita, di diventare imprenditore, cioè di mettersi in proprio. L’occasione si è presentata quando la ditta “Albini&Fontanot”, azienda locale leader nelle scale per interni, che si era cimentata anche nelle pareti manovrabili, decide di cedere questo ramo d’azienda.  Dopo una trattativa durata tre anni, il passaggio di proprietà viene siglato nel 2005.  Certo, con la vecchia ditta, pur avendo mantenuto ottimi rapporti, adesso era diventato un po’ concorrente.  Così, cogliendo l’opportunità del cambio generazionale, nel 2014 si compra anche la Estfeller, divenendo così uno dei principali leader nazionali del settore.

Cosa sono le pareti manovrabili?  Come si può intuire sono pareti mobili, senza guide sul pavimento, con cui è possibile personalizzare uno spazio, dipendendo dalle necessità. Vanno bene ovunque ci sia la necessità di adattare e dividere  superfici e ambienti: hotel, ristoranti, centri congressi, uffici, palestre, ecc.  Le pareti manovrabili, grazie alla loro modularità,  creano spazi flessibili di dimensioni variabili secondo le esigenze.  Spazi che diventano così multivalenti e possono ospitare, in contemporanea,   in virtù anche di una ottima insonorizzazione, eventi diversi (meeting, workshop, videoconferenze, formazione, ecc.).

Le pareti manovrabili possono essere in legno, in vetro, per interni ma anche per esterni, verticali, personalizzate, ecc.  Insomma, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Un design ricercato e l’adozione di soluzioni tecniche sempre innovative ne fanno poi anche eleganti elementi di arredo.

Tra i clienti più prestigiosi ci sono il Museo Ferrari di Maranello, Eataly di Roma e l’Arsenale di Venezia, fino alla Facoltà di Architettura della New School University di New York, che li ha scovati grazie al loro sito in Internet (rinnovato di recente).

L’export costituisce il 30 per cento del fatturato (circa tre milioni) e l’Azienda è decisamente  impegnata ad aumentarlo. L’Europa, con in testa la Spagna, Paesi dell’Est, Paesi arabi, Kenya, Etiopia e Argentina, sono tra i  mercati esteri più recenti.

Le pareti manovrabili sono progettate  e prodotte, con un lavoro di assemblaggio di componenti di provenienza esterna, direttamente da Anaunia,  che attualmente da lavoro a venti persone, di cui tre assunte nel 2014 (un ingegnere meccanico e due operai). Ci sarebbe ancora posto per un paio di operai, ci confida Enzo Pezzi, ma non è facile trovarli perché è richiesta una elevata specializzazione, conoscenze di meccanica, falegnameria e una mentalità molto aperta al nuovo. Finora i canali privilegiati di reperimento del personale sono state le società interinali e il passa-parola, mentre sono risultati poco utili i Centri per l’impiego, che girano tanti curriculum ma senza operare una vera e propria selezione.  Apprezzamenti invece per  la conoscenza delle lingue che fornisce il corso di studi turistici dell’Università di Rimini.

Poi ci sono i montatori esterni, a cui viene richiesto un rapporto di esclusività perché, ci dice sempre Pezzi “la cultura dell’installazione è importante tanto quanto la produzione e  per noi la qualità dei servizi fa la differenza”.

La crisi e la concorrenza mettono a dura prova tutte le aziende, ma Anaunia non vuol competere sul prezzo e punta invece sulla ricerca continua e appassionata di innovazione, sul design, sulla qualità del prodotto e del servizio di progettazione e installazione. Partecipare ai bandi regionali di finanziamento per l’innovazione ?  Sono più i costi di gestione, dell’utilità finale.

Soprattutto all’estero, è molto apprezzato il marchio “Made in Italy”: Anaunia lo sa e ci tiene a sottolineare che le sue pareti sono rigorosamente “Made in Italy” (compreso i macchinari impiegati nel reparto produzione).

Per dare maggiore spazio alla creatività e alle soluzioni personalizzate il prossimo obiettivo di Anaunia è quello di coinvolgere sempre di più gli architetti, che hanno realizzato gli ambienti su cui si richiede di intervenire, nella ricerca di idee e soluzioni. Il messaggio che vorremmo far passare, confida Pezzi, è il seguente: “io realizzo quello che tu hai disegnato. Sono il sarto che ti confeziona l’abito su misura. Così non ci sarà mai una parete o una soluzione uguale ad un’altra, ed ogni prodotto diventa unico”.  Questo vuole anche dire che un prodotto unico non può costare come uno standard.  Sono mercati diversi.  In fondo non è una sorpresa se un abito griffatto costa più di uno comune. Succede già.

Rimini è un buon territorio per far crescere una impresa manifatturiera ?  “Per il mio settore si. Un retroterra con tante imprese, grazie anche alla presenza dell’SCM,  che lavorano il legno rende più agevole trovare i fornitori giusti. In trentino sarebbe più difficile…. Poi in Romagna si sta troppo bene e la socialità delle persone è una vera risorsa. Peccato che gli amministratori locali si occupino poco di manifatturiero”.