Donne senza lavoro e con pochi asili

Nel 2007, per ogni cento occupati in provincia di Rimini, le donne erano più di 44. Il massimo dall’anno duemila.  Nel 2013, sempre per ogni cento persone che lavorano, le donne sono scese a meno di 42.    Dei sei mila posti di lavoro persi nell’ultimo anno, tre mila (la metà) sono  stati tolti  alle donne. Una giusta parità se questa ci fosse anche a monte, cioè nelle opportunità di lavoro per genere (sesso). Ma non è così.   Perché se su cento uomini in età da lavoro (15-64 anni), sono 71 quelli che a Rimini risultano occupati,  per le donne lo stesso dato (tasso di occupazione)  si ferma a 50. Un divario di oltre  ventuno punti percentuali, che riporta questo territorio ai primi anni duemila. Cioè tredici anni indietro.

Ci si può consolare dicendo che in Italia il tasso di occupazione femminile non arriva al 47 per cento  (quando nell’area euro è a 62, ma in Norvegia e Svezia supera il  77 per cento), però non sarebbe  di grande conforto.   Per puntare al meglio basterebbe guardare  all’Emilia Romagna,  dove  l’ultimo tasso di occupazione femminile (2013) è prossimo al 60 per cento (che era l’obiettivo europeo per il 2010), cioè dieci punti sopra quello riminese.  Divario, tra Rimini e la regione, che si è andato progressivamente ampliando dopo i colpi dell’ultima  grande crisi.

A testimoniare poi che non sono le donne a voler rinunciare al lavoro, ma che sono proprio le opportunità a mancare, c’è l’incremento sostanziale del tasso femminile di disoccupazione (donne che vorrebbero lavorare ma non trovano) in provincia di Rimini, balzato dal cinque per cento del 2007, a quasi il sedici per cento di fine 2013. Vuol dire che è triplicato in sei anni.  Quello maschile è di circa la metà.

Ed ancora una volta il confronto con l’Emilia Romagna mostra tutti ritardi, con una forbice, a svantaggio di Rimini,  che si allarga sempre di più. Infatti, se nel 2007, a seguito di una lunga  marcia di avvicinamento, la differenza tra i due tassi di disoccupazione si era ridotta ad un punto e mezzo,  nel 2013 è risalita a cinque punti.   Peggioramento confermato anche da un altro dato: dei 17 mila ufficialmente senza lavoro in provincia di Rimini, le donne sono più di dieci mila.

Anche gli asili (pochi) non aiutano

 Certamente non sarà la causa principale, ma anche la carenza di asili, dove le donne madri possono lasciare  i/le loro figli/e, non contribuisce a creare un clima propizio  all’occupazione delle donne.

Dopo aver ricordato, nell’introduzione, come un Consiglio d’Europa del duemila avesse ribadito la necessità, per tutti gli Stati,  di fornire entro il 2010 servizi per l’infanzia almeno al 90 per cento dei  bimbi tra 3 e 6 anni, ed al 33 per cento dei bambini sotto, l’ultimo rapporto Cerco Asilo di Cittadinanza attiva, del giugno di quest’anno,  rende noto che nel Comune di Rimini  sono aperti, nell’anno 2012/2013,  17 asili comunali, per un totale di 746 posti disponibili, riuscendo però ad soddisfare solo il 55 per cento delle domande, a fronte del  45 per cento che rimane fuori in lista d’attesa.   Si tratta del dato di accoglienza regionale più basso, considerando che la media tra tutti i capoluoghi dell’Emilia Romagna raggiunge il 78 per cento,  con solo il 22 per cento in lista d’attesa.

Certo ci sono anche nidi e asili privati ad aumentare l’offerta (in Emilia Romagna il privato copre un quarto circa  della disponibilità complessiva di posti), ma  non di rado le tariffe sono più alte e questo non rappresenta un incentivo. Anzi, è in aumento il fenomeno dei ritiri per l’impossibilità di pagare le rette.

Sopra la media regionale è invece, nel Comune di Rimini, la retta mensile da pagare per l’asilo nido: 362 euro nel periodo 2013/14 (comprende pasti e pannolini), con un aumento del 3,4 per cento sull’anno precedente, mentre in regione si spende 338 euro e la media nazionale è di 309 euro.  Non è però la tariffa più cara,  primato che spetta, in Italia, a  Lecco con 515 euro mensili.

Ma quanto costa ogni anno all’asilo nido comunale il servizio per bambino/a ?  Secondo l’Istat, in Emilia Romagna 9.219 euro, nel 2012, di cui 2.110 euro a carico dell’utente, cioè i genitori.