Idea ! E se adottassimo una moneta locale ?

Diciamo subito, per evitare equivoci, che non si tratta dell’ennesima proposta di uscire dall’euro (l’Italia rappresenta il 2,3 per cento del pil mondiale a parità di potere d’acquisto, la Germania il 3,9 per cento, e pensare di influenzare le sorti del mondo con una piccola moneta nazionale forse è un po’ velleitario) ma di una moneta virtuale, in verità una non moneta perché non è destinata ad entrare nei borsellini delle persone, che secondo le intenzioni dovrebbe facilitare il credito e gli scambi in ambito locale, facendo risparmiare qualche soldino.

Andiamo con ordine e vediamo di cosa si tratta. A spiegarcelo è Lucio Gobbi,  giovane riminese, con una laurea e un master col massimo dei voti alla Bocconi, conseguito con una tesi proprio sull’uso e l’utilità di una moneta locale, che adesso si è messo in testa di portare anche i riminesi dalla sua parte. Partiamo dall’inizio.

Non sarà mica un modo per combattere l’euro a partire dal locale, visto che il Governo centrale lo difende ?

No, niente di tutto questo. L’euro rimane e la moneta locale, che può prendere qualsiasi nome, o anche nessun nome, semplicemente l’affiancherebbe. Diventerebbe una moneta complementare.

Cioè a Rimini, nel caso andasse in porto, invece di una moneta ne circolerebbero due. Non rischia di creare confusione nelle persone (molti anziani, dopo più di un decennio, ancora fanno i conti in lire!) ? Quali sarebbero i vantaggi ?

La moneta locale servirà prima di tutto alle imprese, in particolare a quelle che operano sul piano locale-provinciale, ma si potrà estendere anche ai dipendenti delle medesime. Non c’è bisogno di stampare biglietti, basta una camera di compensazione, da appoggiare a qualche banca esistente, che avrà il compito di gestire il sistema.  Il funzionamento è piuttosto semplice e avviene così: prendiamo due imprese che aderiscono al sistema, l’impresa A e l’impresa B.  L’impresa A vende un bene che vale 100 (euro) all’impresa B. Nel mercato normale, e la situazione è peggiorata con la crisi, l’impresa A, che ha venduto, diventa creditrice di B, che se va bene pagherà dopo qualche mese. Spesso questo ritardo crea grossi problemi di liquidità, perché le imprese hanno spese quotidiane, devono ricorrere alle banche, che costano.  Adottando questo tipo di moneta locale tutto si accelera, perché il credito di A viene immediatamente registrato sui libri contabili della camera di compensazione. Ovviamente lo stesso accade per il debito di 100 da parte di B.  L’impresa A, vantando un credito di 100, lo potrà spendere subito comprando, esempio un macchinario, dall’impresa C. In questo modo il credito di A si azzera, mentre si accende per C.  E così via. Insomma, tutti possono incassare e spendere in tempo quasi reale, senza dover ricorrere alle banche per farsi finanziare la liquidità necessaria, con relativi oneri (quando le banche finanziano, e non sempre accade).  In questo modo la camera di compensazione è sempre in pareggio, perché un debito è sempre bilanciato da un credito.

 

Riassumendo: ciascuna impresa partecipante ha un conto corrente, denominato in moneta locale (una specie di unità di conto), che può essere utilizzato per pagare e ricevere pagamenti da altre imprese partecipanti. Per ogni singola impresa, il saldo può dunque essere, di volta in volta, negativo o positivo. Tuttavia, l’obiettivo è che ciascuna impresa abbia, in tempi ragionevoli, il conto in pareggio, perché questo significa che ha ceduto beni per un valore pari a quello dei beni acquistati.

Se ho capito bene, questo sistema può funzionare solo all’interno delle imprese che aderiscono al circuito locale di compensazione di crediti. E’ cosi ?

Si, effettivamente è così. Per questo è importante, per funzionare al meglio, che le imprese che aderiscono siano numerose. Perché più sono e più scambi compensativi  si possono realizzare. E c’è spazio anche per le Istituzioni pubbliche.  In generale, affinché un’impresa abbia interesse a partecipare al circuito, deve avere almeno un fornitore e un cliente al suo interno.

Si può immaginare, tuttavia, di consentire l’ingresso anche a imprese che non abbiano clienti all’interno del circuito (si pensi agli alberghi), consentendo loro di ripagare in euro i propri debiti in moneta locale.

Tentiamo un riepilogo: una moneta locale, con una camera di compensazione alle spalle, aiuterebbe le imprese aderenti ad  incassare subito, risparmiando sugli oneri finanziari, che sono costi, e contemporaneamente l’economia locale ci guadagnerebbe in dinamismo.  Questo per le imprese, i  lavoratori invece come ci possono entrare ?

Le imprese che vantano saldi positivi possono spendere tale disponibilità verso altre imprese oppure, dare ai propri dipendenti parte della remunerazione in moneta locale, alimentando e allargando  così il circuito.  I lavoratori ricevono una specie di carta di credito pre-pagata, che possono spendere nei negozi aderenti.  Certo, se sono tanti i dipendenti pagati in questo modo, andranno ad alimentare gli affari dei negozi della rete, spingendo altri, per non essere esclusi, ad aderire, così la rete cresce e diventa sempre più attrattiva.

Perché, non lo dimentichiamo,  la moneta locale sarà tanto più facile da spendere quanto più numerose e variegate  saranno le imprese, anche commerciali,  aderenti al sistema.

Una perplessità. Ho letto che nella misura in cui un lavoratore non spenda tutta la sua moneta locale presso le imprese, una parte del saldo residuo è periodicamente trasferita a un’organizzazione non profit a sua scelta fra quelle che partecipano al circuito. Il principio è lodevole, ma questo vuol dire che un lavoratore, se non spende subito il suo credito, lo perde, quasi in automatico. Ma in tempo di crisi nessuno accetterebbe un principio di questo tipo. Una donazione deve essere volontaria e non può diventare obbligatoria. E’ così ?

Primo,  per i lavoratori non è un danno. Le quote di salario pagate in moneta locale non supererebbero il 5% e sarebbero conseguentemente facili da spendere all’interno del circuito. Accettando questa modalità di pagamento i lavoratori pongono però le basi per il rafforzamento delle performance dell’impresa per cui lavorano e, di conseguenza, del proprio lavoro. Dal mio punto di vista esistono anche dei margini per l’aumento dei salari. Ipotizziamo che un’impresa acceda ad un prestito bancario per pagare i propri dipendenti, se parte di questi stipendi vengono pagati in moneta locale il risparmio sugli oneri finanziari può essere spartito tra lavoratori e impresa. La banca svizzera Wir, che opera con questo principio, finanzia i circolanti delle PMI svizzere a tassi dell’1%. Confrontando questo tasso con quelli che fronteggiano le nostre imprese si capisce come dall’abbattimento della rendita finanziaria possano trarne beneficio sia i profitti che i salari.

Quale città, italiana o europea, si sta impegnando ad adottare una moneta locale di questo tipo ?

Un progetto che prevede la creazione di un circuito monetario e uno creditizio è in studio presso la città di Nantes, in Francia. L’ex sindaco di quella città, oggi primo ministro francese, Jean Marc Ayrault ha affidato al professor Massimo Amato dell’Università Bocconi l’incarico di implementare questo sistema nella propria  municipalità. La banca svizzera Wir fa credito in compensazione come descritto sopra dal 1934 e il suo circuito conta più di 60 mila imprese svizzere. Con il gruppo di ricerca guidato da Massimo Amato e Luca Fantacci stiamo lavorando anche conla regione Lombardiaper uno studio di fattibilità sul loro territorio.

A Rimini con chi ne stai discutendo e a che punto siamo ?  

A Rimini mi sono mosso sia nella società civile che sul versante politico. Grazie all’associazione riminese dei Bocconiani e al suo presidente, Demis Diotallevi, la scorsa primavera siamo riusciti ad organizzare una giornata di approfondimento a cui hanno partecipato i giovani di Confindustria e diversi rappresentanti delle associazioni di categoria. Con il Comune di Rimini stiamo lavorando da tempo a studi preliminari per capire se sia possibile implementare questo progetto sul nostro territorio.