Co-working: un nuovo modo di lavorare

di Mauro Bianchi

Le due creazioni più importanti del XXI secolo, il Web di Tim Berners Lee e la Apple di Steve Jobs, nascono sul concetto di condivisione: accesso libero e condiviso delle informazioni intese come creazione individuale ma lavoro interpersonale.

Steve Jobs nel 1976 aveva iniziato senza un centesimo, ingegnandosi con l’amico Steve Wozniak nel garage di casa sua. Tanti giovani oggi forse non hanno neanche un garage per “smanettare”, sono nomadi ma collegati con il mondo.  Ma c’è qualcosa di nuovo per iniziare. Si chiama co-working.

Il movimento coworking è emerso contemporaneamente a San Francisco e Londra. Nel 2005, gli sviluppatori nella Bay Area avevano bisogno di incontrarsi in luoghi creativi diversi dai consueti coffee shop, o dalla solitudine di casa propria. A Londra, i promotori della rete Hub, creavano una piattaforma e una comunità per imprenditori sociali. Nel frattempo, altri hanno avuto l’idea di creare piattaforme aperte in cui i “lavoratori nomadi” potevano condividere spazi lavorativi.

Tutte queste comunità indipendenti si sono riconosciute in un movimento emergente: il coworking i cui quattro pilastri sono: apertura, comunità, sostenibilità e – il più importante – collaborazione. Il coworking è in qualche maniera simile agli incubatori d’impresa anche se in questi ultimi spesso mancano aspetti di socialità, collaborazione e informalità. Da questo punto di vista, le iniziative di coworking assomigliano di più a cooperative, specie per la loro attenzione al concetto di comunità, piuttosto che a tipiche iniziative commerciali. Molti dei partecipanti al coworking sono anche coinvolti nei BarCamp e altri sviluppi collaborativi di tecnologie quali ad esempio i progetti open source.

Oggi i principali promotori del Coworking sono le start up: con le nuove tecnologie sono sempre di più le persone che decidono di crearsi una propria attività, e grazie ai suoi bassi costi è accessibile e alla portata di tutte le tasche.

Un esempio locale è a Morciano di Romagna. Fabio Bartolini, uno dei fondatori, ci racconta l’esperienza del primo coworking nato in provincia di Rimini.

Cos’è e come funziona un coworking?

“Terramenouno è uno spazio di lavoro da condividere, che sfrutta tutti i vantaggi del coworking: economicità, flessibilità e postazioni di lavoro dotate dei servizi tecnologici necessari per intraprendere oggi, in libertà, la libera professione.

Il progetto di coworking risponde a queste esigenze, permettendo di contenere e determinare con certezza i costi, garantendo un’elevata qualità degli spazi, del loro design e comfort, dei servizi di cui  disporre, il tutto in un contesto nuovo, dinamico e collaborativo.

Esso inoltre consente di poter accedere, su richiesta e a costi contenuti, ad una rete di competenze qualificate operanti nei più diversi ambiti, dall’assistenza legale a quella informatica, sostenendo così i tanti giovani che vogliono intraprendere per la prima volta la professione. Nel garantire tutto questo, Terramenouno si impegna anche a ridurre l’impronta ecologica legata all’utilizzo degli spazi attraverso una gestione attenta delle risorse comuni, nel rispetto dell’ambiente.”

Perche condividere un coworking?

“Le ragioni sono tre – spiega Luca Bartolini, rendering designer -. La prima è economica, dato che permette di tagliare in modo sostanziale i costi di gestione di un luogo di lavoro suddividendo le spese tra tutti i coworker. La seconda è che credo che l’idea di condividere con altre persone lo stesso ambiente lavorativo possa innescare la possibilità di nuove opportunità professionali, progetti ed idee da affrontare come un gruppo, pur mantenendo ognuno la propria  autonomia ed indipendenza intellettuale. La terza ragione è che Terramenouno è un gran bel biglietto da visita da presentare ai clienti. L’ambiente è bello e confortevole ma la cosa stupefacente è che è completamente arredato con materiali di recupero ed al suo interno tutto è orientato alla sostenibilità.

Tra i liberi professionisti che hanno scelto Terramenouno coworking c’è Leo Cini, geometra. Perché questa scelta?

“Avevo da tempo il desiderio  di avere uno studio più personale e  con più visibilità in cui svolgere la mia attività di geometra – spiega Cini -. Per puro caso, parlando con l’amico Luca Bartolini, sono venuto a conoscenza dell’iniziativa. L’idea di Fabio e Giovanni Bartolini, fondatori di questo progetto è tanto originale quanto semplice: la condivisione fa la forza, ma soprattutto abbatte i costi.

Lavorare insieme ad altri  professionisti in un  spazio aperto comune, senza rinunciare alla  privacy di spazi riservati, condividendo servizi, facendo tesoro delle professionalità altrui, confrontandoti quotidianamente con chi condivide con te questo progetto, è un modo intelligente ed efficace  per lavorare meglio e crescere professionalmente, oltre ad avere più opportunità di lavoro. Ma soprattutto è un modo utile per contenere fortemente i costi in un momento di crisi economica così difficile come quello attuale. L’ambiente sobrio, semplice e ben curato, arredato con materiali naturali in cui il legno di recupero riprende forma e vita,  rispettando l’ambiente utilizzando energia verde certificata proveniente da fonti rinnovabili a basso impatto ambientale e soprattutto il modesto budget di spesa richiesto ad ogni coworker,  mi ha subito convinto a partecipare a questo  innovativo progetto made in Morciano”.

Il co-working è uno spazio o un concetto? E’ un trend estetico o la reinvenzione dello “studio associato tra professionisti” ?

“Il percorso che mi ha portato a vivere e proporre la condivisione degli spazi di lavoro – aggiunge il designer Fabio Bartolini – nasce innanzitutto da una personale esigenza: quella di creare un luogo di lavoro sobrio, distintivo e piacevolmente funzionale alle esigenze della libera professione, intesa nel senso più ampio del termine. L’aspetto economico ha una sua ovvia preminenza, ma non solo. I coworker che attualmente stanno utilizzando parte degli spazi disponibili, confermano che viene a crearsi un clima quotidiano che contribuisce a costruire collaborazione e creazione; dove ognuno nella sua più totale autonoma azione d’ambito professionale, si sente non solo, ma idealmente compagno di viaggio dell’altro, di colui che gli sta a fianco. Può nascere così una sorta di vicinanza elettiva che va oltre la condivisione dello spazio fisico, ma questo dipende ovviamente dalle sensibilità in gioco. Senz’altro l’ambiente condiziona la produttività del lavoro individuale e la qualità delle relazioni che vi si instaurano e quando questo è così caratterizzato e caratterizzante inevitabilmente ne diventi parte integrante, promuovendolo e sostenendolo”.

Allora è un movimento?

“Più che altro è un progetto più ampio, di un’azione locale. Terramenouno guarda e si confronta con un contesto fatto di uomini e donne che in conseguenza e grazie alla crisi sta mettendo radici per costruire un mondo ricco di opportunità nell’equità, che travalica confini che oggi trovo personalmente anacronistici, così come dimostrato ad esempio dallo sviluppo delle nuove tecnologie che hanno reso a portata di mano l’intero mondo. Terramenouno d’altro canto non aggiunge nulla anzi, si impegna a togliere tutto ciò che non serve cercando proprio nella qualità dello spazio condiviso e nella qualità del tempo delle relazioni i suoi più altri valori”.

Altri progetti di coworking secondo lei si insedieranno in provincia?

L’augurio è che altri possano seguire, se lo riterranno meritevole, il nostro esempio, cosicché anche nel nostro territorio possano crearsi le basi per percorsi orientati alla condivisione ed alla partecipazione nei luoghi di lavoro dove si trascorre gran parte della giornata fuori casa. Al momento, rappresentiamo il solo ed ufficialmente costituito punto di coworking della rete provinciale. Il nostro esempio forse aiuterà altri ad intraprendere con originalità e libertà il proprio percorso di coworking”.