Cronache nucleari 2011: buone ragioni per un SI (contro le centrali nucleari)

 Tepco recidiva
  La Tepco è la società giapponese che gestisce la centrale di Fukushima. Nel 2008 aveva subito pesanti perdite per colpa di un altro terremoto e di un altro incidente nella centrale nucleare di Kashiwazaki, la più grande del mondo e due volte quella di Fukushima. Anche in quel caso la scossa era stata superiore alla soglia massima prevista al momento della progettazione, negli anni settanta. Con un piccolo dettaglio: la centrale sorgeva sopra una faglia sismica. A pensare che lo slogan della Tepco recita: “Fornitura di energia stabile e sicura: rispettando questa nostra responsabilità contribuiamo a costruire una società sostenibile” (Il Fatto, 17 marzo 2011)
 
 Una moratoria, ma non rinnego l’atomo   di Umberto Veronesi
  La politica per sua natura può avere ripensamenti, la scienza deve invece pensare più a fondo. ….Il punto è molto semplice: io sono uno scienziato e il presidente dell’Agenzia per la sicurezza del nucleare. Non mi occupo di referendum, non leggo i sondaggi di nessun tipo e quindi neppure quelli che Merlo definisce “di cortile”. Dunque ciò che appare come un ripensamento è invece l’esito di una riflessione. Studiando il più lucidamente possibile la dinamica di Fukushima ho pensato che ci troviamo di fronte al primo grave incidente di progettazione nucleare della storia, quindi di strategia. Gli altri due incidenti significativi, Chernobyl e Three Mile Island, sono stati infatti causati da un errore umano. Per Chernobyl più che di errore dovremmo parlare di follia. Ma anche negli Stati Uniti fu un errore dei tecnici a causare la fusione del nocciolo, che fortunatamente non causò nessuna vittima.

Va detto subito che sull’errore umano si può intervenire migliorando la
preparazione, l’addestramento e le condizioni di lavoro. Un po’ come si fa con
i piloti d’aereo. Invece a Fukushima non
c’è stato nessun errore riconducibile al personale addetto, ma un errore di progettazione: le centrali non erano programmate per resistere a uno tsunami della portata di quello scatenatosi la scorsa settimana. Le fonti tecniche dicono che la progettazione teneva conto di tsunami di intensità minore. Ma questa è comunque una mancanza perché nel costruire una centrale nucleare sul Pacifico non si può non tenere conto della massima potenza delle forze del mare e della Terra. Non è una giustificazione il fatto che erano centrali attivate quarant’anni fa, e che erano quindi alla fine del loro ciclo vitale. 

La lezione che credo dobbiamo trarre da Fukushima è che non possiamo non
rivedere la strategia nella progettazione degli impianti nucleari. Il che non
vuol dire ripensare o tornare sui propri passi, ma capire il problema alla
radice, avere il coraggio di riconoscerlo e sforzarci di superarlo. Se è vero –
ed è scientificamente vero- che senza l’energia nucleare il nostro pianeta, con
tutti i suoi abitanti, non sopravviverà, non dobbiamo fare marcia indietro, ma
andare avanti, ancora più in là, con la conoscenza e il pensiero scientifico.
Dobbiamo pensare al futuro tenendo conto che petrolio, carbone e gas hanno i decenni contati e che sono nelle mani di pochissimi Paesi, che possono fare
delle fonti di energia strumento di ricatto economico e politico; che stiamo
avvicinandoci ai 7 miliardi di persone sulla Terra, con consumi sempre maggiori  di energia; che le altre fonti di energia, le rinnovabili, hanno grandi
potenzialità, ma per alcune non abbiamo le tecnologie che rendano accessibili i costi di trasformazione e globalmente non sono sfruttabili in modo tale da
assicurare la copertura del fabbisogno. La scelta dell’energia nucleare è
dunque inevitabile e il nostro compito è ora quello di garantirne al massimo la
sicurezza per l’uomo e l’ambiente.
Abbiamo per anni sostenuto che gli impianti di ultima generazione sono sicuri e con un rischio di incidente vicino allo zero. Oggi il Giappone ci impone di
riconsiderare criticamente questa convinzione. Molti si domandano se il modello delle centrali nucleari di grossa taglia, come sono oggi tutte quelle del
mondo, sia quello da continuare a realizzare; oppure se non è possibile ed
opportuno considerare l’adozione di reattori più piccoli e modulari : una rete
di minireattori. Alcuni di questi modelli progettuali sono già in produzione e
dovremo studiarne a fondo le caratteristiche e la fattibilità (La Repubblica, 19
marzo 2011)

 

 A 25 anni da Chernobyl    di Fabrizio Dragosei
 Pyotr Yaroshenko ricorda bene quando vide per la prima volta i poliziotti che giravano con la maschere antigas. “Ci dissero che era una esercitazione e noi non ci pensammo due volte”. In realtà, a pochi chilometri di distanza dalla cittadina di Pripyat era scoppiato il reattore nucleare numero quattro della centrale Vladimir Lenin di Chernobyl. E la radioattività aveva già iniziato ad uccidere silenziosamente. L’area attorno alla centrale per un raggio di 30  chilometri è ancora ufficialmente chiusa, si chiama “zona di esclusione”. ….. E dire che quel 26 aprile del 1986 Prypiat si preparava a festeggiare in grande stile il primo maggio. …..(Poi) All’una di notte, un maledetto esperimento per controllare i sistemi di sicurezza del quarto reattore era andato male, scatenando la catastrofe. Nulla funzionò a dovere in quelle ore. Perfino i rilevatori di radioattività risultarono sbagliati: non erano tarati per simili dosi. Così i  tecnici pensavano  di avere la situazione sotto controllo, mentre invece i contatori della centrale nucleare di Forsmark in Svezia, a 1.500 chilometri di distanza, impazzivano.
  «Non capisco che diavolo sia successo; noi abbiamo fatto tutto secondo le procedure previste», disse sgomento nei giorni seguenti Aleksandr Akimov, l’ ingegnere capo responsabile del quarto reattore. Quando aveva avuto notizia dell’ esplosione, si era precipitato nella sala controllo con la sua squadra: le radiazioni erano cinquemila volte superiori a quello che dicevano gli strumenti. A metà maggio Akimov era già morto. Trentasei ore dopo il disastro iniziarono ad evacuare circa duecentomila persone che abitavano vicino alla centrale. «Vedevamo centinaia di camion e di mezzi militari che andavano verso Chernobyl», è ancora il racconto di Pyotr. «E la cosa che ci colpiva di più è che molti erano armati fino ai denti, come se ci fosse da respingere un’ invasione». Nessuno sapeva nulla. Vladimir Pravik, tenente dei pompieri, arrivò con la sua squadra: «Sembra che ci sia stato un corto circuito». Il 9 maggio era già morto. Affluirono centinaia di migliaia di soldati e civili, i famosi «liquidatori». Vladimir Shevchenko accorse da Kiev per girare un filmato. Salì sul tetto del reattore per documentare il lavoro degli «ecorobot». Coperti da rudimentali protezioni, rimanevano esposti per due minuti: dovevano sollevare pesanti lastre di grafite e gettarle di sotto, dove il reattore non si spegneva. In realtà, al massimo avrebbero potuto sopportare esposizioni di 40 secondi, ma nessuno disse nulla. Shevchenko riprese anche l’elicottero che precipitò mentre volava proprio sopra la voragine. Anche il cineasta, protetto da una semplice mascherina di garza, se ne andò dopo poco.
Nessuno è stato in grado di fornire dati precisi sul numero dei morti e degli
ammalati, anche perché lo scioglimento dell’ Urss ha reso tutto più complicato. Le vittime dirette furono una cinquantina, ma poi ci sono tutti gli altri. I liquidatori che dopo tornarono a casa, nelle varie repubbliche sovietiche. Gli abitanti, i bambini. Un rapporto internazionale si ferma a quattromila vittime.
Altre fonti vanno oltre: centinaia di migliaia, forse un milione. Basti pensare
che almeno 600 mila persone lavorarono negli anni seguenti attorno alla
centrale. A bonificare e a costruire il sarcofago, la gigantesca copertura in
cemento armato che ha incapsulato il reattore numero quattro. Adesso è pieno di crepe e se ne sta costruendo un altro ancora più grande che dovrebbe durare cento anni. Pripyat è una città fantasma, nella quale la natura sta riguadagnando terreno. «Sono tornato a casa mia e al piano terra un albero è cresciuto nel soggiorno», ricorda con tristezza Pyotr. Tutto è verdissimo nella zona di esclusione e i fiumi sono pieni di pesci giganteschi (Corriere della Sera, 19 marzo 2011)
 
 Il profitto nucleare  
 ..Tutti in Giappone sanno che nel 2003 l’azienda elettronucleare di diritto privato Tepco dovette chiudere tutti i suoi reattori dopo la scoperta di documenti falsificati per nascondere gli incidenti (circa 200) avvenuti, anche nella centrale di Fukushima.
Sappiamo anche che gli impianti nucleari della Tepco, nella regione costiera di Niigata, furono danneggiati nel luglio del 2007 da un sisma di magnitudo 6,8 (che portò a una diminuzione del 7% dei dividendi distribuiti agli azionisti e a una perdita del 75% dei ricavi della società).  Ciò che è successo a Fukushima era dunque prevedibile.
 …….Tepco ha appena ammesso che tra il 2001 e il 2011 il controllo obbligatorio della sicurezza sugli impianti non è stato fatto ! La catastrofe di Fukushima non è solo “naturale”. E’ sempre più evidente che la sicurezza dei giapponesi è stata messa in gioco alla Borsa di Tokyo”(Pascal Acot, La Repubblica, 31 marzo 2011)
 
 Potere nucleare
 I reattori nucleari generano solo il 14% dell’elettricità mondiale, hanno una età media di 27 anni e una speranza di vita di 40 anni. …..
In Giappone l’energia nucleare fornisce il 30% dell’elettricità del paese.
 Nel 2009 la produzione di energia elettrica nel mondo ha prodotto 9 miliardi di tonnellate di anidride carbonica …..senza energia nucleare arriverebbe  a 11 miliardi di tonnellate.  La differenza è approssimativamente uguale alle emissioni annuali di Germania e Giappone messe insieme (The Economist, 26 marzo 2011)
 
Tepco: pietra tombale a Wall Street  
 L’ultimo attacco alla Tepco, la società che gestisce l’impianto di Fukushima, è arrivato dal Wall Street Journal ed è stato il più violento di tutti: la Tepco, scrive il quotidiano, non ha gestito adeguatamente la situazione e non è stata in grado di definire il rischio. Le linee guida, dice il commento, erano definite solo per emergenze minori e non adeguate per far fronte ad uno scenario nel quale il personale della centrale non era in grado di intervenire e occorreva un sostegno esterno (La Repubblica, 4 aprile 2011) .

Iodio radioattivo 7,5 milioni oltre limite La Tepco risarcirà la popolazione  di Pietro Del Re  

TOKYO – Fa davvero paura l’ultima misura della radioattività nelle acque del Pacifico, davanti al reattore 2 della centrale nucleare di Fukushima. Infatti, in corrispondenza dello sbocco del sistema in cui sabato corso è stata scoperta una falla, i quantitativi di iodio131 rilevati superano 7,5 milioni di volte i valori normali. Questi dati abnormi e perciò agghiaccianti li ha forniti la Tepco, il gestore dell’impianto, e sono relativi a campioni prelevati prima del rilascio in mare di 11.500 tonnellate di liquidi contaminati, iniziato due giorni fa. Sempre secondo la più grande utility asiatica i valori di cesio 137 sono 1,1 milioni di volte superiori ai limiti consentiti (La Repubblica, 5 aprile 2011) .  

Giappone, ora preoccupa la centrale di Onagawa 

Perdite di acqua alla centrale nucleare di Onagawa, nella prefettura di Miyagi, dopo il violento terremoto di ieri (7,4 ° della scala Mercalli). Per ora la situazione sembra sotto controllo ma la nuova emergenza che costringe Tokyo a ripensare al proprio modello di sviluppo (8 aprile 2011).

Effetti collaterali 

Dentro i tre chilometri off-limits di Fukushima la  popolazione è abbandonata, chiusa nelle abitazioni sbarrate dall’esterno, esposta alle esalazioni atomiche e circondata da 2453 cadaveri putrefatti che nessuno vuole recuperare (9 aprile 2001).

La polvere…..dopo 25 anni

Attenti a quella polvere, qui a Cernobyl, continua ad  uccidere dopo 25 anni. …Proprio una settimana fa un gruppo di scienziati americani e ucraini ha scoperto che tutti i bambini da tre a cinque anni che  vivono in un raggio tra 50 e 60 chilometri dalla centrale, soffrono di problemi cronici alle vie respiratori. Molti di loro sono condannati ad essere affetti da serissime malattie polmonari. Nella zona di Narodici, abitata, dove tutto sembra normale e lontano da ogni pericolo, il Cesio 137 raggiunge valori di
trenta-quaranta volte le dossi tollerabili (13 aprile 2011)

Raddoppiate le stime sulla fuga di radiazioni a Fukushima

Il Giappone ha raddoppiato le stime sulle fughe radioattive dalla centrale nucleare di Fukushima Daiichi nei giorni immediatamente successivi allo tsunami dell’11 marzo. L’Agenzia per la sicurezza nucleare giapponese stima che si siano dispersi nell’atmosfera 770.000 terabecquerel, più del doppio dei 370.000 inizialmente calcolati.
L’agenzia ha anche riconosciuto che la fusione del nucleo in tre reattori è
avvenuta in tempi molto più rapidi di quelli stimati in precedenza.  Il
governo giapponese sta considerando l’ipotesi di allargare
ulteriormente
la zona evacuazione, attualmente limitata a un raggio di 20 chilometri
dall’impianto e che concerne circa 80mila residenti (Sole 24 Ore, 7 giugno
2011).

Ai francesi non piace il nucleare…..mentre i tedeschi le chiuderanno entro il 2022

Secondo un sondaggio il 62% dei francesi auspica un’uscita dal nucleare entro 25-30 anni, mentre il 15% chiede un arresto immediato delle
centrali in attività.

Intanto la Germania, prima potenza economica e industriale d’Europa,  vara una legge per chiuderle tutte entro il 2022 (attualmente sono nove ancora in attività)   (7 giugno 2011)