Attori imprenditori

di Stefano Rossini

C’è un pensiero radicato nella nostra società secondo cui investire nella cultura ha un indubbio vantaggio sociale ma nessun ritorno economico. Un compito più adatto ad un filantropo che ad un imprenditore col fiuto per gli affari. A spaventare ulteriormente i potenziali investitori si aggiunge il fatto che al primo segnale di crisi i primi fondi pubblici a saltare sono proprio quelli dedicati alla cultura. E la cultura, si sa, senza i giusti finanziamenti non riesce a sopravvivere.
Ma è proprio vero?  Gli investimenti nella cultura non riescono a produrre utili o una ricaduta di ricchezza sulla società?  Novembre è il mese della riapertura delle stagioni teatrali. Proviamo allora a scoprire se il teatro è un’attività in grado di creare un movimento economico interessante.
Ne parliamo con Carlo Giunchi della Fondazione Corte Coriano Teatro, che da un anno gestisce la Corte, uno spazio teatrale – e non solo – di Coriano.
“Il bilancio del primo anno è stato lusinghiero – racconta Giunchi – Nel periodo dal 31 ottobre 2009 al 30 settembre 2010 abbiamo ospitato 63 spettacoli, di cui 48 organizzati dalla nostra fondazione, raccogliendo più di 6000 spettatori, con una media di 100 per serata. E’ vero che il nostro è un teatro da 200 posti, ma stiamo comunque parlando di una realtà giovane, al suo debutto. L’incasso è stato di oltre 25.500 euro e ha coperto il 54% del costo degli spettacoli. Questi dati collocano il teatro Corte ai primi posti della graduatoria nazionale per presenze ed incassi relativamente alle strutture di analoga capienza collocate in centri di piccoli dimensioni – città come Rimini – e al tempo stesso essi costituiscono un’ottima premessa per la nuova stagione”.

IL SEGRETO DEL SUCCESSO
Dati interessanti. Di solito quando si parla di teatro il panorama è meno roseo. Sono quasi sempre difficoltà, mancanza di fondi, scarsità di spettatori. Da cosa dipende questo dato positivo? E’ una questione di cartellone, di struttura, di comunicazione?
“Secondo me sono due i fattori che determinano la buona riuscita di un’attività di questo tipo, uno gestionale e uno culturale. Da un lato, infatti, abbiamo cercato di dare una forma gestionale che svincolasse la fondazione dalle solite logiche con cui normalmente viene gestita. In pratica sto parlando di autonomia gestionale. E’ il consiglio della fondazione che ha il pieno controllo del cartellone. Non si parla di politica né di altre forme di promozione di agenzie teatrali che spingono le loro iniziative. E’ ovvio che questo accade se c’è una condizione ottimale di partenza in cui il pubblico e il privato trovano un punto d’intesa. Il pubblico, infatti, deve rintracciare i partner privati che a loro volta sono interessati ad un investimento a lungo termine e non solo all’apparizione del loro logo sulla locandina. In questo senso il Comune di Coriano è stato molto attivo nel creare le giuste condizioni di partenza.
Dall’altra parte ci siamo sforzati di creare delle relazioni culturali. Ogni spettacolo dà vita ad un pacchetto di relazioni e di buoni rapporti con i gruppi. Dietro ad ogni proposta di singolo spettacolo si cerca di capire quale messaggio e quale pubblico sia quello più adeguato. In effetti guardando anche il cartellone di quest’anno si potrebbe obiettare una mancanza di coerenza, ma questa sensazione nasce proprio dalla nostra esigenza di dare spazio ad una molteplicità di voci del territorio e non solo”.
Tutto molto bello, a parole. Ma sembrano condizioni difficili da realizzare nel nostro territorio e in generale in Italia dove vige la logica del ritorno immediato. Le amministrazioni sono in grado di recepire un simile messaggio?
“Sì. Questo è vero. Non è facile. Nel nostro caso, ripeto, il Comune di Coriano è stato un attore fondamentale. Bisogna far passare un messaggio chiaro: e cioè che l’investimento in cultura paga. Non immediatamente, ma dà un riscontro in termini di ricchezza di tutta la società che poi si trasforma in valore anche per l’azienda che investe. Un esempio. Io lavoravo in comune a Longiano negli anni in cui si cominciava il restauro del teatro. Ricordo le polemiche sulla somma spesa per i lavori. Al tempo si parlava di 700 milioni. Un budget che non è tornato indietro subito. Eppure, negli anni, la fama della stagione teatrale di Longiano è cresciuta ed è diventata un riferimento, e alla fine, il valore degli immobili del centro era addirittura triplicato. Non a caso una volta i grandi industriali finanziavano largamente l’attività teatrale, comprando un palco e presentandosi a tutti gli spettacoli, perché una società più ricca arricchisce anche chi investe”.

FRATELLI … CHE IMPRESA!
Le realtà teatrali romagnole sono tante, e ognuna, a modo suo, porta questa ricchezza sul territorio. Un altro esempio è quello dei Fratelli di Taglia, una delle uniche due compagnie teatrali riminesi riconosciute dal Ministero per le attività culturali. Una decina di anni fa i Fratelli hanno preso in gestione il Teatro Massari di San Giovanni in Marignano dando vita ad un cartellone vivace, con una componente comica molto spiccata, coinvolgendo personaggi e compagnie conosciute oltre i confini locali.
“Non si può negare – racconta Daniele Dainelli fondatore della Compagnia insieme a Giovanni Ferma – che la nostra attività abbia avuto un impatto sulla vita di tutta San Giovanni in Marignano. I primi anni, gli spettatori usciti dal teatro si trovavano una città vuota e senza locali. Poi, pian piano hanno aperto ristoranti e osterie, una dopo l’altra. Anche i premi che venivano consegnati ai partecipanti ai nostri concorsi, tipo il Locomix, venivano da aziende locali”.
Sono piccoli passi, forse, ma la cosa più importante è che il guadagno è per tutta la città. E non è solo un arricchimento culturale, grazie alla presenza di spettacoli e personaggi che altrimenti non avrebbero calcato il palco locale, ma anche di crescita della città, di opportunità lavorative, di maggiori possibilità per chi vive nella città e non solo.
“Un altro elemento importante – continua Daniele – è che grazie agli spettacoli e ai progetti interregionali e nazionali a cui si partecipa il nome della città si fa conoscere anche fuori. Le stagioni comiche del Massari richiamavano appassionati anche da Bologna. Stiamo parlando di persone che arrivano e conoscono la città, che dopo lo spettacolo spesso si fermano a mangiare e a fare una passeggiata”.

Insomma si può dire che il teatro, a differenza di ciò che si pensa, e la cultura in generale, producono economia e ricchezza per la città?

“Sì, si può dire assolutamente. Aggiungo anche che noi, come compagnia riconosciuta dal Ministero dobbiamo ogni anno versare un minimo di contributi di 40.000 euro, questo per dire che tra spettacoli e produzioni dobbiamo riuscire a far girare dei soldi. Alla fine, la nostra compagnia non è né più né meno di un’impresa. Ogni stagione ci accolliamo un rischio e investiamo negli spettacoli in cui crediamo e che realizziamo. Noi viviamo di quel lavoro, e quindi è ovvio che dobbiamo cercare di farlo rendere. Gli investimenti che riceviamo dal Comune e dalla Provincia coprono minimamente le spese. Il resto lo mettiamo noi. Forse, il problema del teatro sta in chi vive solo di investimenti e si siede in attesa che le cose vadano bene”.

LA CONTROTENDENZA
Emerge una geografia dei teatri che si svincola sempre di più dalle grandi metropoli e fa capo alle piccole realtà locali. Torna in prima linea l’esempio di Longiano, San Giovanni in Marignano e ora Coriano e Riccione.
“Si può parlare di una controtendenza – dice Ruggero Sintoni, Presidente AGIS Spettacolo dal vivo dell’Emilia Romagna – I piccoli centri stanno sperimentando formule innovative, legate soprattutto ai privati, e all’ente pubblico come attore ma non protagonista”.
Realtà locali che sempre di più si accorgono che la cultura – e in particolare il teatro – è un’attività imprenditoriale capace di creare un indotto e ricchezza che ricade su tutto il tessuto sociale o comunque, anche senza volerla considerare una gallina dalle uova d’oro, non è certo in cima alla lista delle attività in perdita da depennare.
In quest’ottica forse gli amministratori decideranno in modo diverso i tagli, e noi potremmo godere di qualche spettacolo in più. In attesa di una catarsi.