A Rimini c’è poca… cultura

di Isabella Ciotti

Mare, mare, mare, ma che voglia di arrivare…e poi? Chi in estate arriva sulle nostre spiagge, sulle spiagge si ferma. Se uno studio condotto da Bankitalia nel 2013 parlava di vacanzieri sempre più evoluti e di un superamento delle distinzioni tra turismo balneare, montano e culturale, oggi a Rimini restano ancora alte le barriere tra mare e cultura. Tintarella e movida notturna offuscano chiese e musei, vicini o lontani dalla costa, e il patrimonio storico e artistico del territorio, più che andare d’accordo con le altre attrazioni, subisce il loro successo.

I numeri

Nel territorio riminese notiamo una situazione pressoché stabile e una frequentazione delle strutture museali costante dal 2011: da 347.562 visitatori si passa ai 341.935 del 2012. Quanto al 2013, alle 244mila presenze stimate finora dalla Provincia di Rimini andranno aggiunti i dati dei musei che ancora non hanno fatto i loro calcoli, per un totale che si prospetta in linea con gli anni precedenti. Il più visitato resta I Luoghi dell’Anima di Tonino Guerra, con oltre 100mila presenze annuali, ma appaiono in discesa le altre strutture dell’entroterra: la Riserva Naturale di Onferno, il Museo Storico Minerario di Perticara e il Civico Archeologico di VerucchioLieve crescita per il MUSAS di Santarcangelomentre il Museo della Città di Rimini e la Domus del Chirurgo con oltre 87mila visitatori nel 2013, ne guadagnano 18mila rispetto al 2012.

 


                             

Oltre i numeri

Ma c’è una realtà, oltre le stime, che merita di essere raccontata. Ci sono le istituzioni, che vorrebbero poter contare su maggiori risorse per valorizzare il territorio. Ci sono i direttori, di strutture e associazioni culturali, che sarebbero felici di vedere un più cospicuo numero di visitatori in giro per le esposizioni, specialmente nell’entroterra. E poi ci sono gli operatori, dipendenti o volontari, che non si accontentano di qualche cifra più o meno rassicurante, ma vorrebbero e sarebbero disposti a fare uno sforzo in più.

Da dove cominciare?
Da un dato certo, fresco d’indagine: il problema non è il patrimonio, ma lo stesso visitatore. Stando a quanto raccolto dall’Istituto di Ricerca Piepoli su richiesta della Provincia, chi sceglie Rimini non è un turista culturale. Di mestiere fa l’operaio o l’impiegato, e in Riviera ci arriva perché attratto esclusivamente dal divertimento. Non visita i musei perché non ha tempo, né particolare interesse per le nostre risorse artistiche, e utilizza la cultura come un riempitivo per le giornate di pioggia.
A conferma del dato, l’esperienza di alcune strutture. “Nel periodo estivo soffriamo di un tipo di turismo mordi e fuggi – spiega il direttore del MUSASMario Turci – arrivano gruppi che hanno un’ora di tempo e visitano il museo in tutta fretta, obbligando la guida a stare attenta all’orologio”. E il fenomeno è ancor più evidente man mano che si sale verso l’Alta Valmarecchia. “Passiamo da giornate di bel tempo, con una scarsissima affluenza, ad altre di vere e proprie invasioni barbariche”, racconta Andrea Onofri del Museo Minerario Sulphur.

A metterci lo zampino, anche gli operatori della costa, per nulla collaborativi stando alle dichiarazioni raccolte da TRE. “Molti visitatori ci conoscono per caso, e sono pochi gli albergatori lungimiranti che spingono i turisti verso l’interno. A noi arrivano le briciole”. Lo stesso vale per Santarcangelo: “È capitato, qualche anno fa, di accordarci con alcuni bagnini perché suggerissero ai loro clienti una visita al nostro museo – spiega ancora Turci – ma normalmente chi accoglie i turisti in spiaggia vuole tenerli inchiodati lì il più possibile”.
Per quanto spiacevole, il trend evidenziato dagli operatori non è poi nulla di nuovo. Crisi permettendo, la Riviera spesso e volentieri ha vissuto di rendita dal boom degli anni Settanta, e il turismo balneare ormai parla da solo. Le risorse storiche invece restano sconosciute perfino a molti riminesi, e forse hanno bisogno di un portavoce.

Gli eventi non bastano

Il MUSAS e il Museo Civico Archeologico di Verucchio raccontano di aver conquistato visitatori grazie agli spettacoli e alle esposizioni temporanee. Ma su questo interviene l’assessore alla Cultura della Provincia, Carlo Bulletti: “Gli eventi non sono sufficienti. Quello che appare come un successo nei giorni dell’esposizione, a livello imprenditoriale è un fallimento. Per essere durevole il cambiamento deve essere strutturale”. Non poteva trovare aggettivo più adatto: se l’obiettivo è attirare turisti culturali, possibilmente verso l’entroterra e 365 giorni all’anno, è necessario andare oltre la superficie.
E i “mali” in uscita dal vaso di Pandora, sono diversi. Primo fra tutti la mobilità.
 Dal 2012 al 2013 le corse degli autobus sono passate da 49 a 90, raccogliendo nell’ultimo anno 3.600 utenti. Ma intanto una struttura come il Museo di Verucchio, a soli 15 km di distanza da Rimini, continua a soffrire l’isolamento. “Non solo i tempi della corriera sono lunghi, ma è anche difficile capire quali mezzi prendere. Per non parlare del cambio a Villa Verucchio”, fa notare la direttrice, Elena Rodriguez. “Spiegare a un turista, ancor peggio se straniero, di dover percorrere una distanza così breve in un’ora è improponibile”.

Una rete inesistente

Ci ha provato, la Provincia, ad incoraggiare la cooperazione tra musei affinché offrissero un prodotto comune, arrivando a promettere, negli ultimi anni, ulteriori fondi a chi sceglieva di fare squadra. Eppure, i risultati faticano ad arrivare. “Siamo ancora le terre irredente – spiega Onofri del Sulphur – e questo a causa del forte campanilismo dell’entroterra. Ogni paese è andato avanti per la sua strada, e neppure negli anni Ottanta, quando le possibilità economiche c’erano, si è cercato di fare gruppo per promuovere il territorio nella sua complessità, invece che a macchia di leopardo”. Anche la rete dei musei dell’Alta Valmarecchia, inaugurata nel 2006, fatica a decollare. “La rete c’è, la disponibilità anche, dovremmo riuscire a fornire un offerta turistica integrata”,spiega Turci del MUSAS. Ma tutto resta al condizionale. La riduzione del prezzo per chi visita Santarcangelo e poi Verucchio non sembra aver funzionato, mentre il biglietto unico pensato per i quattro musei di Pennabilli, è ancora in attesa di essere realizzato.

Sempre più tagli

Come migliorare l’offerta turistica culturale se non ci sono soldi per mandare avanti i nostri musei?
E’ di 380mila euro la cifra stanziata dalla Regione dal 2009 a oggi, mentre dalla Provincia sono arrivati in totale 274.800 euro. Ma basta scorrere il piano quinquennale di entrambi gli enti per capire quanto le risorse, anno dopo anno, siano state bruscamente tagliate. Se nel 2010 il fondo provinciale era di 87mila euro, nel 2013 la cifra è scesa a 12.800. Mentre la Regione, che quattro anni fa aveva stanziato 150mila euro, lo scorso anno ha contribuito esclusivamente con il finanziamento di materiale cartaceo e di cataloghi.
Come si finanziano allora i nostri musei? 

Si ricorre al sistema misto, unendo pubblico e privato. A Verucchio, la biglietteria e una convenzione con la Pro Loco consentono di pagare gli stipendi, mentre la manutenzione del museo è affidata al Comune. Poche le sponsorizzazioni da parte di privati, che si rendono disponibili per brevi collaborazioni. “Rimini, poi, è ancora molto accentratrice – afferma Elena Rodriguez – quando abbiamo cercato, ad esempio, di intercettare i finanziamenti europei, siamo rimasti fuori”. Santarcangelo si affida alla fondazione FOCUS, nata per favorire accordi e convenzioni tra diversi enti. Oggi, le risorse intercettate dal pubblico sono scese all’85%, e quel 15% ora occupato da privati è destinato a crescere. Il Sulphur a Perticara è addirittura gestito da volontari. Una scelta iniziale della Pro Loco, dunque niente a che vedere con la crisi, ma l’auspicio è di creare un giorno veri e propri posti di lavoro. Dalla Pro Loco arrivano anche le collezioni museali, mentre il Comune di Novafeltria contribuisce con la manutenzione dell’immobile e 10mila euro di finanziamento annuali. Fondamentale il sostegno dei privati per Il Mondo di Tonino Guerra, a Pennabilli. Tra i musei più visitati della Provincia, il patrimonio che custodisce è tra le poche eccellenze a non soffrire del cosiddetto turismo mordi e fuggi. Ma l’ingresso è gratuito, e l’unico strumento di finanziamento è l’associazione dedicata al Maestro, che vede tra i soci anche la Provincia di Rimini, Santarcangelo, Pennabilli e l’Alta Comunità Montana. “La Provincia di Pesaro-Urbino, tra le prime ad aver aderito, si è da poco defilata per mancanza di risorse – racconta il Presidente dell’associazione Carlo Sancisi. “Per il resto devo ringraziare i privati che, senza chiedermi di inserire il loro logo nella pubblicità, offrono risorse al solo scopo di mantenere viva, e gratuita, la cultura”. Prossimo obiettivo, trasformare l’associazione in Onlus per defiscalizzare gli emolumenti. “Anche su questo l’Italia si discosta dagli altri paesi – conferma l’assessore Bulletti – chi vuole offrire 100mila euro come mecenate in maniera oblativa, per la cultura, ne paga 123mila. Ecco perché non siamo competitivi”.

Il dopo Provincia

L’incubo della Provincia, intanto, è diventato realtà. Tutti d’accordo, i direttori delle strutture museali, sull’impagabile sostegno offerto dall’ente in questi anni. Ma in un territorio così frammentato, dove ogni Comune ha la propria biblioteca e i propri musei, la mancanza di un riferimento si farà sentire. “Ripensare alla riorganizzazione delle strutture diventa un imperativo – commenta Bulletti – i Comuni e la nuova versione della Provincia avranno pochissime risorse, e l’integrazione dovrà per forza essere imposta, così come il dialogo con il mondo dell’imprenditoria”. Ma non è questa l’unica preoccupazione. “L’ente che arriverà dovrebbe riunire professionisti dalle varie amministrazioni comunali. Ora, supponiamo che al governo dell’ente, su 27 comuni del territorio, salgano i sindaci delle città 1, 4 e 6. Non viene il sospetto che questi possano favorire le città 1, 4 e 6? Questo è il vero grande dubbio”.