Il 18 agosto al Pronto Soccorso di Rimini: un viaggio lungo 11 ore

di Primo Silvestri

Mia madre, ottantaquattrenne, ha avuto la malaugurata idea di farsi male durante il ferragosto e visto che il dolore alla schiena (soffre di ostioporosi ed ha avuto diverse micro-fratture) non passava, la mattina del 18 decidiamo di recarci al Pronto Soccorso dell’Ospedale Infermi di Rimini.  Arriviamo all’accettazione alle 9,18 (orario d’inizio del parcheggio), il sole era già bello alto e la fila non sembrava eccessiva. Ma ci sbagliavamo. Pur avendo molto male, ma non conoscendo l’addetto i precedenti, le viene assegnato il codice verde (il terzo, dopo il rosso, colore di massima gravità).  Seduta in una barella, dove non può sdraiarsi perché le aumenta il dolore, viene accompagnata nella sala d’attesa adiacente l’ingresso. Sono circa le 9,30. La sala è abbastanza piena, in prevalenza turisti che si sono fatti o sentiti male.  Tanti i ragazzi e non manca nemmeno qualche turista straniero.  Cosa positiva: qualche infermiere  e medico parlava correttamente tedesco e inglese.

Il nuovo Pronto Soccorso ha una aspetto gradevole, si vede che è nuovo, sicuramente più funzionale e meglio organizzato del vecchio. I bimbi hanno la precedenza e vanno direttamente a Pronto Soccorso pediatrico, anche questo molto frequentato.

Nessuno, quando va al Pronto Soccorso pensa di uscire presto, ma nemmeno di starci una giornata intera. Così cominciano a passare le mezz’ore, poi le ore senza che succeda praticamente niente. Verso le ore 14, dopo cinque ore di attesa, mia madre viene chiamata per la visita dal medico di turno, che dura dieci minuti. Il medico gli prescrive una radiografia d’urgenza, dove ci presentiamo quasi dubito. Altre sala d’attesa ed altre persone, molte già conosciute in quella precedente, che attendono il turno.  La radiografia viene eseguita alle ore16,  dopo un paio d’ore di parcheggio, e dura un quarto d’ora circa.  Adesso bisogna attendere per il referto, che arriva un po’ prima delle 17.00. L’insofferenza del pubblico è palpabile, e qualcuno sbotta quando un ragazzo, accompagnato dal padre, pare dipendente Ausl, apparentemente senza grossi problemi, viene fatto passare davanti a tutti (c’erano persone che erano arrivate alle 8 di mattina). Avuto sentore del clima il ragazzo è stato fatto uscire da un’altra porta, ma il malumore è rimasto. Una gentile assistente, ascoltando le ragioni dell’insofferenza,  ha cercato di mantenere la calma, ma non poteva fare di più.

Rinvio, col referto, al medico del Pronto Soccorso, il quale dopo averlo visto richiede una visita ortopedica d’urgenza, dove ci presentiamo in pochi minuti.  Erano circa le 17. Altra sala d’attesa e tante persone in coda, compresi molti ragazzi infortunatosi in vario modo con diritto di precedenza.

La visita dell’ortopedico avviene alle 20 di sera. Per fortuna, di mia madre, nessuna nuova rottura, solo qualche schiacciamento di vertebra che produce dolore. Il dottore dice di andare avanti con le cure che sta già facendo. Usciamo dal Pronto Soccorso che sono le 20,30, quando il sole è già calato e sono passate 11 ore abbondanti. Forse troppe, anche per un dopo ferragosto.

Siccome non credo, pur con tutte le attenuanti del mondo, questo si possa definire un buon servizio (mentre ero vicino, nella prima sala d’attesa, ad un giovane tedesco che si era ferito, mi chiedevo cosa racconterà ai suoi compaesani del nostro sistema sanitario e se gli consiglierà di tornare a fare le vacanze da noi) suggerirei alcune soluzioni:

  1. gli anziani, magari a partire da 70 anni, dovrebbero avere le stesse priorità dei bambini, perché non si può tenere ultraottantenni, come mia madre, una giornata intera in Pronto Soccorso, per visite che al massimo, cumulandole, sono durate meno di un’ora;
  2. tanti turisti probabilmente non conoscono la rete delle Guardie mediche al mare e si riversano in massa al Pronto Soccorso, intasandolo, per interventi che magari potrebbero essere fatti altrove. Una buona campagna d’informazione, coinvolgendo tutti gli operatori, potrebbe aiutare;
  3. il 18 agosto 2014 non deve essere stato il primo nella lunga storia turistica di questa città. Allora ci si chiede come mai non sono stati predisposti servizi sanitari di pronto intervento capaci di sbrigare in tempi ragionevoli le richieste che tutti sanno aumentano, in questo periodo. Pianificazione  e flessibilità vuol dire questo: servizi adeguati a seconda della domanda prevedibile.  Si dirà che i servizi costano: visto che costa anche la cattiva immagine che lunghe ore di attesa producono sui turisti, in particolare stranieri, si può pensare di prendere anche una parte della tassa di soggiorno per approntare, nel periodo estivo, servizi di assistenza sanitaria adeguati;
  4. il fenomeno dei “furbetti” che passano davanti nelle file, perché amici o parenti del medico o tecnico di turno, va assolutamente impedito e represso con la massima severità. Un codice di comportamento interno dovrebbe impedire solo l’idea che qualcuno lo possa pensare. E’ una questione etica ma anche di serietà del servizio;
  5. ultimo: un servizio di Pronto Soccorso di qualità dovrebbe indicare i tempi massimi di risoluzione  degli interventi. Questi tempi dovrebbero essere esposti nelle sale di attesa, perché tutti possano confrontare la propria esperienza con gli obiettivi di qualità del sistema sanitario.

Infine vorrei esprimere un plauso al personale del Pronto Soccorso, medici e infermieri, quasi tutti giovani, che nel mio lungo viaggio, accompagnando mia madre  tra le varie “urgenze”,  ho sempre trovato gentile, disponibile e qualche volta perfino premuroso (soprattutto le donne).  Ma non potevano fare miracoli. Però il servizio va migliorato. Nessuno deve passare un giorno al Pronto Soccorso, per interventi che si possono risolvere in poche ore.  La qualità del servizio  e la competitività del turismo è fatta anche di questo. Inutile spendere in costosi programmi di promozione se poi ci perdiamo nelle cose essenziali.