Teatri, va di scena la crisi

di Marzia Caserio

Crisi di fondi, crisi di strategie. E’ questo lo spettacolo che va più in scena nei teatri della provincia. Senza maschera e senza inganno, la realtà per gli addetti ai lavori è   surreale quanto una commedia contemporanea. Gli enti comunali tagliano i fondi, le rassegne teatrali vengono dimezzate o ridotte, gli spettacoli impoveriti nella qualità, con conseguente calo di pubblico e a seguire, di biglietti strappati. E’ un cane che si morde la coda, l’affare cultura. Specie quando si parla di teatro, già di per sé, una scelta di nicchia. Basta pensare all’esperienza del Teatro comunale “E. Pazzini” di Verucchio che da quest’anno è costretto a presentare una rassegna di appena due appuntamenti, rispetto ai 4-5 dell’anno scorso. La caduta vertiginosa di contributi, 15mila da parte del Comune, ha indotto l’associazione culturale Verucchio Teatri e Musiche che gestisce la struttura, a tagliare sulle date. “Era l’unica soluzione possibile – commenta Gianluca Venturini, presidente del teatro -. Nonostante il supporto economico delle Rete dei teatri della Valmarecchia e l’aiuto di qualche sponsor come la Cassa di Risparmio di Rimini, non si riesce più a chiudere la stagione, almeno in pareggio”. In ogni caso dal 2007 a oggi si è riusciti a chiudere in attivo negli anni 2009, 2010 e 2011, pur navigando a pelo d’acqua. “Se una volta per una rassegna di spendevano anche 40mila euro, oggi questo non esiste più. Al massimo 30mila, se ci sono risorse, altrimenti si va in perdita”. Con incassi annui davvero esigui, attorno ai 6mila euro. Dunque, non ci si vive. Lo sanno bene i 9 membri dell’associazione che lavorano tutti come volontari.

Che non si viaggia sul velluto, ormai da anni, lo sanno bene anche a Montescudo dove lo storico teatro ottocentesco “Rosaspina” vede la chiusura in passivo come una normale prassi per rimanere in vita. Triste a dirsi, ma è così. Mancano i soldi e gli unici sono quelli del Comune che riesce a malapena a mettere a bilancio 5mila euro. Nella notte dei tempi si perdono i contributi degli sponsor e di altri enti. Così la spesa media di 20mila euro annui (comprensiva di gestione, utenze ecc… ) non viene mai recuperata. “L’unico ritorno che abbiamo è dato dai biglietti, attorno ai 10 euro,  e dai bar e ristoranti”, commenta Gilberto Arcangeli, l’assessore alla Cultura del borgo. “La nostra forza – aggiunge – è lo storico orientamento alle commedie dialettali, con le quali riusciamo a richiamare una buona fetta di pubblico, non solo riminese. Più difficile l’approccio con la prosa o la musica. Per avere riscontro dovremmo chiamare nomi noti, ma non abbiamo denaro per farlo e così scegliamo compagnie locali o giovani che non chiedono molto”.

E’ ricorso al binomio teatro-biblioteca il comune di Saludecio, rimandando tutto a una gestione interna “altrimenti non riusciremmo a starci dentro”, fa sapere Gigliola Fronzoni, l’assessore alla Cultura e Turismo. Infatti, l’ufficio cultura in primis, seguito da consiglieri e volontari, dedica il suo tempo extra-lavorativo all’autogestione del teatro “G. Verdi”: dall’apertura allo spegnimento delle luci a fine spettacolo. Una gestione casalinga grazie alla quale “l’anno scorso siamo riusciti a stare dentro circa 8mila euro di investimento”.

Briciole, se paragonate a quelle del comune di Riccione, dove, nel caso del Teatro del Mare, da 160mila euro di contributi, negli ultimi anni si è passati a 102mila euro. Tutto va alla compagnia “Fratelli di Taglia”. Nell’accordo con l’amministrazione, oltre a garantire un numero minimo di spettacoli, sono previste anche 15 giornate gratuite a disposizione del comune, affitti esterni, spettacoli realizzati in collaborazione, spese di organizzazione, promozione ecc… . Vanno poi aggiunti (stagione 2011/2012) 7.200 euro da parte degli sponsor e 9.600 euro da parte del Ministero. Da ciò devono trovarne sostegno 9 persone: 4 soci lavoratori, 3 tecnici e 2 addetti all’amministrazione. In più va realizzata una rassegna annuale. Come ci si riesce? Nell’ultima stagione, il bilancio è stato attorno ai 211mila euro. Così ripartito: 85mila cachet artisti, 45mila personale impiegato, 33mila amministrazione, 8mila promozione, 10mila manutenzione, 8mila utenze e 22mila per la direzione artistica.

“Tutto viene gestito in maniera oculata – commenta Daniele Dainelli, il presidente della compagnia – perché anche noi abbiamo il rischio d’impresa. Dunque, dobbiamo saper fronteggiare le emergenze e cercare di non sperperare, anche quando si parla di riscaldamento e luce”. L’unica soluzione per uscire dalla crisi “è portare la gente a teatro, puntando proprio sui biglietti venduti che nell’ultimo anno hanno fruttato 76mila euro”. La compagnia ha previsto una tipologia di ticket variegata: dai 5 euro ai 17 con prezzi agevolati per le fasce d’età over 65 e under 18.

Diverso l’impegno al Teatro Corte di Coriano dove da quest’anno hanno preso in mano la direzione artistica con un budget comunale di 37mila euro, più 5mila euro di rimborso per spese tecniche e personale.

Resta un caso a sé l’associazione Santarcangelo dei Teatri: partita con la rassegna, implementata dal festival estivo, sconfinata in un intero “Anno Solare” di appuntamenti teatrali. Un bilancio complessivo (2012) di circa 800mila euro che deve fare i conti con i costi: 575mila euro per il festival (cachet artisti, costi degli allestimenti, promozione, personale organizzativo); 35mila euro per le attività annuali, oltre ai costi fissi. Nel 2012 il Comune dalla sua ci ha messo 140mila euro mentre gli sponsor sono intervenuti con 55mila euro. L’entrata maggiore, 100mila euro, è rappresentata dalla vendita degli biglietti e abbonamenti, entrate da laboratori, incassi del Centro Festival, del dopo Festival, affitti di sale e merchandising. Una grande macchina organizzativa che negli ultimi anni non ha deluso. Se il 2010 ha chiuso in pareggio, il 2011 ha portato a casa 26mila euro extra che però verranno riassorbiti nel bilancio consuntivo del 2012, probabilmente in passivo di 20mila euro.

Il Festival ha un solo dipendente a tempo indeterminato, due collaboratori con contratti a tempo determinato ma con un arco di contrattualizzazione che copre all’incirca l’anno. Oltre a quattro persone con contratti di collaborazione non esclusiva che operano con la struttura quando c’è bisogno. Infine, a ridosso del Festival sono circa una trentina le persone contrattualizzate a vario titolo per la realizzazione della manifestazione.

Sopravvive infine la compagnia Teatro dei Cinquequattrini che gestisce ormai da 4 anni il teatro “Massari” di San Giovanni in Marignano. Ogni anno è più dura immaginare un cartellone, vuoi per i pochi fondi (45mila euro da parte del Comune) vuoi per una latitanza di nuove forme di promozione capaci di attirare sempre più utenti. “Non è dura, è durissima – spiega Silvia della compagnia – . Dentro quel budget ci deve stare tutto, dal gas al riscaldamento fino al cachet per gli artisti, e a noi rimane il nulla. La nostra forma di sostentamento mensile arriva dall’insegnamento della recitazione, altrimenti non riusciremo a vivere”. Ogni decisione va limata, rapportata, discussa per arrivare così a 25 appuntamenti calibrati. “Grandi nomi, grandi compagnie spariscono. Si punta sui monologhi, meno costosi, su produzioni locali e su biglietti economici che non superino i 10 euro”.