Leonardo Benevolo: “Non esiste nessuna riminizzazione”

Intervista di Lucia Renati

Quando, a metà degli anni Novanta, arrivò insieme al figlio a Rimini per redigere il Piano Regolatore della città, rimase stupito. Stupito da una Rimini che si aspettava riminizzata come si diceva in quegli anni. Un aggettivo che le è rimasto appiccicato, per indicare le brutture della cattiva urbanizzazione, della cementificazione a tutti i costi, di un’architettura che non funziona, sregolata e brutta. Invece trovarono una Rimini bella, una città a vocazione turistica che sfruttava i suoi spazi, certo con qualche sbaglio, ma, in generale, li sfruttava bene. Lo ha raccontato a TRE Alessandro, figlio di Leonardo Benevolo, l’architetto classe 1923, che si può considerare a pieno titolo come uno dei massimi storici viventi dell’architettura e dell’urbanistica. Nel 1996 fu lui a redigere il Piano Regolatore della città di Rimini, che non fu mai approvato.  Autore di opere tradotte in decine di lingue, ambientalista di punta di Italia Nostra, redattore di piani urbanistici che hanno fatto scuola, progettista di opere controverse, come smantellare via dei Fori imperiali a Roma per realizzare un parco archeologico. Nel suo ultimo libro La fine della città edito da Laterza, Benevolo decreta la fine dei centri urbani. Secondo lui la città è in crisi perché sta perdendo il senso della misura: gli agglomerati odierni, come metastasi, stanno invadendo il territorio mettendo in crisi la nostra capacità di orientarci nello spazio.

“Il nostro lavoro a Rimini purtroppo non andò a buon fine – ci racconta il figlio Alessandro – il piano che fu poi approvato era diverso da quello che avevamo presentato. La Provincia, in sede di approvazione, sollevò una serie di obiezioni e l’amministrazione, a suo tempo, non volle discuterne. Era prevalentemente una questione di tagli. Il piano prevedeva una serie di interventi per la fascia costiera, per la riqualificazione del sistema alberghiero, la strada litoranea e le infrastrutture. C’era un sistema di previsioni residenziali d’iniziativa pubblica, che dovevano servire a contenere i costi, c’era una disciplina particolareggiata per il centro storico. Tutte queste parti furono stralciate, di tutta quella visione è rimasto soltanto un relitto”. Non solo. “Nel nostro disegno – prosegue Alessandro Benevolo – era previsto un rinnovo delle concessioni in cambio della sistemazione di tutta la fascia litoranea. Una grande duna sfruttando il dislivello. Tutto questo meccanismo è saltato completamente”. Si trattava di un’idea che comprendeva tutti i 15 km di lungomare di Rimini e non di un progetto singolo.

Ora la progettazione per la riqualificazione del lungomare di Rimini è stata affidata ad architetti di fama internazionale come Norman Foster, Jean Nouvel e Julien De Smedt. Le cosìddette ‘archistar’. Cosa ne pensa?

Sono dei bravi architetti, ma a Rimini il problema non è quello di un singolo progetto, per quanto con firma prestigiosa. A Rimini esiste una fascia demaniale occupata dagli alberghi in prima fila. Le ‘archistar’ e i loro emuli sono insensibili al contesto e al senso della misura, incapaci di costruire luoghi significativi come lo erano  per esempio, nell’antichità. È un’architettura che piega verso la creazione artistica. Se torniamo alle parole di Le Corbusier, l’architettura è un servizio che si presta all’uomo, per l’intera vita quotidiana, non solo per la ricreazione. Gli architetti oggi non vogliono giocare un ruolo subalterno alla pianificazione urbanistica. Non si possono – dice Benevolo – produrre cose dall’oggi al domani, bisogna avere pazienza. Questi protagonisti impazienti della scena attuale arrivano al successo e si sentono prematuramente soddisfatti. Invece il successo precoce – di pubblico o mediatico – è una caratteristica che talvolta congela la ricerca. E’ questa la lezione che le grandi star di oggi, travolte dal successo, hanno dimenticato. Imparare la virtù principale, cioè la capacità di distinguere fra quel che è importante e quello che non lo è”.

Ha visto il Palacongressi di Andreas Kipar?

“Non ho visto il Palacongressi, so com’è fatto perché era già nelle previsioni del nostro piano, ma non so come sia venuto”.

Un’altra domanda su un edificio di cui si parla da parecchio, il teatro Galli. C’è chi vuole la ricostruzione filologica ‘dov’era, com’era’ (del progetto Garzillo-Cervellati), chi invece lo vuole riadattato alla Rimini odierna. Qual è la strada giusta a vostro parere?

Conosco bene il Teatro Galli, in piazza Cavour. Anche nel nostro piano c’era una soluzione. I progetti di ricostruzione nei centri storici hanno i limiti fisici dell’edilizia pre-esistente poi, come succede in tutte le città europee, o del mondo, si possono usare linguaggi diversi. Si può ricostruire l’impostazione antica ma con le tecniche moderne, anche nei materiali. Il problema filologico si pone nel ripristino delle condizioni geometriche. Una volta assicurata la dimensione fisica della ricostruzione, poi questo potrà avere un linguaggio moderno contemporaneo.

Esiste secondo lei una effettiva “riminizzazione”?

“Più che altro è un luogo comune. Noi siamo arrivati prevenuti a Rimini. Poi siamo stati smentiti dalla realtà. Una delle forze di questa città è stata quella di adeguare l’offerta ricettiva che non è solo fatta di alberghi. La città, ha saputo arricchirsi di spazi pubblici. Rimini è una città che abbiamo imparato ad apprezzare lavorandoci, che garantisce un’offerta turistica non standardizzata o industrializzata come qualcuno vuole far credere in Italia. È un modo di fare vacanza. Potendo contare meno sulle bellezze naturali, punta più sull’organizzazione ricettiva ma questo è quello che ha fatto sopravvivere Rimini fino adesso, anche se con qualche défaiance”.

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Chi è Leonardo Benevolo

Leonardo Benevolo ha studiato architettura all’Università di Roma, dove si è laureato nel 1946. Ha insegnato storia dell’architettura a Roma e poi alle Università di Firenze, Venezia e Palermo. Per le sue prime, geniali intuizioni (rivoluzionarie per la cultura di quegli anni), in particolare sulla differenza fondamentale fra architettura romana e architettura greca, gli fu data la cattedra di “Storia e stili dell’Architettura I e II” alla facoltà di Roma nel 1956, a soli 33 anni. I suoi scritti, diffusi e tradotti in molti Paesi, gli hanno dato fama internazionale. Benevolo ha svolto un’intensa attività professionale che lo ha portato a progettare e costruire la nuova sede della Fiera di Bologna, il piano regolatore di Ascoli Piceno, il piano del centro storico di Bologna, il piano regolatore di Monza (1993-97). È stato inoltre membro della commissione incaricata del piano di ricostruzione dell’area completamente devastata dal disastro del Vajont nel 1963. Chiamato a Brescia per la progettazione del nuovo quartiere S. Polo, vi si è stabilito definitivamente, continuando l’attività professionale, specie in urbanistica, occupandosi dei Piani Regolatori di diverse città piemontesi e lombarde, oltre che di quello di Rimini.

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Il piano regolatore del 1996

Nell’ordinamento italiano il Piano Regolatore Generale Comunale (P.R.G.C.) è uno strumento che regola l’attività edificatoria in un territorio comunale. È redatto da un singolo comune o da più comuni limitrofi (Piano Regolatore Generale Intercomunale) e contiene indicazioni sul possibile utilizzo o tutela delle porzioni del territorio cui si riferisce. Ai tempi in cui ci hanno lavorato Benevolo e figlio, Rimini aveva 132.000 abitanti ed occupava un territorio complessivo di 134,2 kmq. Durante il picco del periodo estivo la popolazione arrivava a 560.000 abitanti. Il piano Benevolo affrontava diverse tematiche: mobilità, parcheggi, nuovo sistema infrastrutturale e dei servizi, completamento dei parchi, equilibrio fra la città e il territorio non urbanizzato. “Uno degli obiettivi generali – si legge nel piano – è di evitare lo schiacciamento dell’area urbanizzata nella striscia prossima al mare, e di ottenere una distribuzione razionale delle funzioni nell’entroterra”.