Un export….in miniatura

di Stefano Rossini

All’occhio del riminese, il parco tematico di Italia in miniatura ha la stessa valenza di un monumento della città. Fa parte del tessuto cittadino da così tanto tempo che sarebbe difficile immaginarla senza. Il parco ha aperto il 4 luglio del 1970, e da allora ha aumentato le sue attrazioni e la sua conoscenza del mondo “in miniatura” fino a diventare un punto di riferimento per chi, oggi, desidera acquisire le conoscenze e le tecniche per aprirne uno nel proprio paese. Come un edificio storico della città, per tornare al paragone iniziale, anche Italia in miniatura nasconde segreti e passaggi difficili da vedere ad uno sguardo superficiale. Segreti e conoscenze che oggi interessano molto chi vuole entrare nel settore dei parchi ludici. Si sono da poco concluse le trattative con la Corea del Sud per aprire una Italia in miniatura nel paese asiatico, e sono attualmente in corso quelle per aprire un parco in miniatura, a tema mondiale, in Cina.
Abbiamo chiesto come è cresciuto il parco e in che modo sono state sviluppate le strategie che hanno portato alla sua fortuna a Paolo Rambaldi, attuale direttore insieme alle tre sorelle.
“Molti parchi tematici in miniatura come il nostro – spiega – hanno una vita media di pochi anni. Aprono in zone alla periferia della città, dove i terreni costano poco, con un investimento iniziale contenuto. Poi però, man mano che la città si espande, quei terreni diventano più appetibili e spesso cala l’appeal per la struttura che non riesce a rinnovarsi e ad offrire qualcosa di nuovo”.
Diversa, invece la storia di Italia in miniatura che ha ormai all’attivo 40 anni di storia. Una storia, come altre, partita in piccolo, da un’idea di Ivo Rambaldi, padre di Paolo, che lo apre con alcuni modellini autocostruiti alla fine degli anni OE60. Ma nel 1976 Paolo è già in Canada a fornire supporto per l’apertura di un altro parco a tema. Al ritorno riprende il lavoro amministrativo. Ma ben presto si rende conto che se si vuole rimanere a galla serve qualcosa in più.
“Nel 1993 morì mio padre e l’azienda si trovò ad un punto di svolta. Decidemmo di investire in tecnologia per diventare più competitivi ed entrare nel libero mercato. L’idea era quella di scorporare la parte di ricerca e sviluppo per farne una branca autonoma. Nacque così la General Display di San Mauro. Tra alti e bassi, oggi ci sono 15 dipendenti, di cui 6 miniaturisti, e abbiamo partnership con università ed altri centri di ricerca per l’utilizzo di apparecchiature all’avanguardia nel campo del rilevamento come i gps o i tachiometri laser”.
Qual è il servizio che fornite e quali strutture sono interessate al vostro lavoro?
“In accordo alla nostra occupazione principale costruiamo modellini di edifici storici. Ora la cosa si fa in modo diverso, più tecnologico. Utilizziamo dei software creati ad hoc per interpretare i dati dei gps e delle macchine fotografiche per realizzare modelli virtuali di luoghi, piazze, città e palazzi che poi vengono realizzate da macchine a controllo numerico e rifinite dai miniaturisti. I nostri clienti sono ovviamente i parchi in miniatura che vogliono aprire e rinnovarsi, ma anche i musei che vogliono aprire sezioni e itinerari multimediali e lavoriamo anche con le grandi aziende di moda per realizzare modelli di vetrine di negozi”.
Il percorso di rinnovamento di Italia in Miniatura, cominciato nel 1993 e attivo pienamente dal 1997 ne fa oggi uno dei pochi parchi in Europa a poter fornire la conoscenza e la tecnologia a chi vuole avvicinarsi a questo mondo.
“Molti di quelli che vogliono aprire un parco in miniatura si fanno l’idea errata che sia un lavoro semplice ed economico. Invece servono conoscenze e tecnologie. Noi siamo iscritti allo IAMP, l’International Association of Miniature Park, che comprende i principali parchi del genere in Europa. Tra tutti i 21 iscritti siamo solo in due, noi e un parco spagnolo, a poter fornire il supporto per realizzare un parco di questo genere”.
Quali nuovi parchi state progettando in questo momento?
“Stiamo lavorando ad un’Italia in miniatura in Corea del sud. Da un’indagine di mercato è infatti emerso che i coreani, potendo viaggiare, sceglierebbero l’Italia come meta. Per permettere a tutti quelli che vorrebbero visitare il Belpaese, ma attualmente non possono, sarà realizzato questo parco che riproporrà le principali bellezze italiane. Dietro questo progetto c’è un grosso gruppo multinazionale che ha già acquistato un terreno di oltre 330 ettari su cui sorgerà il parco e un centro commerciale specializzato in prodotti italiani di enogastronomia e moda.
Non solo: stiamo anche lavorando ad un progetto di più ampio respiro in Cina. In questo caso si tratta di un parco dedicato a tutto il mondo. Anche qui, il principio è di permettere ad una popolazione che diventa sempre più ricca, internazionale e interessata a conoscere il pianeta, di vedere cosa c’è oltre i propri confini anche senza viaggiare. Siamo ancora alle trattative. E’ presto per parlare. Ma le economie emergenti sono molto interessate a queste attrazioni, anche paesi come la Russia e la Romania”.
Nell’economia del parco quale peso ha la parte tecnologica?
“Per noi l’introito principale rimane ancora la visita a Italia in miniatura. Quest’anno, nonostante le difficoltà, le cose sono andate bene. Meglio dell’anno scorso. La parte di ricerca e sviluppo ci dà grandi soddisfazioni e cresce in continuazione. La realizzazione di un parco è un lavoro che può durare anche anni e che ci tiene impegnati per molto tempo. Anche in questo settore le prospettive sono davvero buone”.