Un 2012 dai due volti per le imprese riminesi

di Marzia Caserio

Cosa bisogna aspettarsi dal 2013? E’questo il dilemma che attanaglia le aziende del territorio riminese, lanciate sull’aspetto dell’innovazione e della qualità dei prodotti offerti, frenate sugli investimenti e le assunzioni.

Il 2012 non è stato proprio l’anno dalle uova d’oro. Tutt’altro. Il segno negativo è un po’ dappertutto: produzione, ordini e occupazione sono in affanno e il 2013 non lascia presagire un’inversione di tendenza. L’ultima fotografia è stata scattata dall’ufficio studi di Confindustria Rimini, prendendo in esame i dati del primo semestre 2012 e le previsione del secondo. “La situazione da gennaio a giugno – spiega Maurizio Focchi, presidente di Confindustria Rimini – sconta tutte le difficoltà che le precedenti rilevazioni facevano intravedere nelle aspettative e negli ordini. Il rallentamento globale si è avuto nei mesi estivi e a questo si sono aggiunti altri fattori di arretramento: risanamento dei conti pubblici, credito più razionato e costoso, crisi del settore delle costruzioni, disoccupazione”. In particolare, resta critico l’accesso al credito: a luglio 2012 gli impieghi delle banche verso le imprese private sono diminuiti di 678,90 milioni di euro su base annua. Secondo un’indagine svolta fra i propri associati dall’associazione riminese degli industriali, l’80% sostiene che è in atto un razionamento del credito, il 35,48% si è visto negare nuovi affidamenti mentre il 21,43% ha avuto richieste di rientro.

Credito: chi l’ha visto?

I freddi numeri, però, non bastano a raccontare la realtà, così TRE ha fatto un breve viaggio tra alcune imprese, alcune dei veri fiori all’occhiello, disposte a raccontarci le loro difficoltà giornaliere, tra incassi, soddisfazioni e perdite e quotidiane.

Top Automazioni (a Poggio Berni) nasce negli anni Settanta come azienda specializzata nella meccanica di precisione con torni automatici di barre. Un settore in cui è difficile trovare concorrenza, ma ancora di più banche pronte a investire. “Per noi non c’è nessun tipo di aiuto finanziario – spiega Bruno Bargellini, il titolare – Né mutui, né prestiti. E’ tutto bloccato. Almeno facessero una selezione tra chi è più o meno virtuoso, invece niente. La banca dice ‘no’ a qualsiasi condizione”. E la battaglia di Bargellini con gli istituti di credito è quotidiana. “Il 60% dei macchinari pronti per essere consegnati non possono arrivare al committente perché non ci sono finanziamenti per le imprese. Solo il restante 40% compra con le sue forze economiche, affidandosi a lunghi pagamenti. In questo modo di ritorna indietro, a danno di tutti”. Nonostante l’azienda sia leader in caricatori automatici per torni con esportazioni in tutto il mondo, il 2012 è stato ancora peggiore del 2011. Secondo il titolare l’anno in corso chiuderà con circa 10 milioni di ordini a fronte di 4 milioni e mezzo di fatturato. Una miseria “visto che abbiamo le potenzialità per arrivare a 15milioni di fatturato. Ma se nessuno vuole rischiare, vuole sostenere l’esportazione e l’innovazione, diventa impossibile”. Nel 2008, Bargellini con le proprie forze ha messo a punto due nuovi prototipi. Le banche avrebbero potuto sostenerlo ma non l’hanno fatto. “Mi sono rivolto a diversi istituti ma mi hanno risposto picche. Allora ho fatto tutto con i miei soldi perché l’innovazione è tutto”. Specie quando si hanno in carico 53 dipendenti regolarmente assunti con contratto a tempo indeterminato a cui a fine mese bisogna dare delle risposte. Dal 2009, per evitare licenziamenti, si è scelta la cassa integrazione ad alternanza e oggi non va molto meglio.

Nella crisi c’è chi assume

Anno stabile, in linea con il 2011, quello dell’azienda Vici di Santarcangelo di Romangna che si dichiara, incubo crisi a parte, piuttosto soddisfatta. Nel suo settore, dedicato ai sistemi per l’automazione industriale, Vici sembra non avere rivali, né a livello locale, né nazionale, tant’è che deve vedersela con due colossi europei: Svizzera e Germania. Ma non per questo resta a guardare seduto in panchina. Con un fatturato che si aggira attorno ai 40 milioni annui, quest’anno Vici ha deciso di aprire da ottobre una filiale in Germania che si occupa di vendita e assistenza. L’obiettivo è dare del filo da torcere “al nostro maggiore competitor” spiega Luca Vici, il titolare. “Ogni anno investiamo in ricerca circa 500/600mila euro e finora siamo cresciuti. Sono convinto che se siamo precisi, di parola, metodici e inventivi possiamo giocarcela”. Dalla sua anche le banche che finora non gli hanno mai messo i bastoni tra le ruote. “Se hai dei buoni bilanci, una buona capitalizzazione, buoni clienti pagatori e il tuo rating è positivo sono le banche che vengono da te per investire”. Dall’altra, però, non nega, che ci sono clienti che non possono acquistare i prodotti Vici “perché non riescono a ottenere un finanziamento”. Forte del suo assetto economico, l’azienda al momento conta 65 dipendenti, di cui 6 assunti nel 2012, per un totale di 20 nuovi impiegati negli ultimi due anni. Una piccola caduta si è registrata solo nel 2009 quando per tre mesi è stata aperta la cassa integrazione. “Ma poi da settembre ci siamo ripresi commercializzando un prodotto che prima non avevamo”. In questo modo si è riusciti anche a incentivare l’esportazione, pari al 15%, con un aumento della richiesta statunitense e una crescita della domanda da parte del mercato italiano “che a sua volta esporta all’estero”. Molto altro si potrà fare nel 2013 “che potrà riservare opportunità per le aziende che hanno saputo prima capitalizzare e poi investire in tecnologia, nuovi prodotti e sulle risorse umane, vero cardine portante al di la dei manager e dei processi che per altro restano punti fondamentali”.

Investimenti: missione possibile

Resiste agli scossoni economici anche Aeffe Spa di San Giovanni in Marignano, società del lusso quotata in borsa che opera nel settore pret-a-porter con marchi del calibro di Alberta Ferretti, Moschino, Pollini, JP Gaultier e Ungaro. Nei primi nove mesi del 2012 i ricavi sono stati pari a 198,7 milioni di euro rispetto ai 197,4 dei primi nove mesi del 2011. Bloccato, almeno per il momento, il mercato italiano che ha registrato una diminuzione del 6,1% di vendite, portando il fatturato da oltre 84 milioni di euro a 78 milioni. Va meglio nei paesi asiatici, come il Giappone, e in Russia, con una buona risposta anche da parte degli Stati Uniti. L’indebitamento finanziario è sceso a 95,6 milioni di euro: meno rispetto al 2011 quando il totale ammontava a 107,6 milioni. “I primi nove mesi di quest’anno – commenta Massimo Ferretti, presidente esecutivo di Aeffe Spa – evidenziano un buon recupero delle redditività operativa, che registra una crescita più che proporzionale rispetto all’andamento dei ricavi”. Nonostante perdite di pochi punti percentuali, la via da percorrere nell’anno che verrà, rimane quella dell’investimento. “Nonostante la difficile congiuntura economica, si punta agli investimenti per il rafforzamento della presenza geografica in mercati ad altro potenziale come quelli asiatici, attraverso nuovi progetti”.