UMPI e VELA: l’impresa e la ricerca

di Domenico Chiericozzi

Sono due storie completamente diverse quelle di Umpi, navigata azienda con sede a Cattolica nel settore dell’elettronica, e il progetto VELA, start up nelle mani di tre giovani ingegneri riminesi per lo sviluppo e la commercializzazione di turbine mini-eoliche. Eppure qualcosa le unisce. E’ il tema della Ricerca. Teorica, comparata, tecnologica, di processo, empirica (chi più ne ha più ne metta rispetto agli ambiti di applicazione), la Ricerca oggi è ritenuta l’unica ancora di salvezza per uscire da questa grande crisi. C’è anche altro. In entrambi i casi c’è stato sostegno, non solo economico, da parte delle istituzioni locali, in particolare citiamo la Camera di Commercio perchè l’ente nel 2012 (bando aperto anche per il 2013) ha stanziato, per la prima volta, un fondo di 50 mila euro per la concessione di contributi a favore delle piccole e medie imprese interessate a progetti di ricerca applicata.

L’esperienza e la capacità di cogliere e anticipare i tempi. Il caso Umpi.

Umpi nasce nel 1982. E se attualmente occupa una posizione importante nello scenario internazionale non è certo frutto del caso. Ecco una delle loro principali idee. Trasformare una rete elettrica in qualcosa di intelligente. Ne sanno qualcosa a Montescudo, battezzata recentemente prima smart city della Valconca visto che per la gestione dell’illuminazione pubblica ne ha adottato un sistema che, secondo le dichiarazioni ufficiali, dovrebbe portare ad un risparmio del  52,3% sulle spese di energia elettrica e manutenzione. Una notizia certamente positiva che tuttavia attende la prova dei fatti.

Fondata da Piero Cecchini e Umberto Olivieri, Umpi intuisce subito le potenzialità dei mercati esteri tant’è che già nel 1986 inizia l’export delle proprie linee di prodotto che a quel tempo si rivolgevano al  controllo e la sicurezza degli edifici. I successi arrivano piuttosto rapidamente. Nel 1993 con il marchio Minos System, l’azienda realizza il “primo sistema brevettato al mondo di telegestione dell’illuminazione esterna”. Con questa “invenzione” oltrepassa le Alpi e arriva a realizzare i primi impianti in Francia. Poi ancora nel 2008 Umpi diventa partner di Telecom Italia e Minos System, come per magia, arriva sulle autostrade inglesi. Tanti i premi “eccellenti”. Nel 2011 per l’azienda cattolichina arriva il premio Sette Green Awards promosso dal Corriere della Sera confermandosi una delle realtà più innovative della Green economy italiana. Ma il bello deve ancora arrivare. E riguarda l’estero, e siamo a oggi. In Medio Oriente Umpi continua a incrementare le proprie posizioni. Nel 2012 la crescita su questi mercati è stata del 20%. Solo nei  primi 2 mesi 2013 il fatturato è stato di 1,5 milioni e le previsione 2013 sono di 5 milioni. Un mercato, quello del Middle Est, che sul totale del fatturato incide già il 40%. Complessivamente l’export cresce del +20%. Oggi Umpi conta  60 dipendenti circa 150 collaboratori in Italia e nel mondo.

Il cuore della ricerca si trova all’interno di R&D, il proprio laboratorio (accreditato al Miur – Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) dove sono impegnate 15 persone, quasi tutti ingegneri, le cui attività sono coordinate dall’ing. Marco Ghetti.

 

Ing. Ghetti, quanto pesano gli investimenti in ricerca sul totale?

Sul totale degli investimenti molto. Rispetto alla media nazionale che è di pochi punti percentuali, noi siamo ampiamente al di sopra. La nostra ricerca copre ambiti molto ampi proprio perchè lavoriamo su progetti applicativi per la Smart City, ovvero tutto ciò che può contribuire a creare città intelligenti. Inoltre abbiamo molte e proficue collaborazioni con l’Università di Bologna. Ospitiamo tirocinanti e seguiamo con loro diversi progetti.

Quali sono gli ambiti di ricerca su cui vi state concentrando?

Le principali tendenze sono l’info mobilità, e la gestione del territorio quindi tutto ciò che concerne il monitoraggio ambientale, i parametri meteorologici e la sicurezza.

E il risparmio energetico?

Il risparmio energetico direi che oggi è ormai collaterale. I Comuni dispongono di impianti di illuminazione pubblica che di fatto sono attivi per circa la metà della giornata. Ecco, implementandoli con i supporti che offrono oggi le nuovo tecnologie si potrebbero utilizzare per numerose altre funzioni, tramite ovviamente l’installazione di telecamere, sensori.

Idee , coraggio e ideali. Il progetto VELA

Molto diversa la storia del progetto VELA, acronimo che sta per Vento, Energia, Luce e Ambiente. La classica “start up”. Tutto nasce da un’idea, se vogliamo piuttosto personale, tra tre giovani amici, prossimi  alla laurea in ingegneria. Ne parliamo con Marco Callieri, che funge un po’ da portavoce del promettente gruppo.

Come è nata l’idea di queste turbine?

Nel 2010 in Germania durante l’Erasmus abbiamo realizzato il primo prototipo. Quello che ci entusiasmava di più era l’idea di produrre energia pulita, scherzando dicevamo che almeno tre turbine si sarebbero dovute fare per evitare almeno la nostra immissione di inquinanti nell’aria. Quindi se vogliamo anche da un’esigenza personale. Certo non saranno le nostre turbine a risolvere tutti i problemi perchè questo in realtà dipende dall’utilizzo intergrato di vari sistemi puliti, come ad esempio l’abbinamento dell’eolico con il fotovoltaico. Noi immaginiamo, ad esempio, molte auto e bici elettriche che una volta arrivate a casa avranno bisogno di essere ricaricate.

Una volta lasciata la Germania, come vi siete trovati in Italia e a Rimini?

Ci siamo sentiti in un contesto assolutamente favorevole, abbiamo ricevuto tutto quello di cui avevamo bisogno per partire. Grazie al concorso Nuove idee nuove imprese siamo riusciti a sviluppare il secondo prototipo e a redigere il business plan.

Che cosa prevede?

Devo essere sincero. La prima versione dovrà essere rivista perchè è necessario procedere con un aggiornamento relativo ai costi del prodotto. Non vogliamo anticipare numeri, lo faremo con maggiore a settembre prossimo. Quello che posso dire è che tramite Spinner (il Consorzio Spinner ha anche una sede a Rimini e offre supporto alle imprese innovative www.spinner.it) abbiamo chi ci aiuta.

A che punto siete e di che cosa avete bisogno?

Arrivati a questo punto l’ideale sarebbe trovare soggetti disponibili a investire in questo progetto. Non mi riferisco solo all’apporto di capitali, che sono fondamentali in questa fase, ma di know how anche tecnico e di gestione di impresa.

E con le banche come va?

Non abbiamo avuto incontri di approfondimento veri e propri. Al momento siamo con Eticredito e ci troviamo bene. Abbiamo ancora delle risorse economiche disponibili che abbiamo intenzione di investire interamente nello sviluppo del prototipo.

Le va di lanciare un messaggio?

Sì, lo faccio volentieri dicendo ai potenziali “investitori” di crederci davvero in questo progetto, perchè di energia ce ne sarà sempre più bisogno e di proteggere l’ambiente anche.

In conclusione, crederci fino in fondo

Queste due storie sono emblematiche. E dimostrano concretamente quanto affermato in via teorica in tutta la più recente letteratura economica sullo sviluppo delle economie locali (con concetti ripresi e proposte e rilanciate più volte da questo mensile) per cui quando idee imprenditoriali trovano un contesto favorevole, è molto probabile che possano anche  nascere imprese e occupazione di qualità. Certo non è facile, come dimostra il caso del progetto VELA. Perchè bisogna crederci fino in fondo. Non solo all’inizio.