Terra bruciata

Una abitazione, un capannone, ma anche una strada, un impianto sportivo e tanto altro, insomma tutto quello che costruiamo in genere si fa consumando il suolo. Che non è infinito. Quindi più ne occupiamo, meno ne resta disponibile per l’agricoltura, un bel parco, ma anche per lasciare sfogo agli argini di un fiume (infatti dove si è costruito a ridosso, con la complicità di pubblico e privato, spesso si allagano).

Dato che  il suolo è una risorsa scarsa, il suo ulteriore utilizzo andrebbe valutato sempre con molta attenzione. E dove possibile andrebbe privilegiato la rigenerazione e l’utilizzo di costruzioni già esistenti come abitazioni, vecchie e nuove, non occupate, capannoni industriali in disuso, ecc.

Per esempio, solo in provincia di Rimini, l’ultimo censimento delle abitazioni del 2011 aveva contato 40 mila abitazioni non occupate, praticamente vuote. Quasi una su quattro. Molte sono residenze turistiche, ma questo non depone a favore di un uso efficiente del territorio, visto la loro occupazione per brevi periodi l’anno.

Non è un caso se in provincia di Rimini, dove il turismo gioca un grosso ruolo, sia stato consumato più del 13 per cento del suolo disponibile, ben al di sopra dell’8 per cento di Forlì-Cesena e del  10 per cento di Ravenna.

Se vogliamo, niente rispetto a quello che hanno fatto alcuni comuni della Romagna come Cattolica, che ha urbanizzato il 61 per cento del suolo disponibile, Riccione il 50 per cento e Gambettola il 37 per cento.

Il grosso di questo utilizzo è avvenuto nei primi decenni del secondo dopo guerra, ma nonostante  i proclami sullo stop all’uso del territorio, sempre Rimini è la provincia che ha continuato a consumarne di più negli ultimi due anni.

Anche se è vero che considerando il consumo pro capite di suolo Ravenna, con 494 m2/ab, si è portata molto più avanti, precedendo le altre due province romagnole. Soprattutto Rimini, che risulta la provincia con il minor consumo per residente in Emilia Romagna (350 m2/ab), al di sotto perfino del valore nazionale.  La densità della popolazione più elevata degli altri spiega questo risultato.

Come sempre accade nelle località balneari, è lungo la costa che si costruisce di più. Infatti, rimanendo nella fascia di 300 metri dalla linea di costa, è stato consumato il 34 per cento del suolo costiero in Emilia Romagna, il 46 per cento nelle Marche e il 47 per cento in Liguria.

Il copione grosso modo si ripete se ci spostiamo nella seconda fascia da 300 fino a 1.000 metri dalla costa, dove risulta consumato il 32 per cento del suolo in Emilia Romagna, il 32 per cento in Campania e il 31 per cento in Liguria.

Ma in Europa l’Italia, come meno dell’8 per cento,  non è il paese a maggiore consumo di suolo, essendo preceduta da Olanda, Belgio e Lussemburgo, che si attestano tra il 10 e il 12 per cento, quando la media dell’Unione si situa poco al di sopra del 4 per cento.