Tecnopolo, primo obiettivo: farsi conoscere!

di Alessandra Leardini e Domenico Chiericozzi

Due laboratori in 1.500 metri quadrati, 16 ricercatori a tempo pieno, altri 27 part-time e un finanziamento di 9,2 milioni di euro, di cui 4,6 messi a disposizione dalla Regione Emilia-Romagna. Sono questi i numeri del Tecnopolo riminese, che circolano ormai da anni. Era il novembre 2009 quando il governatore Vasco Errani annunciava la nascita di dieci Poli tecnologici in tutta la regione, per un totale di 46 laboratori, 6 centri per l’innovazione, 1.800 ricercatori e un investimento complessivo di 234 milioni di euro. Fin da subito, la struttura prevista a Rimini appariva un po’ “sotto tono” rispetto alle altre province: solo per fare qualche esempio in Romagna, a Forlì-Cesena sono quattro le sedi previste con tre piattaforme di riferimento (meccanica e materiali, Ict e design, agroalimentare), 27 i ricercatori più altri 75 part-time e un investimento da 10 milioni di euro; a Ravenna-Faenza tre le sedi e quattro i laboratori sui temi dell’edilizia e nautica, energia e ambiente, meccanica e materiali, con 25 nuovi ricercatori e 68 a tempo parziale, e un finanziamento di 12,8 milioni. Se si guarda poi al territorio emiliano, Bologna (con 34.880 mq, 20 laboratori e 2 incubatori di impresa), Ferrara (12.300 mq per 4 laboratori) e Modena (10.000 mq, 2 laboratori e un nuovo incubatore) continuano a fare la parte del leone. Come sottolineato anche dall’imprenditore riminese Bonfiglio Mariotti nel suo Dossier Romagna, i fondi stanziati dalla Regione per lo sviluppo dei Tecnopoli nell’ambito del programma Por-Fesr Emilia-Romagna 2007/2013, sono stati distribuiti con un “impressionante squilibrio tra la Romagna e le aree emiliane industrialmente già molto forti”. Dei quasi 79.681.855 euro di contributi stanziati dalla Regione, appena il 9% è arrivato, infatti, alle province romagnole (7.365.464).

Al di là degli squilibri che, come detto, colpiscono in particolare il Riminese, salta all’occhio un altro fatto: il ritardo dei tempi di realizzazione di quella che sarà la sede dei due laboratori di ricerca riminesi: l’ex Macello comunale in via Dario Campana, proprio nel capoluogo. Secondo il progetto doveva essere pronto nel 2013. In base alle ultime notizie, entro la fine di febbraio il Comune di Rimini dovrà ultimare il progetto esecutivo mentre la struttura dovrebbe essere pronta entro dicembre 2014. Una cosa è certa: i finanziamenti regionali del programma Por-Fesr scadono nel 2013 e anche se ci sarà quasi certamente una proroga, l’obiettivo è di non perdere questa preziosa mole di denaro pubblico.

In attesa della nuova sede, però, i laboratori sono già partiti da due anni. Uno è l’unità operativa di eco-design industriale, recupero rifiuti e ciclo di vita dei prodotti, che fa capo al CIRI (Centro Interdipartimentale Ricerca Industriale) Energia e Ambiente coordinato dal Prof. Luciano Morselli; l’altro, Tecnologie innovative per la moda, fa invece capo al CIRI Meccanica avanzata e Materiali, si inserisce nell’attività del nuovo Dipartimento di Scienze della qualità per la vita del Polo scientifico-didattico di Rimini, ed  è coordinato dal Prof. Vincenzo Tumiatti.

Un incontro… che non c’è

A detta di entrambi i coordinatori, l’attività di ricerca del Tecnopolo riminese è dunque già attiva in altri spazi e la struttura dell’ex Macello sarà solo la ciliegina sulla torta. Tuttavia ha fatto riflettere, e non poco, la dichiarazione avvenuta lo scorso novembre, in occasione della presentazione alla città del nuovo Dipartimento universitario riminese, del suo direttore, il Prof. Giovanni Matteucci. “Le aziende locali – riportava il Resto del Carlino – si sono defilate sui lavori del Tecnopolo mentre le imprese non riminesi ci credono e ci investono”. Una stoccata che Matteucci ha spiegato meglio al nostro giornale. “La situazione è un po’ paradossale – afferma in riferimento al laboratorio di Tecnologie innovative per la moda – da una parte noi abbiamo fatto uno sforzo enorme per dotare questo territorio di un centro di ricerca che ha già attirato l’interesse di imprese anche fuori regione; dall’altra, si assiste a qualche problema di comunicazione con le imprese locali”. Matteucci riconosce che c’è una certa distanza, tutta da colmare, tra il mondo accademico e quello imprenditoriale. “Le aziende hanno una certa diffidenza verso la ricerca universitaria perché pensano che sia qualcosa di astratto. Ma non colgono lo sforzo enorme che è stato fatto con il Tecnopolo”. E ancora: “In questo momento pluriennale di crisi c’è titubanza a fare investimenti strategici e dove predominano aziende medie e piccole questo atteggiamento si fa acuto”. L’auspicio del Prof. Matteucci è che “le aziende facciano un passo oltre la soglia” e che l’Università, a sua volta, riesca a “vincere le resistenze che sono frutto di un retaggio culturale”.

Altolà ai materiali tossici!

Attualmente, per quanto riguarda l’unità operativa Tecnologie innovative per la moda, l’ambito d’applicazione non è solo quello del tessile. Cinque ricercatori sono impegnati nei laboratori dell’ex Arpa nello studio chimico-tossicologico dei materiali usati non solo nell’abbigliamento e in tutto ciò che rientra nel prodotto moda, ma anche nella cosmesi e nell’alimentare. L’obiettivo è studiarne eventuali tossicità ma anche possibili proprietà positive e protettive. Altri ambiti di ricerca sono poi il marketing e la comunicazione.

Il principale scoglio, a quanto pare, prima ancora di calare le ricerche sulle esigenze fattive delle imprese locali, è far sapere alle imprese potenzialmente interessate che questo polo di ricerca esiste ed è attivo. Il coordinatore, il Prof. Vincenzo Tumiatti, sta tentando la sfida. “Non è stato facile ma ci stiamo provando”. Diverse sono le aziende contattate, ultima la Mec 3, molte altre saranno visitate a breve per allacciare un primo rapporto conoscitivo.

La seconda vita dei rifiuti

Per quanto riguarda il CIRI su Energia e Ambiente è invece il prof. Luciano Morselli, già presidente per sedici anni del Comitato scientifico di Ecomondo, a tracciarci un primo bilancio. Il CIRI è strutturato in quattro unità operative con sedi a Rimini, Ravenna e Bologna. In totale conta circa 60 unità di personale strutturato dell’Università e 20 giovani ricercatori che collaborano a tempo pieno ed a vario titolo come assegnisti e contrattisti. “Nei laboratori di piazza Malatesta – spiega Morselli – siamo in totale una ventina di persone”.

Per l’unità operativa di Rimini i nuovi progetti di ricerca stipulati sono ormai una decina “e riguardano sia il recupero e valorizzazione di materiali che progetti di ricerca industriale inerenti i principi dell’Industrial Ecology quindi finalizzati a ricercare gli aspetti di sostenibilità nei processi produttivi e nei servizi in un contesto di Green Economy”.

Importanti le collaborazioni, anche internazionali: Il prof. Morselli cita l’invito alla Fiema (Fiera sulle tecnologie ambientali) a Rio Grande do Sur (Brasile) e la visita di una delegazione di Istanbul, ma soprattutto la collaborazione con l’Università di Kyoto sul tema del recupero dai veicoli a fine vita.

E a livello locale? Qui le partnership avvengono con un paio di grandi aziende. “Auspichiamo che lo sviluppo del CIRI miri ad altri obiettivi via via più ambiziosi. La realizzazione della struttura logistica del Tecnopolo di Rimini è nelle decisioni degli Enti locali, dalla Regione di altri enti  territoriali. Per quanto ci riguarda stiamo garantendo continuità come ospiti negli spazi del Polo Scientifico Didattico e dell’Università di Bologna. Con il 2013 terminerà il primo triennio di attività a seguito del quale e sulla base degli obiettivi acquisiti si affronterà un quinquennio ulteriore in un Piano di Sviluppo già tracciato a livello dei CIRI dell’Università di Bologna, di Aster e della Regione Emilia Romagna”.

E le imprese cosa dicono?

“Siamo a conoscenza dell’offerta del Polo e nei mesi scorsi, come Confindustria Rimini – spiega il presidente Maurizio Focchi – abbiamo organizzato un incontro di presentazione con l’obiettivo di fare conoscere ai nostri associati le opportunità. La proposta fatta in quell’occasione è stata che il Polo stesso organizzi presso le aziende monitoraggi e check up gratuiti proprio su innovazione e ricerca”.

A sentire Focchi c’è però un ma. “Le facoltà incardinate sul Polo di Rimini, tranne quella della moda, non sono coerenti con la maggior parte delle tipologie delle imprese del nostro territorio e la stessa considerazione può essere fatta per il polo tecnologico”.

Confindustria Rimini resta comunque aperta a una collaborazione. “Anche ricerca e innovazione – conclude Focchi – hanno un loro mercato e per sviluppare e vendere il prodotto occorre andare nelle imprese a promuovere la propria offerta. Come Confindustria Rimini siamo disponibili a fare in modo che questo avvenga fornendo tutto il supporto necessario”.

Un’apertura arriva anche dal presidente provinciale di CNA Industria Fabrizio Moretti.

“Abbiamo organizzato due incontri, l’ultimo lo scorso novembre, per presentare ai nostri associati le opportunità offerte dal Tecnopolo – spiega Moretti -. Tre imprese hanno avviato contatti sia col Prof. Tumiatti che con il Prof. Morselli. In questo momento, più che mai, ci dobbiamo muovere in tutte le direzioni per creare sinergie tra mondo dell’impresa e Università. Lo sviluppo tecnologico è una delle poche carte che possiamo giocare per uscire da questa crisi”.

Più critico il giudizio del presidente di Api Rimini Massimo Colombo che pur ribadendo l’importanza del fare ricerca dice di trovare una collaborazione più proficua con altre Università italiane.

“La parte più consistente del nostro manifatturiero è rappresentata dall’elettronica e dalla meccanica e i riferimenti universitari più vicini, in tal senso, sono Bologna, Ancona e Camerino. Bisogna fare uno sforzo, a livello di territorio, per portare anche a Rimini una facoltà di Ingegneria”.

L’auspicio è che questo Tecnopolo, per il quale il presidente di Api Rimini afferma di non essere stato ancora coinvolto come associazione, “diventi il punto di riferimento per studenti qualificati e che questi ultimi possano, a loro volta, essere di supporto alle imprese del territorio”.

Il futuro del Tecnopolo si giocherà molto sulla capacità di fare comunicazione e di convincere gli imprenditori riminesi a una maggiore collaborazione. Ma perché l’incontro si concretizzi è necessario anche bussare alla porta, azienda per azienda. Solo così la struttura di via Dario Campana non resterà una cattedrale nel deserto.