Tassa di soggiorno: il passato che ritorna

di Claudio Costantini

Con l’approvazione del federalismo comunale, i comuni avranno la possibilità di  reintrodurre l’imposta di soggiorno.  Prima ancora della sua applicazione, come era prevedibile, si sono scatenate polemiche e prese di posizione. Si impone una tassa all’economia  turistica – questo sembra essere l’intendimento del legislatore –  per poi avere più risorse per promuoverla nei suoi vari aspetti commerciali ed ambientali. Una equazione che può  avere una sua logica positiva, ma che lascia molti cittadini, visto come vanno le cose in Italia, assai dubbiosi. I prezzi di un soggiorno con pensione completa a Rimini, in albergo fino a tre stelle o pensione,  in bassa stagione va dai 28 ai 45 euro circa e in alta stagione da 35 a 55 euro. Se si applicasse l’aliquota massima della tassa di soggiorno che è di  5 euro a notte, si avrebbe un aumento secco del costo del soggiorno del 10% e più . Sicuramente si opterà per una aliquota più bassa che comunque farà lievitare i prezzi mantenuti, dalla maggioranza degli esercenti, invariati rispetto al 2010.

 L’Azienda di Soggiorno una potenza (quarant’anni fa) nell’ambito turistico

L’imposta di soggiorno, istituita nel 1910, viene abrogata sotto forte pressione degli imprenditori del turismo nel 1986. I nostri albergatori, meglio ancora quelli della generazione precedente, conoscono bene questa tassa che hanno pagato agli esattori dell’Azienda di Soggiorno per anni. La sua riscossione aveva un costo abbastanza alto che diminuiva di non poco gli effetti che i soldi ricavati potevano avere nella promozione turistica. L’Azienda di Soggiorno di Rimini era un apparato con decine di dipendenti, capi settori, direttori, uffici informazioni centrali e periferici e naturalmente un presidente –  uno di questi divenne anche sindaco della nostra città – e relativi consiglieri. Fino ai primi anni settanta aveva in concessione anche l’arenile che a sua volta dava in sub concessione ai bagnini ed anche il Talasso Terapico di Miramare nei primi anni fu gestito dalla stessa Azienda. Quando si ricavavano nuove zone nella spiaggia queste venivano assegnate ai marinai di salvataggio più anziani. Nel 1972 questa concessione venne tolta all’Azienda, ci furono proteste dei marinai di salvataggio  fino ad arrivare alla sua occupazione. In  quegli anni gli stagionali dell’Azienda contribuirono allo statuto dei lavoratori stagionali stabilendo un diritto alla precedenza nelle riassunzioni della stagione successiva.

 Ispettori e controllori vigilavano sull’imposta di soggiorno

Tutti i turisti, i bagnanti, e per loro gli albergatori pagavano la tassa di soggiorno anche se affittavi la tua casa o una camera e ti ritiravi nel garage come avveniva spesso quarant’anni fa. Per pensioni e hotel era obbligatorio fare la “schedina” in due copie, una per il gestore ed una per la questura , poi c’era il registro dell’istat dove erano segnate le presenze e la nazionalità degli ospiti da queste si ricavava l’ammontare della tassa di soggiorno.Tutto doveva in teoria collimare, ma come succede, erano pochi quelli che intendevano registrare tutte le presenze non solo per pagare meno l’imposta di soggiorno… Tutti chiudevano gli occhi quando l’evasione era fisiologica.

La Riviera era divisa in zone, da Torre Pedrera a Miramare, gli alberghi e le pensioni di quelle aree erano controllati da un ispettore, stagionale come la stragrande maggioranza dei lavoratori dell’Azienda. Questo a sua volta disponeva di “controllori” a cui venivano assegnati un certo numero di esercizi che dovevano visitare almeno una volta la settimana, visionare i registri e segnare quante persone vi erano e se avevano versato regolarmente l’imposta. L’azienda forniva una borsa similcuoio e sul posto di lavoro si andava in autobus o bicicletta. Alcuni controllori, per arrotondare, compilavano i registri per conto dell’albergatore con reciproca soddisfazione. Poteva succedere che molte volte le registrazioni dei dati venivano fatte ad occhio: tot tedeschi, tot svedesi, tot italiani Alle volte quando in un albergo le presenze erano assai al di sotto di quelle effettive il controllore chiamava l’ispettore che arrivava poco prima del pranzo e chiedeva all’albergatore di contare i piatti sui tavoli, molto spesso si litigava, raramente non si trovava un punto di equilibrio. Dagli anni settanta, si stabilì con gli albergatori un accordo utile per L’Azienda ed i gestori delle strutture ricettive, ma certamente non molto corretto dal punto di vista amministrativo: il forfait. In relazione alla categoria, al numero di letti, ai giorni di apertura e quanto pagato complessivamente negli anni precedenti, si stabiliva una cifra stagionale che l’esercente doveva versare  in rate mensili. Tutto divenne molto più facile, meno lavoro per gli albergatori, ma anche meno personale assunto dall’Azienda di Soggiorno con notevole risparmio. Senza più controllo i dati Istat divennero assai meno credibili e si dovette ricorrere ad altre stime. Nel 1986 venne abolita l’imposta e sostituita poi nel 1989 con l’Icap (Imposta Comunale sulle Attività Produttive). L’Azienda di Soggiorno finalmente cominciò a fare quello che le era più congeniale, informazione e promozione turistica.