Le start up, soprattutto quelle innovative, in genere promosse da giovani ben formati e con una certa propensione all’imprenditorialità, sono un’occasione per aumentare il parco delle imprese attive in provincia di Rimini (che, ricordiamolo, sono diminuite di 1.379 unità negli ultimi cinque anni) e magari di spostare l’asse in direzione di prodotti e servizi con un contenuto di maggiore innovazione. Le start up innovative di Rimini erano 36 all’inizio dell’anno, sono diventate 66 a fine settembre 2016: da ultimi in regione, siamo risaliti, per numerosità, alla quinta posizione tra le province regionali, lasciandoci dietro Forlì-Cesena e Ravenna.
E’ noto che poche start up riescono a superare la soglia dei tre anni di vita e sono ancora meno quelle che arrivano al successo, magari varcando i confini nazionali. In ogni caso la probabilità che qualcuna ce la faccia ovviamente aumenta se i numeri di chi ci prova crescono. Per questo vanno sostenute in tutti i modi possibili, offrendo condizioni attrattive per i nostri e gli altrui talenti, con iniziative non sporadiche, ma ben strutturate e durature nel tempo.
Il sostegno alla nuova imprenditoria, tanto più se promossa da giovani, è anche necessaria per controbilanciare il calo delle imprese guidate da imprenditori sotto i 35 anni, che da 3.701 del 2011 sono scesi a 3.115 nel 2015, meno dell’8 per cento di tutte le imprese attive. Un certo collegamento con il calo demografico dei giovani è probabilmente rintracciabile.
In ogni caso, nuove imprese con nuove idee, non è detto che debbano essere rivoluzionarie, sono l’unico modo per migliorare il lavoro e lo sviluppo locale.