Se la privatizzazione è inefficiente

Dovendo pagare, lo Stato italiano,  corposi debiti (il debito pubblico si sta avvicinando a 2 miliardi di euro, il 123% del pil) tra le ricette che spesso affiorano, per fare cassa,  c’è quella di vendere pezzi del patrimonio e delle partecipazioni pubbliche, da utilizzare a riduzione dello stesso. Operazioni che già altre volte sono state tentate, purtroppo senza influenza sul debito, che infatti è continuato ad aumentare.

Questa spinta, alla vendita di beni pubblici, nasce dalla convinzione, non dimostrata, che il privato sia più efficiente del pubblico, di conseguenza sarebbe improprio insistere nella proprietà e nella gestione pubblica. Il caso dell’acqua (almeno in diverse situazioni) smentisce questa presunzione e lo stesso si può dire della storia delle privatizzazioni inglesi, operate dal Governo Thatcher negli anni settanta del secolo scorso, dove i beni pubblici, privatizzati, siccome in perdita furono di fatto svenduti, con una perdita per la collettività, comprese le commissioni bancarie, di qualcosa come 17 miliardi di sterline.  Se si aggiunge poi che, oltre ad un peggioramento del servizio,  le privatizzazioni hanno prodotto un impatto molto modesto  sulla crescita economica inglese  di lungo periodo, forse è il caso di affrontare il tema con più realismo e meno furore anti-Stato.

Anche perché non scompare, nella vendita di beni e servizi pubblici essenziali come le ferrovie, l’acqua,  asili, scuole e altro, il famoso azzardo morale, che si ha ogni qual volta (come le banche) il privato sa che per quanto male faccia comunque non potrà fallire, perché appunto, sta gestendo un servizio pubblico essenziale e il danno del fallimento sarebbe maggiore della richiesta di intervento della Stato (che ritorna a riparare i cocci). Come è accaduto per le banche, appunto.

Tutti argomenti che fanno dire a  Tony Judt nel suo volume Guasto è il mondo che: “Contrariamente alla teoria economia e al mito popolare, la privatizzazione è inefficiente” .  Quindi è meglio  fare qualche analisi più approfondita, magari valutando caso per caso. Senza dimenticare che a Parigi, causa l’inefficienza privata, hanno dovuto ripubblicizzare l’acqua e in Nuova Zelanda le ferrovie.