Se anche il turismo smette di offrire lavoro

Il Governo Monti ha annunciato che destinerà  8 miliardi di euro dei fondi strutturali europei per combattere la disoccupazione giovanile. Serviranno ad occupare, o far tornare al lavoro, 128 mila giovani. Una goccia nel mare, ma meglio di niente, in attesa del seguito dell’affermazione che i giovani sono “una delle nostre priorità”.

Questo il Governo centrale, ma qualche pronunciamento dello stesso tenore  sarebbe ben accolto anche in ambito locale, a cominciare dai circa venti mila senza lavoro o a rischio di perderlo.

Nonostante però la crisi vada per i quattro anni e le previsioni di crescita dell’economia locale,  per l’anno in corso e per il prossimo,  non superino lo zero virgola, nessun Presidente o Sindaco è arrivato a  fare un annuncio simile. A dire cioè che il lavoro e i giovani sono una “nostra priorità”.

Si creano, del tutto spontaneamente e su basi puramente volontarie,  profili e pagine di facebook  per far incontrare domanda e offerta di lavoro, che in pochi mesi raggiungono  migliaia di iscritti, a ulteriore testimonianza di quanto il problema sia sentito, non solo sotto l’aspetto economico ma anche psicologico, perché dopo tante ricerche andate a vuoto le persone cominciano a perdere fiducia in se stesse, eppure niente sollecita i Governi locali ad assumere, e far assumere,  un maggiore impegno su questo terreno.

Ma qualcosa, se non vogliamo assistere ad un progressivo degradarsi della situazione, bisognerà comincia a fare. Il turismo, che fino all’anno scorso aveva retto, quest’anno potrebbe non ripetere gli stessi risultati, semplicemente perché agli italiani, che sono i quattro quinti dei vacanzieri di questa Riviera, si sta restringendo il portafoglio.  E’ vero ci sono gli stranieri, in particolare i russi, che sono in ascesa, ma difficilmente potranno rimpiazzare i nazionali. E soprattutto non sembra che il loro incremento produca un aumento dei fatturati, che alla fine è quello che conta, causa anche i prezzi troppo bassi praticatici da tanti alberghi pur di riempire le stanze.

Le conseguenze sono già all’opera,  perché nel turismo balneare si assume di meno e sempre più tardi,  proprio mentre si allungano le file di quanti si presentano negli alberghi per chiedere lavoro. Sappiamo che l’occupazione stagionale (su base annuale, un avviamento al lavoro su due finisce in un albergo, ristorante e pubblico esercizio) dura qualche mese  e non sempre si svolge nel rispetto delle regole, a cominciare dai salari,  ma è pur sempre una opportunità che coinvolge  diverse decine di migliaia di persone (gli avviamenti nel turismo sono circa 50 mila l’anno, in maggioranza donne).

Questo vorrà dire che a settembre, quando si tireranno le somme, meno persone avranno avuto la possibilità di guadagnare qualcosa e di conseguenza aumenteranno le famiglie in difficoltà.  Non prevedere un piano che affronti questa situazione, piuttosto probabile, non è molto saggio.   Come abbiamo scritto tante volte, senza pretendere di delegare tutto al governo centrale, ci sono tante cose che in ambito locale si possono fare: intervenire  sulla mobilità urbana (Amsterdam prevede 10 mila auto elettriche entro il 2015), il risparmio energetico degli edifici e la produzione di energia rinnovabile, l’e-government, la diffusione della banda larga e dell’economia digitale, il sostegno alla creazione di nuove imprese nei settori più innovativi e creativi,  stare più vicini alle imprese che vogliono crescere ed innovare, completare progetti fermi da troppo tempo (dalla Novarese al Polo tecnologico), ecc.. Perché, come scriveva Keynes, economista inglese: “L’insieme della forza lavoro dei disoccupati è disponibile per accrescere la ricchezza nazionale “, ma anche quella locale.