Ripartire dai giovani

Dopo la generazione dei nonni che ha vissuto il fascismo e la guerra, ai millennials, cioè i nati negli anni ottanta del secolo scorso, detta anche generazione Y, che si stanno avvicinando ai quarant’anni, con famiglie economicamente precarie e pochi figli, non poteva capitare un periodo peggiore in tempo di pace.

Nell’arco di un decennio hanno dovuto subire, senza portarne nessuna colpa, due crisi devastanti. Avevano appena terminato gli studi e si stavano preparando ad entrare nel mondo del lavoro, e scoppia la crisi finanziaria del 2008, che azzera, o quanto meno complica, la realizzazione di molte aspettative. Trovare lavoro, parliamo di un buon lavoro, ma anche di uno per campare, si fa sempre più difficile. Quando il lavoro c’è generalmente è precario e pagato poco. Tanti, giovani e laureati, sono dovuti andare all’estero. I riminesi iscritti all’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero) sono venticinque mila. Più degli abitanti di Santarcangelo di Romagna. In realtà sono molto di più, perché tanti non si iscrivono. Sommandoli, quasi un riminese su dieci.

Il recupero dell’Italia è sempre più difficile degli altri. Così lento che alla fine dell’anno scorso, unico caso in Europa, e non certo per responsabilità di quest’ultima, il nostro pil non aveva ancora recuperato il valore pre-crisi. 

Poi è arrivato, inaspettato, il corona virus che ha devastato tutto e tutti. Le imprese hanno dovuto chiudere e lasciare a casa i dipendenti. Ma come al solito, le crisi in luogo di ridurle, tendono ad esacerbare le differenze. Perché per tanti giovani, precari, con contratti brevi, che svolgono lavori improbabili, non c’è nemmeno la cassa integrazione. O se riescono ad ottenerla, è una miseria della miseria. Forse, si dice, per un ritorno alla normalità, che già non era proprio idilliaca, bisognerà attendere il 2021. Vuol dire che se prima trovare un lavoro era difficile, ora diventerà (speriamo di no) quasi impossibile. E a pagare saranno soprattutto i giovani. Insieme alle donne, anche loro tornate, in particolare a Rimini, nel limbo.

Unico regalo ottenuto dai tanti governi che si sono succeduti da quando sono nati i nostri millennials, è un enorme debito pubblico: quaranta milioni di euro a testa, presto cinquanta, neonati compresi, da ripagare nei prossimi decenni. Non solo da loro, ma probabilmente dai loro figli e nipoti. Debito che ci costa, come paese, 60-70 miliardi di euro di interessi l’anno, con cui avremmo potuto, se solo ci fosse stata un po’ più lungimiranza, sistemare scuole, ospedali, infrastrutture, ecc. Insomma, mettere a posto tante cose. 

Per tutte queste ragioni, alcune sfortunate, altre meno, ma anche per un gesto di riparazione, se vogliamo di giustizia generazionale, tutti dovremmo mettere, d’ora in poi, i nostri giovani al primo posto. Offrendogli una buona scuola, un buon lavoro, delle buone opportunità. Perché senza ridare loro la speranza di poter credere nel futuro, diventeremo tutti più poveri. Socialmente, ma anche economicamente. Basta pensare a chi dovrà pagare le nostre pensioni, visto che diventiamo una società sempre più vecchia. Non è quindi solo giustizia, ma anche convenienza. L’Europa con i suoi finanziamenti ci può dare una mano. Cerchiamo di non sprecarli.

Poi, senza attendere il governo centrale ciascun territorio dovrebbe guardare a questo orizzonte e varare le misure più appropriate per ridare ai nostri giovani le chance che non hanno avuto. Per un futuro migliore, che è loro, ma anche nostro.