Rimini: imprese e lavoro negli ultimi dieci anni

L’anticipazione dei primi risultati dell’ultimo censimento 2011 delle attività economiche ci consente di dare un primo sguardo su come è cambiata, negli ultimi dieci anni, la struttura produttiva  di questa provincia (è escluso il settore pubblico).

Guardando ai numeri delle imprese attive c’è la conferma del ridimensionamento delle attività manifatturiere (ricordiamo però che la numerosità non dice tutto, perché un settore va analizzato considerando anche gli addetti e il fatturato), che scendono da oltre 3 mila aziende  a 2,4 mila circa, con una perdita netta di 662 imprese.

Perdita in buona parte compensata dalla crescita delle costruzioni (+ 642 imprese), ma soprattutto dalle attività immobiliari (+ 1.818 imprese), che addirittura  sono raddoppiate, quando nello stesso decennio la popolazione residente è cresciuta poco più del dieci per cento. Non c’è stata una bolla immobiliare com’è capitato  in America e in Spagna, ma è altrettanto certo che il settore  ha corso in modo forse troppo spinto, non senza la complicità del mondo bancario. Poi è arrivata la crisi e negli ultimi tre anni la compravendita di immobili è scesa, in provincia di Rimini, di un terzo.

Gli altri tre settori che, nello stesso periodo, hanno registrato una crescita significativa delle imprese sono state le attività professionali (+ 1.165), la sanità e l’assistenza sociale (+ 545), dove un peso sicuramente lo esercita l’invecchiamento della popolazione,  il noleggio e le agenzie di viaggio (+ 86).

In tutti gli altri settori dell’economia, anche se non in modo vistoso, le imprese sono diminuite. Compreso il commercio all’ingrosso e al dettaglio,  che forte di oltre  otto mila aziende  resta comunque il settore più numeroso.

Il saldo del decennio si presenta comunque positivo (+ 2.845 nuove imprese),  e complessivamente le 32 mila imprese del precedente censimento avvenuto nel 2001 sono diventate, a fine 2011, poco meno di 35 mila. E’ mutata, come descritto,  la loro distribuzione.

I posti di lavoro nel settore privato, aumentati di dieci mila unità nel periodo, com’é normale attendersi, seguono l’andamento delle imprese, anche se questo non avviene sempre in modo meccanico.

Le attività manifatturiere hanno cancellato, in dieci anni (ma soprattutto dopo la crisi del 2009)  più di 3 mila posti di lavoro, che rappresentano il 14 per cento del valore iniziale, ma non va dimenticato che il taglio delle imprese è stato del 21 per cento, cioè più consistente. Questo vuol dire che c’è stato un leggero aumento della loro dimensione media: da 7,5 a 8 addetti per impresa, restando comunque delle micro imprese, perché sotto la soglia dei dieci addetti.  Uscendo dalle  medie è noto che  un certo numero di imprese supera questo limite, ma sono relativamente poche (le imprese che, in provincia di Rimini, superano i 250 addetti sono 56). Purtroppo l’argomento della dimensione delle imprese è locale e nazionale insieme. Tanto per dare una idea, mentre in Italia le imprese manifatturiere con meno di dieci addetti sono  l’81 per cento, in Germania si fermano al 61 per cento,  e quelle che stanno tra 50 e 250 addetti sono appena il 2 per cento nel primo caso, a fronte di quasi il 9 per cento nel secondo.  Dimensione vuol dire produttività, più valore aggiunto, migliori salari, maggiore competitività e più forza per penetrare nei mercati internazionali.

Manifatturiero a parte, gli addetti sono aumentati  in tutti gli altri settori più importanti, a cominciare dalle attività immobiliari dove,  più che nelle costruzioni,  sono raddoppiati (+2.577).

Ma un aumento degli addetti c’è stato anche in quei settori  che hanno subito un calo delle imprese, compreso le attività ricettive e della ristorazione  (+ 3.177) e  il commercio (+ 1.429).

Infine, il censimento ci consente di determinare con un po’ più di precisione il peso del turismo (servizi di alloggio e ristorazione) in questo territorio, quasi sempre indicato come il più importante. Non è propriamente così: perché le imprese del settore  rappresentano il 12 per cento del totale, anno 2011, mentre gli addetti si fermano al 15 per cento (tre punti in meno del manifatturiero) del totale.  Certo,  il turismo fa da traino anche ad altre attività (commercio, costruzioni, servizi per le aziende, ecc.), ma pure sommando il tutto non si arriva alla metà della torta.

Questo senza entrare nel merito del valore aggiunto per addetto, un indicatore della ricchezza creata, che poi è quello che conta, di circa 55 mila euro nel manifatturiero e 28 mila negli alberghi che figurano come imprese di capitale, cioè quelle più strutturate,  ma che sono appena una su dieci.

Con questo non si vuole togliere peso al turismo, ma semplicemente affermare che esso rappresenta un settore  importante per l’economia locale, come lo è il manifatturiero e le altre attività  terziarie.

Avere una pluralità di attività è una ricchezza e anche una sicurezza, e tutte vanno considerate con  attenzione.