Posti letto in svendita

E’ di poche settimane fa l’intervento dell’Associazione albergatori di Rimini contro la svendita, a 10, 15 o 20 euro giornalieri  per la mezza pensione  (letto, colazione e un pasto), delle camere di taluni hotel. Ovviamente non tutti lo fanno.  Scandalo per il prezzo, ma soprattutto per l’immagine “stracciona” (più elegantemente low cost)  che ne esce della Riviera.

Tutti sono d’accordo nella denuncia, ma pochi si chiedono perché, ma soprattutto come,  questo possa succedere.  Se, come alcune statistiche compiacenti  lasciano credere, la Riviera tira alla grande, che bisogno c’è di svendersi ? Anzi, dovrebbe accadere il contrario: alzare i prezzi perché c’è richiesta. Purtroppo non è così.

Una spiegazione plausibile potrebbe risiedere in tre argomenti:

a. la Riviera mantiene i suoi numeri, ma pochi ricordano che sono gli stessi dell’anno duemila (16 milioni di pernottamenti circa), mentre nel mondo il turismo cresce al ritmo del 4-5 per cento l’anno. Vuol dire non essere riusciti a conquistare nuovi clienti, o non a sufficienza;

b. il turismo della Riviera è costituito prevalentemente dalla classe media, quella che più sta soffrendo i postumi della crisi e della globalizzazione. Dal 1991 al 2010, gli adulti italiani che vivono in una famiglia di classe media sono scesi dal 69 al 67 per cento. Con numeri diversi lo stesso ridimensionamento della classe media è avvenuto in Germania, Finlandia, Spagna e Stati Uniti. Cresce, invece, in Inghilterra, Francia e Olanda.  Poi c’è stata la crisi e la situazione è ulteriormente peggiorata.  Se aggiungiamo che la famiglia di classe media italiana è quella, tra i paesi sviluppati, col reddito medio più basso (circa 30 mila euro), il quadro di una capacità di spesa in declino è completo (Pew Research Center, Middle Class Fortunes in Western Europe, dicembre 2017).  Cosa vuol dire ? Che a Rimini, data la sua offerta, sta venendo meno una parte importante del mercato di riferimento;

c. siccome è vero, in parte, che la domanda (turisti) fa l’offerta (alberghi), non bisogna sorprendersi se degli oltre duemila hotel della Riviera appena 3 sono di cinque stelle e 152 di quattro stelle. Le due categorie, messe insieme, fanno poco più dell’8 per cento delle strutture alberghiere.

In Italia (33 mila hotel) gli stessi alberghi di quattro e cinque stelle coprono il 19 per cento, in Spagna, nostra concorrente turistica, il 27 per cento, in Grecia il 26 per cento, in Croazia il 16 per cento.  In tutta Europa  raggiungono il 27 per cento (BoldData in www.hosteltur.com).

Inutile aggiungere che hotel di categorie superiori fanno  prezzi più elevati ed ottengono  ritorni maggiori.  Quei ritorni che qui mancano, ed è una della ragioni per cui ci sono tanti hotel in vendita che nessuno vuole.  Semplicemente perché non offrono margini.

In sintesi: non è denunciando lo scandalo dei prezzi stracciati che si risolve la situazione, ma riorientando l’offerta (ricettiva e territoriale) verso quei segmenti di mercato che non stanno perdendo (troppo) potere d’acquisto.

Il turismo fieristico e congressuale è uno di questi, ma copre appena una presenza su sei. Potrà crescere ancora un po’, ma  sarà difficile fare molto di più.  Servono nuovi prodotti e servizi per nuovi mercati. Obiettivo: tenere aperti tutto l’anno il maggior numero possibile di alberghi.  Perché questo territorio ha anche bisogno di un buon lavoro turistico, che duri oltre i canonici quattro mesi estivi.  Altrimenti le migliori competenze se ne vanno. E la competitività svanisce.