Politiche giovanili cercasi

Trovare qualcuno, politico soprattutto, apertamente schierato  contro i giovani è praticamente impossibile. Salvo scoprire che dal punto di vista pratico le politiche e i progetti a loro favore sono piuttosto scarsi. Lo stesso fondo europeo istituito per mitigare gli effetti del covid, ma anche per traghettare l’Europa verso il futuro, che non a caso è stato denominato “Next generation UE” (cioè prossima generazione UE), viene tranquillamente presentato, media compresi, come Fondo di recupero (Recovery Fund), che ha poco di futuro e molto di emergenza.

In provincia di Rimini, ma non è diverso nelle altre province della Romagna, i giovani con meno di 14 anni che negli anni cinquanta del secolo scorso rappresentavano quasi un quarto della popolazione, all’inizio de quest’anno non superavano il 13 per cento. Dodici  punti percentuali in meno, insufficienti a coprire quelli che abbandoneranno, negli anni, il mondo del lavoro.

Dalla parte opposta della piramide demografica, gli anziani sopra i 65 anni, che nel dopoguerra arrivavano a malapena all’8 per cento dei residenti, oggi sono il 23 per cento. Sono, cioè, cresciuti di quindici punti percentuali.

Se aggiungiamo che da diverso tempo le nascite, che comprendono anche i figli degli immigrati, non coprono i decessi, risulta evidente che il futuro si presenta piuttosto grigio. Per il colore dei capelli di una fetta importante della popolazione, ma soprattutto per  l’economia, venendo meno energie fresche per intraprendere e forza lavoro da impiegare. Da cui, tra l’altro, dovranno venire i contributi per pagare le future pensioni.

Per tante ragioni, quindi, sviluppare politiche a favore dei giovani non dovrebbe essere un contentino per frenare la loro irruenza, ma parte di una strategia che mira al futuro, contenendo il declino demografico da una parte e pensando al prossimo sviluppo dell’economia e della società, dall’altra.

A giudicare, però, da quanto spendono i Comuni per le Politiche giovanili non sembra essere questa l’indirizzo scelto. E’ vero, c’è anche lo Stato, ma anche questo non brilla. Qualcuno ricorda che fine ha fatto Garanzia Giovani ?  I risultati sono stati mediocri e nessuno ne parla più.

L’Italia continua a spendere molto per le pensioni, ma poco per la scuola, la ricerca, il lavoro giovanile, la conquista di autonomia e la formazione di nuove famiglie. In tanti paesi europei fanno molto di più.

I comuni, che a volte compensano le carenze dello Stato, questo volta sembra lo facciamo molto meno. 

Infatti, la spesa per le politiche giovanili, cioè quei costi che nei bilanci dei comuni sono destinati all’amministrazione e al funzionamento delle attività per l’autonomia e i diritti dei giovani (centri polivalenti, sportelli dedicati e altre iniziative) oscillano, in provincia di Rimini , tra zero euro di Misano Adriatico e Santarcangelo,  e 5,19 euro per residente di Cattolica, il comune che spende di più, seguito da Coriano e Novafeltria.  E’ invece di appena di  0,69 euro pro capite la spesa per i giovani del comune di Rimini.  Un cifra irrisoria.

Spendono qualcosa in più gli altri comuni capoluogo della Romagna e dell’Emilia, dove si distacca  Parma, con più di 6 euro per abitante. Ma la verità è che nessuno sembra svenarsi.  Quando demografia e sviluppo futuro suggerirebbero un diverso impegno.  Anche in considerazione dei costi della pandemia per il tempo di scuola perso, che la Fondazione Agnelli ha stimato in 900 euro come decurtazione annua dei primi stipendi, ad inizio carriera.